È tutta colpa del “mondo di mezzo”. L’ormai mitologica teoria criminale by Massimo Carminati ha, dunque, fatto scuola e proseliti. Dopo essere stata sdoganata nel 2014 dalla Procura di Roma, con l’insostituibile collaborazione delle cimici del Ros dei carabinieri e della penna del vice direttore di Repubblica Carlo Bonini, la teoria del mondo di mezzo è tornata agli onori delle cronache questa settimana grazie al generale Saverio Cotticelli. L’alto ufficiale dell’Arma, rimosso dal premier Giuseppe Conte dall’incarico di commissario alla Sanità della regione Calabria dopo una surreale intervista in cui affermava di non sapere di dover redigere il Piano covid territoriale, aveva evocato, nel tentativo di giustificarsi, complotti assortiti nei propri confronti.

Dalla tribuna “ripatrice” di Non è l’Arena di Massimo Giletti, inizialmente aveva lasciato intendere di essere stato drogato prima di parlare con i giornalisti e di dover pertanto indagare sul proprio “stato confusionale”, poi, davanti al taccuino di Luca Telese aveva rispolverato il celebre teorema di Carminati che ha dato il nome all’indagine su (ex) “Mafia capitale”. Se a Roma, però, il luogo oscuro dove gli interessi della politica e dell’imprenditoria si incontravano con gli interessi della criminalità organizzata era popolato al massimo da vecchi picchiatori fascisti dediti all’usura e allo spaccio di stupefacenti, con Cotticelli avviene un non indifferente salto di qualità delinquenziale. Il mondo di mezzo calabrese, che tutto controlla e domina, è composto infatti da masso-mafiosi. Questo cocktail micidiale, formato quindi da esponenti della massoneria e da ‘ndranghetisti, avrebbe impedito a Cotticelli di svolgere con efficacia il ruolo di commissario straordinario. L’ufficiale, che nel 2014 ha rischiato di diventare il numero uno dell’Arma se l’allora ministro della Difesa Roberta Pinotti (Pd) non avesse puntato sul suo capo di gabinetto, il generale Tullio Del Sette, ha anche affermato di aver temuto per la propria incolumità fisica.

Sempre facendo un salto nel tempo, oltre al mondo di mezzo, Cotticelli ha evocato pure un altro teorema criminale, quello delle “menti raffinatissime”. Il teorema, questa volta, non è di Carminati da Sacrofano ma di Giovanni Falcone. Cotticelli ha dichiarato che andrà ora dal procuratore di Catanzaro Nicola Gratteri per denunciare quanto ha visto in questi due anni in Calabria. Per il generale sarà un ritorno negli uffici giudiziari di Catanzaro dal momento che aveva fatto visita a Gratteri il primo giorno del suo insediamento come commissario in Calabria a dicembre del 2018. Speriamo solo che non ci siano sorprese per Cotticelli. In Italia, infatti, trovarsi iscritti sul modello 21 delle Procure, per chi ricopre ruoli nella Pa, è facile come prendere il Covid se non si indossa la mascherina. È il destino che è capitato a due ufficiali dei carabinieri che, prima di Cotticelli, avevano svolto il medesimo incarico di commissario.

Non in Calabria ma in Campania. Si tratta del generale Maurizio Scoppa e del colonnello Maurizio Bortoletti, entrambi nominati nel 2011 dall’allora governatore Stefano Caldoro, il primo all’Asl di Napoli, il secondo a quella di Salerno. Scoppa è finito in una indagine condotta dal sostituto procuratore partenopeo Valter Brunetti. Secondo i finanzieri del Nucleo di polizia economico finanziaria che hanno condotto l’inchiesta, Scoppa avrebbe effettuato affidamenti diretti senza gara. Per Bortoletti, invece, l’accusa è di abuso d’ufficio per aver chiuso alcune strutture sanitarie. In attesa che Cotticelli termini di indagare su stesso, merita di essere riportato su questa vicenda il commento del colonnello dei carabinieri in congedo Salvino Paternò. «Genera’, ma goditela la lussuosa pensione, perché fuori dagli ovattati e pomposi palazzi dei vertici dell’arma c’è il rischio che la mancanza di meritocrazia si noti in tutta la sua squallida evidenza… e la figura da peracottaro incombe», scrive Paternò dal proprio profilo social. Ogni commento è superfluo.