Il pessimismo a Washington, ma anche a Kiev, è ormai palpabile. Dopo 13 mesi di guerra di resistenza all’invasione delle truppe russe, il quadro del conflitto ucraino è cambiato. A scriverlo oggi è il Washington Post in una lunga analisi sullo stato della guerra in Ucraina dove si raccontano, in maniera cruda, i problemi sul campo.

A partire dalla forze a disposizione di Kiev e Mosca e delle perdite nel conflitto. Secondo le stime di “funzionari statunitensi ed europei” citati dal Post, fino a 120mila soldati ucraini sono stati uccisi o feriti dall’inizio dell’invasione della Russia, rispetto ai circa 200mila da parte russa. Ma il Cremlino può godere ovviamente su un esercito più numeroso e su una popolazione enormemente più vasta, un bacino da cui attingere per richiamare i coscritti da mandare sul fronte, anche come “carne da macello”.

Altro problema è la qualità dei soldati di Kiev, che mantiene anche con gli alleati occidentali il massimo riserbo sul numero effettivo delle vittime del conflitto. L’Ucraina, secondo l’analisi del quotidiano della capitale, ha bisogno di soldati esperti e di armi per progettare la controffensiva di primavera nella guerra con la Russia, la nuova fase del conflitto per tentare di respingere e riprendere i territori contesi dal 2014 col Cremlino di Putin, dal Donbass alla Crimea.

Cifre a parte – spiega il giornale statunitense – l’afflusso di coscritti inesperti, introdotti per colmare le perdite, ha modificato il profilo delle forze ucraine, che soffrono anche di una carenza di munizioni di base, dai proiettili di artiglieria alle bombe di mortaio, secondo il personale militare sul campo“.

Proprio l’incapacità attuale da parte dell’esercito ucraino starebbe alimentando da parte dei fedelissimi del presidente Volodymyr Zelensky nuove aspre critiche nei confronti degli Stati Uniti e dei loro alleati nella Nato, in particolare i paesi Europei, “per aver aspettato troppo a lungo, fino a quando le forze non si erano deteriorate, per approfondire i programmi di addestramento e fornire veicoli corazzati da combattimento, inclusi i carri armati Bradley e Leopard”.

Dall’altra parte della ‘cortina’ la situazione non è migliore. Il Washington Post ricorda infatti come durante una riunione della Nato il mese scorso, il ministro della Difesa britannico Ben Wallace abbia affermato che il 97% dell’esercito russo era già schierato in Ucraina e che Mosca stava subendo “livelli di logoramento da prima guerra mondiale“.

In questo quadro non farà piacere a Kiev la posizione che negli Stati Uniti stanno prendendo i due candidati più forti del Partito Repubblicano in vista delle elezioni del 2024. Detto di Donald Trump, che la scorsa settimana nella convention repubblica della Cpac aveva promesso che una volta tornato alla Casa Bianca avrebbe “messo fine alla guerra in Ucraina in un giorno, andrò d’accordo con Putin”, va registrata la posizione di Ron DeSantis.

Il governatore della Florida, secondo i media americani il principale candidato a sfidare l’ex presidente nelle primarie del GOP, ha infatti preso una posizione molto simile a quella di Trump, noto per la sua vicinanza al Cremlino. “Gli Stati Uniti hanno molti interessi nazionali a cui badare. E rimanere invischiati in una disputa territoriale tra Russia e Ucraina non è uno di loro”, ha chiarito infatti il più serio contendente per la leadership del partito, un messaggio che avrà fatto venire i brividi a Kiev in ottica futura.

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Romano di nascita ma trapiantato da sempre a Caserta, classe 1989. Appassionato di politica, sport e tecnologia