Droga, minori e disagio. Se si avessero a disposizione solo tre parole per descrivere quello che c’è all’interno del carcere sarebbero queste le parole da scegliere. La droga, perché c’è un numero crescente di detenuti con problemi di tossicodipendenza (1.356 quelli reclusi nelle carceri campane a fronte di una popolazione di 6.853 persone). I minori, perché l’età di chi finisce dietro le sbarre è sempre più bassa e in particolare per quanto riguarda la sfera della giustizia minorile si sta assistendo negli ultimi mesi dell’anno a un’impennata di reati di sangue tra i giovanissimi.

Disagio, perché la maggior parte delle storie che arrivano dal mondo dietro le sbarre sono storie di emarginazione, devianza, povertà educativa, il che rende il carcere una sorta di discarica sociale. A questo domanda la domanda sorge, come si suol dire, spontanea: ma è davvero questo il carcere degno di una società civile e di uno Stato di diritto? Ieri, nell’aula del Consiglio regionale della Campania, il garante regionale dei detenuti, Samuele Ciambriello, ha presentato la relazione semestrale sullo stato delle carceri nella nostra regione. Un bilancio a tinte fosche, e c’era da aspettarselo.

Basta far riferimento alla cronaca dei suicidi e delle morti in cella avvenute dall’inizio dell’anno: in Campania si sono contati finora cinque suicidi (con un picco ad agosto di tre suicidi in cinque giorni, e forse non è un caso visto che in quel mese vengono interrotte le attività trattamentali), 64 casi di tentato suicidio e almeno 434 atti di autolesionismo (di cui 199 solo a Poggioreale). Il tema della sanità penitenziaria resta uno dei principali nodi da sciogliere, perché si collega al tema della tossicodipendenza e del disagio sociale e psichico. Dalla relazione del garante Ciambriello emerge che ci sono solo 55 posti di degenza a fronte di un totale di 6.853 detenuti, e inoltre che c’è carenza di supporto psichiatrico e psicologico. «A Poggioreale – fa sapere il garante – c’è uno psichiatra ogni 500 detenuti».

Non mancano difficoltà operative e gestionali, soprattutto – si legge nella relazione – con riferimento «alla cooperazione istituzionale tra Asl e amministrazione penitenziaria». «Si tratta – spiega il garante – di difficoltà dovute al fatto che in Campania ci sono solo 55 posti di degenza e non si fanno ricoveri in altri ospedali. A questo si aggiunge una strutturale carenza di personale tra medici e infermieri e una penuria di strumenti di cura negli istituti di pena». Un problema anche per la gestione della popolazione detenuta più anziana che in Campania è pari al 10% del totale dei reclusi, e per la gestione dei detenuti tossicodipendenti, se si considera che circa un detenuto su quattro ha problemi di dipendenza e uno su tre si trova in cella per reati collegati alla detenzione e allo spaccio di sostanze stupefacenti. Non va tanto meglio se si sposta lo sguardo sull’area dell’esecuzione penale esterna.

«Anche in questo ambito continua a registrarsi un’insufficienza del personale – si legge nella relazione semestrale -. A fonte di una platea regionale (comprensiva di misure e indagini) di 12.172 casi, si contano, su tutto il territorio campano e nelle diverse mansioni, 207 addetti che in termini percentuali equivalgono a un operatore ogni 59 persone prese in carico». Inoltre, il 35% dei detenuti è in carcere con un residuo di pena inferiore a 3 anni mentre sono 63% i detenuti senza nemmeno una condanna definitiva da scontare.

È chiaro che in queste condizioni e con simili numeri il carcere finisce per essere prevalentemente un enorme contenitore di marginalità sociale. Quale futuro può avere un sistema penitenziario simile? «Dobbiamo chiederci se vogliamo un sistema di 54mila detenuti che rischiano ben presto di aumentare in maniera esponenziale dando vita a una specie di ospizio dei poveri oppure – conclude Ciambriellovogliamo il carcere extrema ratio, che entra in gioco solo nei casi di particolare e comprovata necessità e contiene intorno alle 30mila unità all’incirca». Consiglio. Questa è comunque una novità.

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Napoletana, laureata in Economia e con un master in Marketing e Comunicazione, è giornalista professionista dal 2007. Per Il Riformista si occupa di giustizia ed economia. Esperta di cronaca nera e giudiziaria ha lavorato nella redazione del quotidiano Cronache di Napoli per poi collaborare con testate nazionali (Il Mattino, Il Sole 24 Ore) e agenzie di stampa (TMNews, Askanews).