«Nell’attuale consiliatura è successo di tutto: sei togati che si sono dimessi, stravolgimento del voto del 2018 con “ribaltone” in favore dei gruppi associativi che avevano perso le elezioni, procedimenti disciplinari a nastro – per cercare di salvare l’immagine, sempre più compromessa, della magistratura – nei confronti di Luca Palamara, ritenuto il solo ed unico responsabile di ogni malefatta». Antonio Leone, ex componente del Csm, commenta con il Riformista quanto sta accadendo a Palazzo dei Marescialli in questi ultimi mesi.

Presidente Leone, Palamara è stato espulso. Lo “scandalo nomine” è risolto?
A me pare che il Csm abbia voluto “normalizzare” quanto prima una situazione che stava creando grande imbarazzo. Ritengo che nessuno possa pensare, senza offendere la propria intelligenza, che un singolo consigliere abbia avuto un ruolo determinante nell’ambito dei processi deliberativi di un organo collegiale. Da tempo qualche magistrato ha assimilato i metodi del Csm a quelli mafiosi. Mi sembra, vista la similitudine, che anche le decisioni delle cosche mafiose vengano prese collegialmente dai capi.

“Normalizzazione” anche all’Anm?
Certamente. È stata l’Anm a dettare la linea espellendo Palamara. Mi preme sottolineare che a favore dell’espulsione hanno votato 114 magistrati sui circa 9000 aventi diritto. Sarebbe un bell’esercizio individuare l’appartenenza dei singoli votanti alle singole correnti: non ci sarebbe nessuna sorpresa.

Torniamo al Csm. Questa settimana si decide il destino di Davigo.
Sulla sua permanenza al Csm anche da pensionato si è arrivati a richiedere un parere all’Avvocatura dello Stato, pur essendoci a Palazzo dei Marescialli un Ufficio studi composto da valenti magistrati che ha sempre provveduto a fornire al Consiglio i pareri sulle più disparate questioni. Un parere, quello dell’Avvocatura, secretato in base a una non meglio specificata norma regolamentare e che invece abbiamo letto la scorsa settimana sui giornali. Attraverso questa evidente abdicazione si continua nella delegittimazione di un organo di autogoverno di matrice paracostituzionale. E poi ci si scandalizza se si parla della burocratizzazione del Csm con conseguente trasferimento di funzioni e competenze al Ministero della giustizia. Come lei ben sa, chi chiede i pareri all’Avvocatura sono i Ministeri.

Il dibattito su Davigo va avanti da mesi.
Davigo si sta attaccando a insostenibili cavilli per non lasciare il Csm. Ricordo che nel 2017, da presidente dell’Anm, attaccò violentemente il governo, disertando l’inaugurazione dell’Anno giudiziario in Cassazione, per la proroga dei vertici di Piazza Cavour. Davigo descrisse tale proroga come una “ferita profonda per l’indipendenza e l’autonomia della magistratura”. E adesso, invece? Quando in Parlamento ultimamente è stata proposta la proroga dell’età pensionabile dei magistrati non ha fiatato. Quando è svanita la proroga è venuto definitivamente allo scoperto. Nessuna ferita profonda? Neppure un’abrasione superficiale?

Crescendo si cambia idea…
Davigo pare aver avuto in questi anni una metamorfosi: dopo aver sempre attaccato in maniera cruenta il mondo della politica, adesso è diventato un politico incallito a tutto tondo che si fa forza del personale consenso elettorale per respingere le decisioni non gradite. Supporter, anzi, ispiratore della posizione giustizialista del M5S, sta dimostrando un attaccamento senza pari alla poltrona. E come fanno i politici navigati è riuscito a ribaltare la sonora sconfitta della sua corrente alle elezioni in un successo strepitoso: A&I, beneficiando del primo ribaltone della storia del Csm, è passata da due a cinque consiglieri, considerando l’indipendente Nino Di Matteo. In barba alla volontà degli elettori.

Adesso chiede di essere nominato in Cassazione presidente aggiunto.
Per non farsi mancare nulla ha chiesto di essere nominato “a posteriori” in un incarico per il quale aveva concorso senza successo due anni fa. E chi dovrebbe nominarlo ora? Il Csm di cui adesso fa parte. Alla faccia dei conflitti d’interesse! Se un politico avesse fatto una cosa simile sarebbe successo il finimondo. E Davigo in qualche talk show ne avrebbe chiesto, oltre le dimissioni, anche la gogna in piazza.

Alcuni giornali ed alcuni commentatori stanno spingendo molto affinché Davigo rimanga.
In effetti su pochi quotidiani viene supportata la tesi della permanenza di Davigo al Csm. Le sembra, però, normale che qualche giorno addietro uno di questi commentatori favorevole alle aspirazioni davighiane supporti la permanenza di Davigo al Csm, e quindi alla sezione disciplinare, in costanza di una pendenza davanti la sezione disciplinare stessa del di lui figlio condannato in primo, secondo e terzo grado? Dove è finita la tesi davighiana sulla presunta colpevolezza dei politici che se assolti lo sono non perché innocenti ma perché non si è raggiunta la prova? Perché un magistrato condannato penalmente in primo, secondo e terzo grado rimane ancora a fare il magistrato? La credibilità ormai si erode giorno dopo giorno.

Si riferisce ai magistrati con condanne penali?
Sì. Ci sono magistrati che pur condannati penalmente (non disciplinarmente) hanno continuato e continuano a esercitare le funzioni requirenti o giudicanti. Potrei farne di esempi anche in relazione ai tempi di conclusione dei procedimenti disciplinari sospesi per le pendenze di natura penale.

L’espulsione di Palamara non ha cambiato molto, mi pare di capire.
No! È cambiato proprio tutto al Csm: tutte le nomine sono state fatte all’unanimità privilegiando il merito e non ci sono più stati ricorsi al giudice amministrativo (sorride).