Troppe concessioni balneari, tra l’altro a prezzi stracciati e non sempre riscossi dallo Stato, e spiagge libere che diventano una utopia: in alcune regioni come Campania, Liguria ed Emilia-Romagna appena il 30% delle spiagge libere è accessibile, senza costi, ai cittadini. E’ quanto emerge nel rapporto 2022 di Legambiente che chiede quanto prima l’approvazione dei decreti attuativi del dl concorrenza. Lidi che vengono gestiti in cambio di un canone definito irrisorio e, allo stesso tempo, chiedono sempre prezzi più alti ai clienti per lettini, sdraio, ombrellini e tutti i servizi bar e ristorante offerti. Lidi che sempre più spesso vietano alle persone che vi accedono di portare borse frigo e cibo da fuori.

Una fotografia raccapricciante quella che emerge nel report dell’associazione. Le concessioni infatti toccano quota 12.166 in tutta Italia in cambio di un canone, per il 2020, di 104,8 milioni di euro ma di una cifra accertata di 94,8 milioni, di cui 92,5 milioni riscossi, stando all’ultima relazione della Corte dei Conti. Si tratta di ‘canoni irrisori’, dice l’associazione che sottolinea “che tra i nervi scoperti c’è anche la scarsa trasparenza dei canoni pagati per le concessioni e la non completezza dei dati sulle aree che appartengono al demanio dello Stato“. Secondo la Relazione la cifra del 2020, inoltre, è in calo del 12% rispetto al 2019, in parte, secondo la relazione “da ascriversi alla situazione straordinaria generatasi dall’emergenza epidemiologica da Covid-19 e dai conseguenti numerosi provvedimenti normativi emanati per fronteggiarla”. I dati della media 2016-2020 parlano di entrate accertate per 103,9 milioni di euro annui, con 97,5 milioni riscossi.

Le spiagge libere sono sempre meno, in alcune regioni, come detto, appena il 30%. Nel Comune di Gatteo, in Provincia di Forlì e Cesena, tutte le spiagge sono in concessione, ma anche a Pietrasanta (LU), Camaiore (LU), Montignoso (MS), Laigueglia (SV) e Diano Marina (IM) siamo sopra il 90% e rimangono liberi solo pochi metri spesso in prossimità degli scoli di torrenti in aree degradate.  “In Italia – dichiara Stefano Ciafani, presidente nazionale di Legambiente – non esiste una norma nazionale che stabilisca una percentuale massima di spiagge che si possono dare in concessione. Un’anomalia tutta italiana a cui occorre porre rimedio. L’errore della discussione politica di questi anni sta nel fatto che si è concentrata tutta l’attenzione intorno alla Direttiva Bolkestein finendo per coprire tutte le questioni, senza distinguere tra bravi imprenditori e non, e senza guardare a come innovare e riqualificare. E’ un peccato che non si sia riusciti a definire le nuove regole in questa legislatura, in modo da togliere il tema dalla campagna elettorale. Occorre, infatti, dare seguito alle innumerevoli sentenze nazionali ed europee, altrimenti si arriverà presto a multe per il nostro Paese per violazione delle direttive comunitarie e, a questo punto, anche di una legge nazionale che stabilisce di affidarle tramite procedure ad evidenza pubblica a partire dal primo gennaio 2024″.

LIGURIA – “In Liguria ci sono 114 km di spiagge e il totale delle concessioni demaniali e’ di 9.707, 1.198 concessioni per gli stabilimenti balneari e 325 per campeggi, circoli sportivi e complessi turistici che comportano un’occupazione del suolo del 69,9%”, scrive Legambiente in una nota al Rapporto in cui sottolinea che a Laigueglia in provincia di Savona e Diano Marina a Imperia “siamo sopra il 90% e rimangono liberi solo pochi metri spesso in prossimità degli scoli di torrenti in aree degradate. Chiediamo ai sindaci e ai politici regionali di avviare questa ricognizione – scrive Santo Grammatico, presidente di Legambiente Liguria – e di cominciare a mettere mano alla pianificazione degli spazi demaniali, per non arrivare in ritardo alle scadenze fissate dall’Unione europea e subire multe che sarebbero a carico di tutti i cittadini. La Regione – conclude – inserisca nella legge ligure del 2008, che prevede il 40% di spiagge libere, sanzioni economiche per quei comuni che non la rispettano”.

CAMPANIA – Negli ultimi due anni, le concessioni solo per stabilimenti balneari sono aumentate del 23%: sono 1.125 nel 2021, erano 916 nel 2016. Record per i comuni di Meta di Sorrento dove si registra l’87% di spiagge occupate, Cellole e Battipaglia rispettivamente con 84% e 68%. “Quasi impossibile – si sottolinea nel report – trovare uno spazio dove poter liberamente e gratuitamente sdraiarsi a prendere il sole e una volta trovata una spiaggia libera ecco che in alcuni casi sono poste vicino a foci dei fiumi, dove la balneazione è vietata. Ciò significa che solo il 32% del litorale della nostra regione è “free”, quasi una spiaggia su tre”. “Complessivamente in Campania – scrive Legambiente – sono 4.772 le concessioni demaniali marittime, di cui 1125 sono per stabilimenti balneari, 166 per campeggi, circoli sportivi e complessi turistici, mentre le restanti concessioni sono distribuite su vari utilizzi, da pesca e acquacoltura a diporto, produttivo”. Ma a pesare sulle poche spiagge campane è anche il problema dell’erosione costiera con la presenza di 85 km di tratti di litorale in erosione, il 54% delle spiagge basse sabbiose (escluse le isole). E poi c’è la questione legata alle coste non balneabili: complessivamente lungo la Penisola il 7,7% dei tratti di coste sabbiose è di fatto interdetto alla balneazione per ragioni di inquinamento. Sicilia e Campania contano in totale circa 55 km su 87 km interdetti a livello nazionale. “Purtroppo in Italia – osserva Mariateresa Imparato, presidente regionale di Legambiente – non esiste una norma nazionale che stabilisca una percentuale massima di spiagge che si possono dare in concessione. Un’anomalia tutta italiana a cui occorre porre rimedio”.

LE CINQUE PROPOSTE – Legambiente avanza così cinque proposte: garantire il diritto alla libera e gratuita fruizione delle spiagge; premiare la qualità dell’offerta nelle spiagge in concessione; ristabilire la legalità e fermare il cemento sulle spiagge; definire una strategia nazionale contro erosione e inquinamento e un’altra per l’adattamento dei litorali al cambiamento climatico.

 

 

 

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