“Gli alleati chiedono di modificare la legge di bilancio? Normale, il Parlamento serve a questo. Dopo di che ritoccare non vuol dire stravolgere”. Il ministro dei Rapporti col Parlamento Luca Ciriani, fedelissimo di Meloni, interpreta perfettamente il ruolo mentre entra a palazzo Chigi per il consiglio dei ministri che ieri sera ha dato il via libera ai funerali di Stato per Roberto Maroni stamani a Varese. Ma la “manovra tisana” (sic Giorgio Mulè, vicepresidente della Camera in quota Forza Italia), le promesse e gli auspici del vicepremier TajaniForza Italia farà la sua parte per migliorare la manovra” e i mal di pancia di queste ultime 48 ore nella riunione di gruppo della Lega proprio per commentare la manovra, raccontano che sottotraccia sta lavorando lo scontento dei due alleati minori.

A loro volta alle prese con disagi interni: Salvini ridotto a comparsa dal pivot Giorgetti; ancora Salvini che ha letto con preoccupazione l’intervista-manifesto del governatore Luca Zaia; di nuovo Salvini “sconfitto” nel congresso leghista di Bergamo dove ha vinto l’outsider Fabrizio Sala e adesso preoccupato per tutti gli altri congressi che saranno celebrati tra dicembre e febbraio in vista del congresso nazionale la cui data non è stata ancora fissata; il segretario della Lega che stamani dovrà affrontare il gelo della vedova Maroni ai funerali dell’ex ministro dell’Interno e fondatore della Lega, quel Maroni che il 26 settembre, visti i risultati, ha firmato quello che è stato il suo ultimo atto politico chiedendo la testa del segretario sconfitto. Per non dire di Forza Italia, divisa ormai in due, forse tre: i dialoganti con l’inner circle di Giorgia Meloni; quelli che mal sopportano la situazione; chi è in attesa di capire se restare o andare altrove. Tutti gli ingredienti per trasformare la luna di miele in una guerra dei Roses.

C’è una miccia innescata con un timer sincronizzato sulle regionali della prossima primavera dove Lega e Forza Italia rischiano entrambe di diventare quasi residuali nella coalizione. La miccia sono i sondaggi che danno Fratelli d’Italia oltre il 30 per cento, 3-4 punti sopra in un mese, e Lega e Forza Italia tra il 6 e il 7 per cento, per qualcuno addirittura sotto il Terzo Polo. Salvini e Berlusconi sanno bene che devono invertire questa tendenza per evitare di diventare piccoli e insignificanti satelliti del “sistema Meloni”. Ma il tempo è poco. Le linee di frattura, invece, sono tante. Il decreto rave party, l’assalto alle navi delle ong, la crisi diplomatica con la Francia sono state mosse per lo più identitarie inutili e dannose funzionali a far crescere il consenso della premier. Sulla legge di bilancio Salvini e Berlusconi devono muoversi bene, alzare bandierine, portare a casa risultati e, soprattutto, saperli comunicare al proprio elettorato. Non facile in così poco tempo e cercando di non scalfire la facciata dell’alleanza “Mulino bianco”. Meloni ha sottolineato compiaciuta “di non aver visto egoismi di fronte ad una Manovra che può concedere poco”. Ma i singoli uffici stanno tutti affilando gli emendamenti.

Forza Italia vuole correggere la riforma del Reddito di cittadinanza così come illustrata nella Manovra perché “occorre muoversi con maggiore visione e rispetto per i poveri”, rischia di erodere consenso al Sud e ha messo il freno a mano sull’Autonomia. Le critiche del presidente della Regione Calabria Roberto Occhiuto hanno fatto saltare i nervi al ministro Roberto Calderoli (Lega) che intende invece andare avanti in tempi celeri. Sempre Forza Italia ha dovuto fare un passo indietro rispetto all’azzeramento dell’Iva su pane, latte e pasta e adesso reclama la titolarità sulla card alimentare perché abbia “più fondi e raggiunge più famiglie”. Insomma, chiede di alzare il budget delle misure perché 500 milioni sarebbero “pochi e insufficienti”. Sempre Forza Italia vuole sostanziare meglio altre due sue battaglie: l’innalzamento delle pensioni minime (in Manovra passano da 523 a 600, “troppo poco” dice Berlusconi) e il taglio delle tasse per chi assume gli under 36. Alla fine, dentro Forza Italia, si guarda con attenzione alla contromanovra presentata dal Terzo Polo con il Rei operativo subito al posto del Reddito e il taglio delle bollette reale e a monte archiviando la spesa del credito di imposta.

La Lega non è convinta sulle pensioni (Quota 103, che assorbe circa un milione di euro non basta) e sulla riduzione dello sconto sui carburanti (da 30 a 15 centesimi per litro). Vorrebbe più coraggio sulla rottamazione delle cartelle, punta al condono sul rientro dei capitali dall’estero (anche per fare cassa altrimenti le coperture non ci sono). Salvini si fa in quattro per comunicare che “da un mese ha girato in lungo e in largo l’Italia per sbloccare cantieri e miliardi”, dalla Tav alla Liguria, dall’Abruzzo alla Calabria. Che in manovra ha bloccato anche lo stop agli aumenti delle multe. E però il segretario della Lega ha dovuto subire martedì mattina la retrocessione ufficiale da Capitano a comprimario. Nella conferenza stampa post manovra, ha dovuto ascoltare in silenzio, senza ribattere, il ministro Giorgetti ripetere la parola “prudenza” abbinata a “coraggio politico” e sottolineare come “in tanti invocavano sforamenti di qua, sfondamenti di là, si aspettavano che facessimo un po’ di follie, mi dispiace non aver assecondato questo tipo di aspettative”. Peccato che il capofila del partito della spesa e dello sforamento di bilancio ce l’avesse accanto, tre sedie più in là, che ascoltava a testa bassa. E a testa bassa è andato via dalla conferenza stampa.

Per non parlare di Zaia. Che preoccupa Salvini per eventuali scalate alla segreteria del partito padano. E preoccupa anche Meloni costretta ad istituzionalizzarsi più in fretta che può per essere pronta a rintuzzare una eventuale scalata dei moderati interni con un nuovo leader (Zaia) e di forze centriste che potrebbero, coalizzandosi con pezzi Lega e Forza Italia, spingerla nell’angolo degli estremisti. Gli estremismi non governano le moderne democrazie. Lo ha capito anche Meloni. Sono tutte linee di frattura da monitorare con attenzione nei prossimi mesi. Seguendo il filo rosso degli emendamenti alla legge di bilancio. E del congresso della Lega. Per quanto abbia blindato il partito, Salvini ha visto con preoccupazione la vittoria a Bergamo dell’outsider Fabrizio Sala. Il congresso nazionale non è stato ancora fissato. Ma da ora in avanti ci sono i congressi regionali.

Oggi, dopo il funerale di Maroni, il segretario della Lega riunirà il Consiglio federale a Milano. E Umberto Bossi, che con Maroni aveva chiesto la verifica interna sul segretario dopo il 25 settembre, promette, seppure dall’ospedale dove è in osservazione, di stare “bene” e di voler essere presente alla prima riunione del “Comitato del Nord”. Una rifondazione della vecchia Lega con la benedizione del vecchio leone? Lo capiremo il 3 dicembre a Giovenzano, un piccolo comune in provincia di Pavia con una lunga storia di autonomia.

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Giornalista originaria di Firenze laureata in letteratura italiana con 110 e lode. Vent'anni a Repubblica, nove a L'Unità.