«Oggi non siamo qui a celebrare trionfi o successi, piuttosto ad affrontare le conseguenze delle nostre sconfitte» ha detto il presidente Mario Draghi. «Siamo qui per dire che i vostri problemi sono i nostri problemi, perché quando si parla di carcere bisogna aver visto, come ci ricordano le celebri parole di Calamandrei che sapeva bene cosa significasse la vita del carcere» ha aggiunto la ministra della Giustizia Marta Cartabia.

Il discorso dei rappresentanti del Governo al termine della loro visita nel carcere dei pestaggi ha toni e contenuti che danno la sensazione di un cambiamento, di una nuova era dopo quella del vecchio governo e del ministro Bonafede. E il fatto che un vento frizzante spezzasse l’afa del pomeriggio, ieri, fuori al carcere di Santa Maria Capua Vetere, accompagnando le parole del presidente Draghi e della ministra Cartabia, potrebbe non essere soltanto una nota di colore. Il vento è cambiato, almeno si spera. Di certo è cambiato il linguaggio istituzionale e sono cambiati i contenuti dei discorsi dei rappresentanti del Governo. «Venire qui oggi significa guardare da vicino per iniziare a capire» ha affermato Draghi. «Quel che abbiamo visto nei giorni scorsi ha scosso nel profondo la coscienza degli italiani ma anche dei colleghi della polizia penitenziaria che lavorano con fedeltà in questo carcere. Le indagini in corso stabiliranno le responsabilità individuali, ma la responsabilità collettiva è di un sistema che va riformato».

«Il Governo – ha assicurato Draghi – non ha intenzione di dimenticare. Non può esserci giustizia dove c’è abuso e non può esserci rieducazione dove c’è sopruso». Poi, ricordando l’impegno e la dedizione di tanti agenti della polizia penitenziaria, di educatori, mediatori e volontari, il premier ha dettato la linea: «Deve essere l’inizio di un nuovo percorso di vita». A fare eco alle parole del premier c’erano le voci dei detenuti che provavano ad oltrepassare le sbarre e farsi sentire al di fuori delle mura carcerarie. «Indulto, indulto!» gridavano i detenuti e acclamavano «Draghi! Draghi!». Nel carcere sammaritano il presidente e la ministra hanno visitato di persona il reparto Nilo, quello dei pestaggi e delle umiliazioni, percorrendo il tragitto che il 6 aprile 2020 portò 192 detenuti ad attraversare l’inferno.

Hanno visitato, inoltre, il reparto Danubio, quello dove le vittime delle violenze furono tenute per alcuni giorni, e il reparto femminile dove le detenute hanno donato ai rappresentanti del Governo mascherine e asciugamani ricamati a mano. A salutare la visita dei rappresentanti del Governo, accompagnati dal sottosegretario alla presidenza del Consiglio Roberto Garofoli, c’erano inoltre il garante nazionale Mauro Palma e il garante regionale Samuele Ciambriello. «Questa è una giornata storica – ha dichiarato la direttrice del carcere di Santa Maria Capua Vetere, Elisabetta Palmieri – Stiamo attraversando un momento terribile, senza precedenti, ma la vostra vicinanza il vostro supporto – ha aggiunto rivolgendosi al premier e al Guardasigilli – rappresentano per noi quello che auspichiamo possa essere un nuovo inizio per la polizia penitenziaria e per tutto il sistema penitenziario, il momento della svolta, della rivincita, del riscatto».

Quando è arrivato il momento del suo intervento, la ministra Cartabia ha rivolto un saluto anche ai detenuti e un pensiero a coloro che hanno subìto violenze e umiliazioni. «Mai più violenza nelle carceri europee ha commentato il commissario europeo Didier Reynders. – ha ricordato – Mai più violenza! Lo abbiamo detto con forza e lo ripetiamo anche qui» ha ribadito la ministra. «Quegli atti sfregiano la dignità della persona umana che la Costituzione pone come vera pietra angolare della nostra convivenza civile». «La sua presenza qui, presidente, è più eloquente di mille parole. Dice che ciò che accade nelle carceri ci riguarda tutti. I problemi delle carceri sono i problemi di tutto il Governo, di tutto il Paese e non solo di un settore dell’amministrazione della giustizia né di un solo istituto penitenziario. La sua presenza – ha aggiunto Cartabia rivolgendosi a Draghi – dice che di quei problemi tutto il Governo vuole farsi carico».

C’è un impegno in queste parole, c’è la promessa di partire dal caso Santa Maria Capua Vetere per riformare il mondo del carcere. «La pandemia – ha sottolineato la Guardasigilli – ha fatto da detonatore di questioni irrisolte da lungo tempo, i problemi hanno una data antica e in questo istituto la pandemia ha determinato la morte di un agente, l’assistente capo Salvatore Spagnolo». «Ora – ha aggiunto – bisogna ripartire dai fatti concreti e da una fotografia autentica della realtà penitenziaria. Guardiamola in faccia» ha detto la ministra elencando la sua strategia per risollevare dal fallimento il sistema penitenziario. «Occorre una strategia che operi su più livelli: strutture materiali, interventi normativi, personale, formazione» ha spiegato. Il sovraffollamento resta «il primo e il più grave dei problemi», per risolverlo occorre «correggere una visione del diritto penale incentrata solo sul carcere» e puntare su «forme di punizione diverse dal carcere come ad esempio i lavori di pubblica utilità».

La rivoluzione Cartabia prevede anche più formazione e più assunzioni tra il personale della penitenziaria e una revisione dell’edilizia penitenziaria: «Nuovi spazi e nuove carceri non può significare solo posti letto». Più che una rivoluzione sembra un miracolo. A volte anche i miracoli si avverano.

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Napoletana, laureata in Economia e con un master in Marketing e Comunicazione, è giornalista professionista dal 2007. Per Il Riformista si occupa di giustizia ed economia. Esperta di cronaca nera e giudiziaria ha lavorato nella redazione del quotidiano Cronache di Napoli per poi collaborare con testate nazionali (Il Mattino, Il Sole 24 Ore) e agenzie di stampa (TMNews, Askanews).