È come Cristiano Ronaldo. No, più simile a Roberto Baggio. Ci manca solo paragonare la sua sicurezza a quella del Loco Abreu nel calciare i rigori facendo il cucchiaio (per i non calciofili, calciò un rigore decisivo per il suo Uruguay ai Mondiali del 2010 facendo lo “scavino” contro il Ghana) e la metafora calcistica per descrivere Mario Draghi è completa. Dopo una riunione di segreteria per decidere la linea della Lega alle consultazioni di domani con l’incaricato premier, il vicesegretario del partito si è lasciato sfuggire una battuta sull’ex presidente della Bce, paragonato al fuoriclasse della Juventus e del Portogallo: “Un fuoriclasse come lui non può stare in panchina, è come Cristiano Ronaldo”.

Una frase che lascia trasparire ammirazione e stima per la personalità e per il suo prestigio internazionale, e che potrebbe suggerire un interesse a farsi trascinare dalla sua leadership così come succede ai compagni di squadra di Cr7 specialmente nei momenti di “crisi” della partita.

Simili anche nel marketing, Draghi e Ronaldo: il primo ha provocato un’impennata nelle aperture dei listini dopo aver ricevuto l’incarico di Mattarella, e ha spinto lo spread sotto quota 100 come non succedeva dal 2015, così come il secondo ha fatto schizzare le azioni della Juventus al suo arrivo e ha portato visibilità ai bianconeri e al campionato italiano. Il portoghese in due anni e mezzo ha garantito anche gol a raffica e attirato grandi giocatori come De Ligt: per l’Italia non resta che sperare in un risultato simile di un ipotetico governo Draghi, che vada “a segno” nei punti cruciali (pandemia, crisi economica, investimenti a lungo termine) e si circondi di altri campioni della politica.

Una divergenza forse c’è: Ronaldo a volte sembra piacersi un po’ troppo, specie quando si perde in finte più belle che utili. Un atteggiamento decisamente lontano da quello dell’incaricato premier, anzi lodato per il pragmatismo del suo “whatever it takes” più che per l’equivalente scenografico di esultanza col “siuu” del portoghese.

Si fida di lui anche Matteo Renzi, il regista della crisi, che lo definisce “il miglior giocatore in campo” e paragona il Recovery fund da riscrivere a un calcio di punizione affidato a Roberto Baggio. “Palla in banca”, sarebbe il caso di dire visto il passato professionale di Draghi. Da Ronaldo al Divin Codino, stavolta chiamato in causa per la sicurezza e la naturalezza con la quale faceva apparire semplici anche le cose più difficili.

“Può giocare come vuole”, dice il leader di Italia Viva ai microfoni di Piazza Pulita, senza nascondere l’appoggio di Italia Viva alla formazione di un nuovo governo al quale sembra voler dare quasi carta bianca. E ci mancherebbe, se arrivi a pensare che sarebbe guidato da quello che – per la proprietà transitiva – si può definire il pallone d’oro made in Italy della vita pubblica.

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Napoletano, Giornalista praticante, nato nel ’95. Ha collaborato con Fanpage e Avvenire. Laureato in lingue, parla molto bene in inglese e molto male in tedesco. Un master in giornalismo alla Lumsa di Roma. Ex arbitro di calcio. Ossessionato dall'ordine. Appassionato in ordine sparso di politica, Lego, arte, calcio e Simpson.