Stiamo assistendo in questi giorni all’ennesima mortificazione del trasporto pubblico locale di Napoli e della Campania. Questa volta è l’Eav a trovare, aimè, largo spazio in queste settimane sui principali quotidiani locali a causa delle corse tagliate, dei treni costretti a viaggiare a velocità controllata, delle proteste dei dipendenti, del materiale rotabile inadeguato, insomma nulla a che vedere con una città e una regione che vuole puntare sulla mobilità sostenibile e competere con le altre metropoli italiane ed europee.

Ancora più grave è il fatto che questo accada in un periodo storico che, per usare un eufemismo, definirei “infelice”, ovvero in piena stagione estiva, quando commercio e turismo vorrebbero recuperare parte di quanto perso durante la pandemia del Covid-19 non ancora superata, e nel pieno di una crisi energetica ed economica globale acuita del recente conflitto in Ucraina. Questo anche all’alba di un autunno che si preannuncia caldissimo per il settore della mobilità e per tutta la popolazione a causa dell’aumento dei prezzi dei carburanti e dei beni di prima necessità, per non parlare della crescete inflazione che ha già raggiunto valori che non si vedevano da decenni.
Non volendo entrare nel merito di questa “ennesima mortificazione”, e consapevole che ci vogliano anni e non mesi per raddirizzare un’azienda di trasporto e un sistema della mobilità complesso come quello napoletano, ritengo, allo stesso modo, che dopo quasi un decennio con una stessa governance regionale e aziendale ci sia stato il tempo per poter intervenire più strutturalmente e proficuamente. In una stagione come quella del Pnrr, o per dirla alla Commissione europea del “new generation plan”, in cui per reagire alla crisi economica ed al riscaldamento globale bisognerebbe puntare su politiche di sviluppo sostenibile che non possono prescindere da una mobilità urbana e regionale di qualità, che vede nel trasporto ferroviario il suo asset principale per contrastare quei comportamenti “poco sostenibili” di un uso estensivo (più del 60% del totale) e non più accettabile dell’auto privata.

È proprio dalle città e aree metropolitane che bisogna ripartire, li dove oggi vive oltre il 55% della popolazione e nelle quali vengono emesse oltre il 35% dei gas serra responsabili del riscaldamento globale. Negli ultimi quindici anni il parco automobili è cresciuto nel nostro Paese del 20%, e a fronte di una domanda di mobilità rimasta pressoché costante, comportando un aumento insostenibile di materie prime consumate, di rifiuti prodotti e di consumo di suolo, con le nostre auto ferme per oltre il 90% della loro vita. Basti pensare che per la sola città di Napoli un player globale della mobilità ha stimato che ogni cittadino, bambini inclusi, “perde” in media cinque giorni all’anno nel traffico, tempo che si aggiunge a quello strettamente necessario per raggiungere le destinazioni dove svolgere le attività quotidiane. Del resto sappiamo bene come Napoli è la città dalle mille contraddizioni, da una parte assistiamo alle corse della Circumvesuviana che vengono ridotte, e dall’altra il Comune congiuntamente con gli Atenei campani e il consorzio Unicocampania si aggiudica il primo posto, d’avanti a Milano e Roma, in un bando PNRR, aggiudicandosi uno stanziamento di oltre 3 milioni di euro con l’obiettivo di introdurre, nel contesto dei sistemi di trasporto locale, il paradigma “mobilità come servizio” (Mobility as a Service – MaaS) per, ad esempio, l’acquisto “intelligente” dei biglietti con un’unica App su cui si potrà acquistare un pezzo di mobilità, uno spostamento da casa a destinazione, in metro, bus o con la sharing mobility, oltre a sperimentare soluzioni innovative di trasporto locale (es. sistemi avanzati di assistenza alla guida, tecnologie di comunicazione veicolo-infrastruttura).

Da inesauribile ottimista, a mio avviso la sfida della mobilità sostenibile si può vincere a Napoli e in Campania. Ci sono i finanziamenti, i progetti e le condizioni ottimali; arriveranno nuovi treni, apriranno nuove stazioni metro, avremo il primo aeroporto italiano collegato con una vera metropolitana di qui a qualche anno. Come ho più volte scritto anche su questa testata c’è da definire, auspicabilmente tramite un approccio partecipato con i cittadini e i portatori di interesse, quale visione di città sostenibile ci si immagina per la Napoli del prossimo futuro, per poi definire il percorso che si immagina per raggiungere tale obiettivo. Vanno con urgenza prese decisioni strategiche per la città come quelle del porto commerciale che è da anni privo di un collegamento ferroviario, prerequisito indispensabile per poter continuare ad appartenere alla rete multimodale Europea “Core”. Inoltre, il recente conflitto in Ucraina ha posto al centro della politica nazionale e comunitaria l’esigenza di ridurre la dipendenza energetica dalla Russia attraverso, ad esempio, l’aumento delle forniture di gas naturale liquefatto (GNL). Allo stato attuale l’Unione europea non è in grado di accogliere grandi quantità di GNL ed è quindi centrale stabilire il ruolo che il porto e la città di Napoli vorranno giocare in questa partita attraverso, ad esempio, la realizzazione di depositi costieri di GNL.

Parallelamente, c’è il tema dello sviluppo dell’area occidentale di Napoli che non può prescindere da una riqualificazione urbanistica di qualità e dal potenziamento dell’accessibilità trasportistica, oggi garantita da un trasporto collettivo pressoché inesistente o quantomeno percepito di bassa qualità, e che potrebbe essere notevolmente migliorata attraverso uno sviluppo dei collegamenti dell’area alla fitta rete ferroviaria che la circonda, anche tramite la realizzazione di una green-way ciclabile che, tra l’altro, risulta già prevista nel corridoio europeo ciclabile Eurovelo. Insomma, come troppo spesso accade in Campania, ci si concentra troppo sulla gestione delle emergenze quotidiane e poco, o per nulla, sulla programmazione futura, modus operandi che non può funzionare per governare un sistema così complesso come quello dei trasporti napoletano, e che mi auspico possa essere presto sconfessato.