Trattativa tutt'altro che in discesa
Guerra in Ucraina, Trump sbatte la porta della Nato in faccia a Kiev e il Cremlino boccia l’idea dei peacekeepers Ue
Mentre ancora non è chiara l’idea di pace che ha in mente il tycoon, né quanto sia concreta la sua prospettiva di raggiungerla in poche settimane, una discussione è già partita: come mantenere questo fragile accordo

In Ucraina non si sa ancora quando e soprattutto se si potrà davvero parlare di pace. Donald Trump ieri ha confermato di lavorare affinché l’accordo tra Kiev e Mosca arrivi il prima possibile. Ha detto che Vladimir Putin dovrà fare delle concessioni, che cercherà di far guadagnare più territori possibile all’Ucraina. Ma il presidente Usa non ha dimenticato nemmeno gli interessi russi in questo conflitto. Uno in particolare, il fatto che l’Ucraina non potrà aderire alla Nato. “Scordatevelo” ha annunciato ieri The Donald, “perché probabilmente è l’origine per cui tutto questo è iniziato”.
Il negoziato è difficile. Volodymyr Zelensky, atteso a Washington, dovrebbe alla fine accettare il famigerato accordo sulle terre rare tanto caro al capo della Casa Bianca. Ma mentre ancora non è chiara l’idea di pace che ha in mente il tycoon né quanto sia concreta la sua prospettiva di raggiungerla in poche settimane, una discussione è già partita: quella su come mantenere questa eventuale pace. Trump ha chiarito anche ieri che “il peacekeeping è la parte molto facile” delle discussioni, confermando quindi il suo impegno per costituire una forza di interposizione in Ucraina (senza i “boots on the ground” Usa). Ma per The Donald deve essere quell’Ue (“nata per fregarci” ha detto il tycoon) a farsi carico delle garanzie di sicurezza di Kiev. Tanto che ieri, forse anche per premere ancora di più sui Paesi membri, Trump ha ribadito la volontà di imporre i dazi contro Bruxelles al 25%. E nelle cancellerie europee, quello che fino a poche settimane fa era solo un dibattito astratto, adesso rischia di diventare un tema non solo urgente, ma anche molto concreto.
Emmanuel Macron si è sempre detto possibilista e lo ha confermato anche durante l’incontro con lo stesso omologo Usa. Il premier britannico Keir Starmer, pronto al faccia a faccia di oggi con Trump, ha dato la disponibilità del proprio governo. Danimarca e Svezia hanno dato il loro benestare. Ma all’interno del Vecchio Continente le divergenze esistono (come sempre). Qualcuno sostiene la necessità di una missione di pace ma esclude l’invio dei propri soldati, come ha affermato anche il premier polacco Donald Tusk. Altri, tra cui l’Italia, preferiscono la cautela e sostengono la necessità di una missione sotto bandiera delle Nazioni Unite. Altri ancora, invece, come Irlanda e Spagna, hanno ribadito che è inutile parlare di un’operazione di peacekeeping quando ancora non si sa se effettivamente Vladimir Putin sarà disposto a cessare le ostilità.
I blocchi sono diversi. Ma se è chiaro che in qualsiasi missione sarà indispensabile il coinvolgimento di truppe europee, fondamentale ora è anche capire cosa potrebbe essere disposto ad accettare Putin. “Ci sarà bisogno di qualche forma di peacekeeping, troveremo qualcosa che va bene a tutti”, ha detto Trump. E vista l’attenzione riservata dal tycoon ai caveat di Mosca, è chiaro che quell’andare a bene a tutti significa che qualsiasi operazione debba andare bene alla Russia. Ieri, il ministro degli Esteri, Sergei Lavrov, ha ribadito che la Federazione “non può prendere in considerazione nessuna opzione” che riguardi forze europee schierate in Ucraina. “Macron ha parlato a Washington della necessità di un cessate il fuoco urgente, dell’introduzione di queste forze di mantenimento della pace, e poi, presumibilmente, parleremo di territori, del destino delle persone, di altri principi di insediamento. Questo è un inganno. Non si può andare per un accordo che mira a raggiungere un unico obiettivo: pompare di nuovo l’Ucraina di armi”, ha detto Lavrov. E come si possa convincere il Cremlino a desistere dalle posizioni più intransigenti è difficile da prevedere. Dal momento che Trump ha parlato di una missione che “vada bene a tutti”, non è da escludere che si inizi a ragionare sul coinvolgimento di Paesi meno ostili a Mosca. Magari sotto bandiera Onu come suggerito anche dal ministro degli Esteri Antonio Tajani.
In questo senso, Cina e Brasile potrebbero essere i primi indiziati, tanto che di questa ipotesi ne aveva parlato anche l’Economist, rivelando il pressing Usa a Monaco per convincere proprio i due governi. Ieri, il portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov, ha negato che nei colloqui tra Putin e Xi Jinping sia discusso anche dell’eventuale dispiegamento di militari cinesi nelle forze di peacekeeping. Ma lo stesso Peskov in questi giorni aveva ricordato la collaborazione di Mosca “con tutti i partecipanti della piattaforma Friends for Peace sull’Ucraina”. E dall’anno scorso, Brasile e Cina collaborano attivamente su questa base per una soluzione alla guerra.
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