Giorgia, la leader che sulle barricate urlava a squarciagola contro le misure sospinte con la fiducia senza emendamenti è diventata la premier Meloni: quella della ghigliottina. Come si cambia. Recitava la canzone: “Per non morire. Per ricominciare”. Quella che è andata in scena ieri alla Camera – per dare il via libera in extremis, grazie al ricorso alla tagliola, al Dl Rave – è stata la più artificiosa delle conclusioni tattiche parlamentari: è stato fatto valere il time out sulla messa in votazione degli emendamenti. E ventiquattr’ore prima del sipario sul 2022, ecco l’eclissi di una storia politica tutta passata all’opposizione, dura e pura.

Se M5S e Pd avevano intrapreso la strada dell’ostruzionismo, con il clima tesissimo che ha visto proteste, scontri e sedute sospese, ecco che la tagliola, o ghigliottina (per Rampelli si usa ad arte questa seconda parola, più drammatica) ha messo fine all’agonia. Maggioranza e governo incassano in zona Cesarini la conversione in legge delle norme che introducono il reato di Rave, che prevede adesso la reclusione da 3 a 6 anni e la multa da 1.000 a 10.000 euro per chiunque organizzi o promuova l’invasione arbitraria di terreni o edifici altrui, pubblici o privati. Un Dl che riforma la disciplina dell’ergastolo ostativo e interviene sulle misure anti Covid, prevedendo il reintegro dei medici no vax. Misure “da bulli”, dice Giuseppe Conte, di cui non tutti nella maggioranza appaiono convinti.

Evidente un certo malessere tra le fila di Forza Italia, tanto che 13 deputati azzurri non partecipano al voto (pur non risultando in missione). Esce allo scoperto il presidente della commissione Affari costituzionali Nazario Pagano, e proprio come aveva fatto al Senato la capogruppo Licia Ronzulli, spiega: “Non ho partecipato al voto non perché non condividessi tutti i contenuti del decreto ma perché al suo interno, all’articolo 7, c’è una norma che non condivido e cioè la revoca della sospensione dell’attività professionale per i cosiddetti medici no vax”. È stato un iter lungo e dal percorso accidentato: il decreto non fa in tempo ad essere licenziato dal Consiglio dei ministri a fine ottobre che già si evidenziano alcune criticità sulla norma che introduce il reato dei raduni Rave. Tanto che lo stesso esecutivo era intervenuto con i primi aggiustamenti.

Non solo: durante l’esame al Senato in prima lettura il testo del provvedimento subisce numerose modifiche, con l’inserimento anche di norme che prevedono un allentamento delle misure anti Covid. Ma tutto l’esecutivo e la premier in persona hanno difeso sino all’ultimo il provvedimento. La verità è che dietro allo spauracchio dei Rave – un tema tanto poco sentito da non essere mai comparso in campagna elettorale – il centrodestra ha inserito un decretone Omnibus che tiene insieme tutte le emergenze, da quella sanitaria a quella giudiziaria. Su quest’ultima in particolare il decreto interviene modificando la disciplina dell’ergastolo ostativo per reati di mafia o terrorismo.

Si indicano requisiti stringenti per impedire che siano ammessi alle misure premiali soggetti che possano avere ancora collegamenti col contesto criminale di provenienza. E dalla lista dei reati per cui non scattano i benefici sono stati espunti, a grande richiesta bipartisan degli amministratori locali, quelli contro la pubblica amministrazione. Sull’adozione della disciplina transitoria della riforma Cartabia il Dl Rave – già controfirmato dal Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, dopo la sua conversione – rinvia dal primo novembre al 30 dicembre 2022 dell’entrata in vigore del decreto legislativo 10 ottobre 2022, n. 150, attuativo della riforma penale Cartabia, con la finalità di perfezionare misure organizzative e adeguamento dei supporti tecnologici.

Si interviene sulla disciplina transitoria in materia di modifica del regime di procedibilità, di termini per la costituzione di parte civile, di processo penale telematico, di semplificazione delle attività di deposito di atti, documenti e istanze, di indagini preliminari, di inappellabilità delle sentenze di non luogo a procedere, di udienza predibattimentale e di giustizia riparativa, la cui l’entrata in vigore slitta al 30 giugno 2023.

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Ph.D. in Dottrine politiche, ha iniziato a scrivere per il Riformista nel 2003. Scrive di attualità e politica con interviste e inchieste.