Giuseppe Marra, magistrato componente, insieme a Nino Di Matteo e Sebastiano Ardita, della pattuglia dei “davighiani”, è stato il relatore del parere che il Consiglio superiore della magistratura ha redatto a proposito delle misure nel settore giustizia previste dal governo a seguito dell’emergenza Covid-19. Il parere si è concentrato sullo stop dei procedimenti in corso e sulle disposizioni in materia di detenzione domiciliare e licenze premio straordinarie per i detenuti in semi libertà. Il Csm, secondo la sua legge istitutiva, “dà pareri al ministro della Giustizia sui disegni di legge concernenti l’ordinamento giudiziario, l’amministrazione della giustizia e su ogni altro oggetto comunque attinente alle predette materie”.

I pareri non sono vincolanti. Ma, considerata l’autorevole provenienza, è difficile che non siano tenuti in debito conto da parte del Parlamento. Si ricordano pareri durissimi, soprattutto durante i governi Berlusconi. Il lodo Alfano, contenuto nel dl sicurezza del 2008, è “potenzialmente incompatibile con gli articoli 111 e 3 della Costituzione”, che sanciscono i principi di ragionevole durata del processo e di uguaglianza dei cittadini davanti alla legge. L’Europa “non capirebbe le ragioni della scelta” visto che “l’Italia è già finita sotto accusa per la lentezza dei processi”, e questa disposizione “allunga ulteriormente i tempi”. La politica non cerchi espedienti per “eludere le leggi”. Finché l’azione penale è obbligatoria, “non si può chiedere ai giudici di non fare i processi”.

Quasi tutte le leggi dei governi Berlusconi in tema di giustizia venivano stroncate a Palazzo dei Marescialli. Per evitare di essere continuamente sotto tiro, Berlusconi e l’allora ministro della Giustizia Alfano arrivarono a proporre una legge che impedisse ai consiglieri del Csm di esprime pareri. Archiviato il berlusconismo, gli animi si sono rasserenati. Al punto che, pur di fronte a una norma che non risolve affatto il problema del sovraffollamento, il Csm si è limitato questa settimana a “richiedere” al legislatore delle “scelte precise ed urgenti”, rilevando “l’opportunità” di interventi tesi a differire l’ingresso in carcere per i condannati a pene brevi per i reati non gravi per il solo periodo corrispondente alla durata dell’emergenza. Toni decisamente “soft”.

Sul cambio di rotta, maligna qualcuno, potrebbe aver influito il fatto che Marra, fino alla scorsa estate, prima quindi di diventare consigliere del Csm, fosse direttore generale degli affari giuridici e legislativi del Dipartimento Affari di Giustizia, l’ufficio chiave di via Arenula che mette in pratica l’atto d’indirizzo politico del Guardasigilli. Si sarebbe trattato, allora, di un parere sul suo ex ufficio. Infine una curiosità: Nino Di Matteo e Sebastiano Ardita hanno espresso la loro contrarietà a questo parere. A differenza di Piercamillo Davigo. Una scissione in vista nel gruppo di Autonomia&indipendenza?