Lo avevano annunciato ed eccolo servito, il secondo lockdown, quello stabilito dal dpcm di mercoledì scorso e in vigore da oggi al 3 dicembre. Il provvedimento divide l’Italia istituendo un “nuovo tricolore”, definito in base alla situazione dei contagi. Questi ultimi
sono mappati da un’ordinanza del ministro della Salute in odore di illegittimità, in quanto priva dell’indicazione di predeterminati criteri di stima e valutazione dei dati raccolti per incasellare le regioni nell’una o nell’altra zona.

Fatto sta che per tutte le regioni d’Italia viene ridotta la mobilità attraverso il divieto di spostamenti dalle 22 alle 5, esclusi quelli motivati da comprate esigenze di lavoro, necessità e salute; dimezzata al 50% la capienza dei mezzi pubblici, esclusi gli scuolabus; chiusi, nei giorni festivi e prefestivi, i centri commerciali mentre restano aperti farmacie, negozi di generi alimentari, tabaccherie ed edicole. Nell’area rossa (a massimo rischio di contagio), che comprende Lombardia, Piemonte e Calabria, viene vietato qualsiasi tipo di spostamento in qualsiasi orario, salvo che per motivi di lavoro, necessità e salute. Bar e ristoranti restano chiusi sette giorni su sette, con asporto consentito fino alle 22. Rimangono chiusi i negozi, fatta eccezione per supermercati e negozi di alimentari.

Vietati gli spostamenti interregionali e intercomunali anche nelle zone arancioni (ad alto rischio di contagio), in cui rientrano Puglia e Sicilia, salvo i comprovati motivi di necessità mentre nel Comune di appartenenza è consentito circolare fino alle 22 ma con la raccomandazione (dicitura, invero, priva di valenza giuridica e rimessa al buon senso dei singoli) di evitare spostamenti non necessari. Per bar e ristoranti vigono le stesse restrizioni delle regioni finite in zona rossa. La scuola prosegue a distanza, con l’eccezione delle scuole dell’infanzia, delle elementari e delle medie, il che genera non poche perplessità visto che non ci sono studenti immuni al Covid, per molti ben più pericoloso del “trauma” da interruzione della didattica in presenza. Per l’area “gialla”, nella quale rientrano Lazio e Campania, ferme tutte le altre restrizioni già in vigore, rimane possibile entrare e uscire dal territorio regionale e circolare all’interno del Comune e spostarsi da una cittadina all’altra, con grande malcontento del governatore campano Vincenzo De Luca che invocava misure ben più restrittive.

Quest’ultimo, nel comunicato diramato nel primo pomeriggio di ieri, critica aspramente la mancanza di unitarietà delle misure nazionali, evidenziando come le stesse condurranno verosimilmente a contenere il contagio nelle zone rosse e arancioni e a farlo esplodere in quelle gialle che rischiano di trovarsi nella condizione di dover chiudere tutto a ridosso delle festività natalizie. Pertanto De Luca si dice pronto a emanare un’ordinanza che proroghi la chiusura della scuola primaria e secondaria e invita i sindaci a tenere alta la guardia, a chiudere i lungomare nonché i centri storici nei fine settimana, lasciando fermo il divieto di spostarsi tra Comuni delle diverse province campane se non per assoluta necessità.

Ancora una volta le misure restrittive precedono, anziché seguire, l’erogazione degli indennizzi agli imprenditori e ai commercianti maggiormente colpiti dalle stesse, molti dei quali rischiano di chiudere per sempre e di essere costretti a “tagliare” posti di lavoro: in questo modo si scatenerebbero, a fronte di uno sperato contenimento dei contagi, emorragiche ripercussioni economiche per tutti i settori produttivi e per tutte le categorie di lavoratori. I provvedimenti “perdono” la partita sul fronte del tempo prezioso che si è sprecato nel non attuarle all’inizio dell’autunno e che si rischia di dissipare ancora una volta qualora, a ridosso del Natale, si dovesse riaprire nelle zone rosse e chiudere, invece, nelle località comprese nelle zone gialle, vittime di una nuova ondata di contagi.

Si tratterebbe di una sorta di gioco dell’oca che, almeno in parte, riprodurrebbe lo scenario già visto durante la scorsa estate, quando gli italiani hanno inscenato la favola della cicala e della formica che ha prodotto i risultati odierni. Insomma, un gran pasticcio che non fa bene a nessuno poiché penalizza, sotto il fronte economico, certamente le regioni nelle zone rosse e, con riguardo alla salute, lascia prive di adeguata tutela quelle nelle zone gialle, peccando su due imprescindibili fronti: quello della coerenza e quello della solidarietà.

La coerenza, infatti, avrebbe richiesto di evitare di fare, disfare e rifare chiusure e restrizioni sulla pelle degli italiani, per la verità non più così ispirati dal mantra “andrà tutto bene”. La solidarietà, invece, avrebbe richiesto di comprendere come questa partita non la si può vincere dividendo l’Italia poiché, se pretendere la tutela della salute è un diritto sacrosanto (degli abitanti delle zone gialle), altrettanto lo è non vedersi distruggere sacrifici e investimenti economici, frutto di anni di lavoro (per gli abitanti delle zone rosse). Alla politica spetterebbe (il condizionale, qui, è d’obbligo) il compito di mediare tra tali imprescindibili poste in gioco, superando egoismi e punti di vista dei singoli che, dividendoci, non hanno altra conseguenza che indebolirci e consegnarci nelle mani del nemico.