Una guerra di “metodi”. Non ci aveva pensato, in questi termini. Ma adesso Draghi ci deve fare i conti. Un po’ come il maestro che deve tenere buoni in classe i ragazzi divisi per bande ma costretti nella stessa aula. C’è il metodo Salvini, quello di lotta e di governo, cioè alzare sempre l’asticella, una volta sul coprifuoco la volta dopo sulla tipologia dei sostegni alle imprese e intestarsi ogni volta la presunta vittoria che ovviamente non è la vittoria di Salvini. Ma c’è anche il “metodo Letta”, copyright Massimiliano Romeo, capogruppo al Senato del Carroccio e fedelissimo di Salvini. Che non consiste tanto nell’indossare una felpa con la scritta Open arms nel giorno in cui il leader della Lega viene mandato a processo per sequestro di persona. Quando piuttosto nel fare di tutto per spingere la Lega fuori dalla maggioranza mettendo sul tavolo argomenti “divisivi” e «di bandiera che non sono nel recinto dell’area di azione del governo di unità nazionale». «Anziché accantonare i temi che hanno marcato le differenze tra i partiti negli ultimi vent’anni come ci chiede Draghi – precisa Romeo – si forza la mano su temi ideologici avvelenando il clima di unità nazionale».

In sostanza, se il governo Draghi è nato per vaccinare il paese, gestire il virus, fare le riforme e rilanciare l’economia, di questo si deve parlare e non di legge contro l’omofobia o di cittadinanza agli stranieri. Nello scontro tra i due metodi, ci si mette poi anche Giorgia Meloni che, con grande lucidità tattica, provoca di qua e di là, evidenzia le incoerenze e batte cassa nei sondaggi. Quindi, poi, c’è anche il “metodo Salvini 2”, che è quello necessario per tenere testa alle incursioni di Fratelli d’Italia. Ci vuole tanta pazienza. Draghi pare ne sia fornito. Usque tandem, fino a quando abuserai della nostra pazienza direbbe Cicerone alle prese con la congiura di Catilina. E guarda caso, anche allora, il 63 avanti Cristo, c’era di mezzo il Senato romano. Ogni “metodo” si alimenta ogni giorno. E anche questo è un rischio per la tenuta del governo. O meglio per la serenità necessaria a governare in questa fase. Martedì mattina Enrico Letta si è presentato a palazzo Chigi, ha trovato un pertugio nell’agenda del premier ed è andato a lamentarsi di Salvini.

Le accuse sono state più o meno di questo tipo: «Non rispetta l’impegno comune a sostenere l’esecutivo»; «continua a fare battaglie su riaperture e coprifuoco intestandosi meriti che non ha e mettendo noi tra quelli che vogliono tenere chiuso il paese»; “irricevibili” poi la richiesta di una commissione parlamentare d’inchiesta sulla gestione della pandemia. Basta, ha detto il segretario del Pd, «con questo continuo oscillare tra piazza e palazzo, dentro e fuori, alzando continui polveroni». Letta, ovviamente, tace del suo “metodo”. «È chiaro – diceva una fonte parlamentare Pd ieri alla Camera – che per noi la cosa migliore sarebbe quella di spingere Salvini fuori dalla maggioranza e andare avanti con Forza Italia e i centristi. I numeri sarebbero dalla nostra parte e la navigazione del governo sarebbe più tranquilla». A domanda specifica, l’onorevole Alessandro Zan, papà dell’omonima legge contro l’omofobia che ha avuto un lancio pazzesco grazie a Fedez, nega di usare elementi divisivi per fare chiarezza in maggioranza. «Siamo una repubblica parlamentare, il mio ddl è in discussione in Parlamento dall’inizio della legislatura. Ha ottenuto il via libera della Camera e adesso manca solo il Senato. Perché mai dovremmo rinunciare? Perché rinviare ancora una volta una legge che tutela i diritti?».

Per tutta risposta, sempre a proposito della “guerra dei metodi”, ecco che ieri nel primo pomeriggio arriva una nuova iniziativa. Firmata dal “centrodestra di governo”. La firma non è un dettaglio: ha esordito una settimana fa nel mezzo delle risse parlamentari per gli ordini del giorno sul coprifuoco e quando si è votata la mozione di fiducia al ministro Speranza (respinta anche con i voti del centrodestra di governo). È un’arma del “metodo Salvini/2”, quello usato per fronteggiare Meloni. Un paletto alzato contro i tentativi della leader di Fratelli d’Italia di schiacciare la Lega e Salvini nel “tradimento” del governo Draghi a cui Fdi non ha partecipato. E siccome è ogni giorno più difficile spiegare perché ne sono rimasti fuori, Salvini mette le mani avanti, alza paletti e prefigura «il centrodestra di governo europeista e responsabile». Anche questo, a ben vedere, è un problema per il Pd e l’alleanza di centrosinistra: qualora mai non fosse più possibile attaccare Salvini in quanto sovranista e antieuropeista, il governo Draghi sarebbe per l’ex Capitano la costruzione di un nuovo leader responsabile e vincente.

Appena comunicata, nel pomeriggio, l’iniziativa del centrodestra di governo, Salvini torna in pressing sulle aperture. E compare sui social con un cartello: “Salviamo le piscine”. L’impegno comunicato ai gestori degli impianti incontrati in mattinata è di «aprire il prima possibile comunque non oltre il primo giugno e un imponente piano ristori». Ora, se si va a prendere il decreto aperture, si legge che le piscine apriranno il 15 maggio all’aperto e il primo giugno anche al chiuso. Come le palestre. Si chiama tempismo. E Salvini è a volte solo più svelto degli altri ad alzare la mano. «Noi non facciamo i guastafeste – ripete di continuo il leader leghista – stiamo al governo per custodire e gestire meglio gli interessi degli italiani». In genere allega anche qualche lista di provvedimenti e misure ottenute grazie al pressing della Lega. «Chi sta fuori dal governo, fa solo inutile polemica» aggiunge. Che è la frecciata puntuale a Giorgia Meloni. Titolare, a sua volta, del proprio metodo. Ieri la leader dei Fratelli d’Italia ha fatto una conferenza stampa per presentare “la mozione per il rilancio economico”: una sorta di agenda del centrodestra che costringerà ancora una volta Forza Italia e Lega a scegliere da che parte stare.

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Giornalista originaria di Firenze laureata in letteratura italiana con 110 e lode. Vent'anni a Repubblica, nove a L'Unità.