Se quello di ieri era il Consiglio europeo in cui si faceva o si disfaceva l’Europa, si può dire che l’Europa come comunità politica economica e solidale ha “vinto”, seppur in zona Cesarini. Ha messo in cantiere aiuti per oltre tremila miliardi di euro compreso il Recovery fund anche se i dettagli saranno messi a fuoco nelle prossime settimane. Ha ricacciato indietro le spinte nazionaliste e antieuropeiste dei paesi del nord.  Semplificando, e vedendo la storia da palazzo Chigi, questo passaggio assume almeno tre significati importati: la vittoria del ministro economico Gualtieri e dell’asse Gentiloni-Sassoli sul premier Conte e sulle resistenze grilline, motivo per cui del Mes non si parla più ed è rimasto un problema per Di Battista, Lega e Fratelli d’Italia; la fine, nei fatti, della golden share 5 Stelle nel governo e della sudditanza del Pd; l’avvio di una fase nuova del Conte 2, quella famosa “svolta” e “prova di coraggio” richiesta dal gruppo Pd al Senato.

Il premier deve adeguarsi al nuovo corso. Altrimenti il Pd, più corretto dire una parte del Pd, ha fatto capire di essere disposto a cambiare cavallo. Cioè squadra e premier. Italia viva, che in fondo è nata a settembre proprio per tenere alto e vivo lo spirito riformista del centrosinistra contro le sirene grilline, può passare all’incasso.  La cartina di tornasole del nuovo corso la si avrà nelle prossime ore quando il governo dovrà decidere come definire il Decreto Aprile (il terzo della serie Cura Italia) e come spendere i 55 miliardi messi a disposizione indebitando il Paese fino al 155% nel rapporto debito/pil. «Si tratta della più imponente manovra realizzata in questo paese e in questo contesto è chiaro che non possiamo sbagliare un colpo» dice un parlamentare di Italia Viva. La scommessa è vedere se la classe dirigente che guida il Paese sarà in grado di gestire questo decisivo passaggio.

Il Cura Italia 1, la prima manovra da 25 miliardi nell’era del Covid-19, è stato licenziato ieri dalla Camera con un voto di fiducia. Stamani il voto finale e una serie di ordini del giorno da tenere sotto controllo. Non è stata una bella pagina quella della fiducia al Cura Italia 1. Le opposizioni sono rimaste alla fine fuori da ogni contributo nonostante gli appelli e i tentativi proseguiti fino a mercoledì sera di accogliere qualche emendamento di Fi, Fdi e Lega. Il vicepresidente della Camera Rampelli (Fdi) ha accusato il governo «mentre la maggioranza si è mostrata molto più disponibile». Un distinguo insidioso che la dice lunga sui rapporti dentro la maggioranza. Plastic e sugar tax, alla fine, sono saltate. Lo aveva chiesto Italia viva. Ma anche Lega, Fdi e Fi.

Nella notte tra mercoledì e giovedì il governo ha scritto il nuovo Def (pil -8%; deficit al 10,4%; rapporto debito/pil al 155%; scostamento dal bilancio tra i 50 e i 55 miliardi). Tra ieri sera e stamani ci sarà il Cdm, in costante rinvio da mercoledì sera, ennesimo indizio della difficoltà del dossier. La prossima settimana il governo dovrà decidere come investire quei soldi. E questa volta il premier non potrà più ignorare le richieste delle opposizioni. La scommessa si giocherà sul crinale dell’assistenzialismo da una parte e del creare lavoro e fare impresa dall’altra senza dimenticare gli ultimi. È qui che Conte dovrà dimostrare di aver capito il nuovo corso del suo governo. «Si può e si deve fare di più e meglio rispetto a quanto fatto finora» gli hanno detto Pd e Iv.

Alcuni passaggi stretti sono già sul tavolo. La ministra Catalfo (Lavoro, M5s) vorrebbe distribuire al paese il reddito di emergenza, un fondo di tre miliardi da affidare all’Inps per la redistribuzione. Un nuovo reddito di cittadinanza. Le è stato spiegato che non potrà essere così. I soldi a disposizione saranno meno (un miliardo) e saranno affidati ai comuni e non all’Inps. Il ministro Patuanelli vorrebbe distribuire a pioggia, a fondo perduto, 15 miliardi alle aziende in crisi. Un’altra forma di assistenzialismo che Pd e Iv hanno già spiegato non voler perseguire perché «i soldi vanno assegnati secondo criteri precisi e di merito».

I 5 Stelle fanno resistenze anche sul cantiere Italia, il modello Genova che andrebbe esteso a tutta Italia per almeno sei mesi. Vanno aperti i cantieri, va aggiustata l’Italia, dalle strade alle scuole, e va fatto subito per ricreare la domanda interna.

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Giornalista originaria di Firenze laureata in letteratura italiana con 110 e lode. Vent'anni a Repubblica, nove a L'Unità.