Enrico Costa, responsabile del dipartimento Giustizia di Azione – partito di cui compone il tridente di punta insieme a Carlo Calenda e Matteo Richetti – non perde occasione per manifestare il suo pensiero. L’altro giorno ha dedicato un tweet a Marco Sorbara, il consigliere della Val d’Aosta che dopo 900 giorni di custodia cautelare in carcere, di cui 45 in isolamento, è stato rimandato a casa assolto da ogni accusa. Un tweet asciutto, di racconto della vicenda in cui il parlamentare si indirizzava alla stampa: “Solo poche righe dopo l’assoluzione”. Ed ecco che un magistrato, Antonio Salvati, gli risponde piccato: “Complimenti per la competenza e la completezza. Io continuo a dirglielo, caro Costa: se soffiate sul fuoco vi scottate pure voi…”

Al telefono, Costa si dice scioccato. Anche Calenda ci vede l’ombra di una intimidazione.
Quello che è successo a me con quella risposta ci fa capire una cosa. Io ho gli strumenti e la serenità d’animo per interloquire con il magistrato. Ma uno dei tanti poveri Cristi che finiscono impigliati in una vicenda di mala giustizia e vogliono evidenziare la loro situazione, davanti a reazioni di questo tipo, come trovano la forza di reagire? È capitato più volte di parlare con le vittime della mala giustizia, uscite da vicende dolorose, da ingiuste detenzioni. Quando chiedo se vogliono intentare causa per il risarcimento cui avrebbero diritto, molti si tirano indietro: non vogliono più avere a che fare con la giustizia, neanche per tutelarsi.

Che cosa servirebbe, dunque?
Qualcuno capace di far sentire in modo autorevole la voce dei Presunti innocenti. Un garante della presunta innocenza. Lo avevo proposto con un emendamento alla riforma del processo penale, e lo riprenderò nell’ambito del recepimento sulla direttiva sulla presunzione di innocenza il cui decreto legislativo è stato predisposto dal governo. Se noi ci aspettiamo che lo Stato metta in piedi un meccanismo di tutela di questo genere, aspetteremo a lungo. Inizio ad essere sfiduciato. Ho fatto proposte di legge decine di volte per chiedere che tutte le ordinanze di ingiusta detenzione, che sanciscono in maniera riconosciuta l’errore dello Stato, vadano al titolare dell’azione disciplinare. Gli finiscano per lo meno sulla scrivania.

Oggi come funziona?
Coloro che a distanza di anni dopo aver comminato condanne detentive vengono smentiti dai gradi successivi della giustizia non lo vengono a sapere. Nel frattempo sono cresciuti, hanno fatto carriera o sono andati in pensione. E lo Stato riconosce i suoi torti ma non li notifica a chi li ha compiuti, con questo impedendone una lettura analitica complessiva e la capacità di correzione del sistema.

Una incongruenza, a dire poco. Da chi dipende?
Dall’ufficio legislativo del Ministero, dove ci sono praticamente solo magistrati, trovo ostilità su questa proposta. E tra l’altro andrebbe fatta una riflessione sul perché al Ministero della Giustizia dirigono tutto i magistrati. Si rende conto? Ho presentato un emendamento alla legge di bilancio (che va votata entro dicembre, ndr) sul rimborso dovuto da parte dello Stato delle spese legali degli assolti. Il governo doveva fare il decreto ministeriale attuativo entro sessanta giorni, siamo ad agosto e non lo ha ancora fatto.

Chi è che frena?
Glielo dico chiaramente. L’ufficio legislativo del Ministero rema contro. Il sottosegretario Sisto – che è un amico e un sincero garantista – è venuto in aula a dare una risposta preparatagli dagli uffici di Via Arenula dove si argomenta in modo funambolico che ci sarebbe una scarsa dotazione da dividere tra troppi aventi diritto. Io a Sisto glielo ho detto in faccia, così state facendo la campagna del referendum, perché se non riusciamo a risolvere la questione con la politica, la gente andrà a firmare e poi a votare quel referendum sulla responsabilità diretta dei magistrati.

Lei però non li ha firmati.
Proprio perché voglio dare una opportunità, un senso al nostro agire politico, all’azione parlamentare. Il tema della responsabilità diretta va accompagnato da una serie di adeguamenti normativi; va tolta quella norma che dice che la “valutazione del fatto e della prova, e la loro interpretazione, non sono sanzionabili”. Ma non escludo che a settembre sui referendum ci sarà una posizione diversa del mio partito, Azione.

La riforma Cartabia è un compromesso al ribasso?
Era partita con il grande coraggio della ministra Cartabia. Dopodiché ha dovuto subire la pressione di certi partiti.

Teme qualche agguato in Senato?
Ho visto che Letta e Conte hanno preannunciato di voler riaprire il tavolo a Palazzo Madama. Benissimo, li aspettiamo: vogliamo cambiarla anche noi ma in modo opposto. E al Senato ci sono i numeri per cambiarla in modo garantista.

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Ph.D. in Dottrine politiche, ha iniziato a scrivere per il Riformista nel 2003. Scrive di attualità e politica con interviste e inchieste.