La marcia Perugia-Assisi
I giornali italiani tifano per la guerra, e i pacifisti vengono oscurati
Non solo parole, hanno anche marciato, percorrendo i 24 chilometri della Perugia-Assisi. Un piccolo grande gesto che cinquantamila persone hanno voluto compiere per dare visibilità alle loro ragioni, quelle della pace. Ma sui giornali sono spariti o quasi, ridotti a qualche trafiletto (Repubblica) oppure distorti in una fotografia che cancella le motivazioni del pacifismo integrale (Corriere della sera). Nessun giornale, a parte Il Fatto quotidiano, ha fatto un richiamo in prima pagina. È accaduto altre volte che le manifestazioni dei movimenti, anche quando numerose o significative, venissero ignorate.
Ma questa volta, l’occultamento svela l’ipocrisia dell’establishment schierato non con il popolo ucraino, come vorrebbe far intendere, ma con le armi e con la guerra. Perché allora, se davvero tengono alla pace, non hanno dato spazio a chi, singoli, associazioni, sigle sindacali è impegnato, e non da oggi, a far valere nel mondo le parole legate alla fine dei conflitti, al disarmo, a favore dell’accoglienza di tutti i popoli? Non lo hanno fatto perché l’obiettivo non è la pace, ma è imporre le proprie ragioni, la propria visione di quello che sta accadendo e per fare questo hanno usato due tecniche: far passare per filo Putin tutti coloro che non credono nella retorica della guerra; nascondere o distorcere le ragioni dei pacifisti, servendosi anche di alcuni personaggi televisivi che meglio, anche loro malgrado, si prestano a questa distorsione.
La vigilia della Perugia-Assisi è stata caratterizzata non dal racconto di chi ci andava, dalla descrizione dell’appello, ma dalle polemiche sul manifesto che secondo alcuni metteva sullo stesso piano Putin e Zelensky. Sarebbe bastato leggere le parole con cui si è convocata la marcia per capire che non c’è e non c’era nessuna equidistanza. Eppure qualche giornalista si è sentito in dovere di offendere il popolo della pace, di apostrofarlo con parole pesantissime. Tra le migliaia che hanno marciato c’è il meglio dell’associazionismo cattolico e non, ci sono quelle persone che con il loro lavoro volontario fanno sì che l’Italia sia un paese più giusto, più democratico. E invece di dire loro grazie, qualche giornalista con l’elmetto in testa si è sentito in dovere di offenderli, denigrarli. Era già successo qualche settimana fa, quando la parole del Papa sono sparite dai media italiani. Parlava del rischio della guerra, di quel baratro che da settimane guardiamo tutti spaventati che possa portarci a una situazione di non ritorno. Ieri si è ignorato questo monito, oggi si occultano le donne e gli uomini che guardano a Francesco come l’unico leader mondiale capace di parlare il linguaggio della pace e della diplomazia. Ma pace e diplomazia sono state bandite, si preferisce parlare di vittoria, patria, codardia per tutti coloro che non si riconoscono nella retorica guerrafondaia.
Nell’ultimo mese sono usciti meno articoli su papa Francesco che sul professore Alessandro Orsini o sul capo dell’Anpi, Gianfranco Pagliarulo. Sono due figure che, non tanto per quello che dicono, ma per come lo dicono, si sono fatti facilmente ingabbiare nella parte del cattivo, di chi dice enormità contro cui ci si può facilmente schierare. Vengono però citati o chiamati in tv perché sono funzionali al discorso. La logica è quella della contrapposizione netta delle posizioni, della polarizzazione del discorso, del bene e del male. “O sei con me, o sei contro di me”, professato con una violenza inaudita. Mai come questa volta vediamo la ricaduta pesante di anni di dibattiti televisivi dove vince chi urla di più e di una comunicazione social dove chi ragiona viene ignorato e chi invece urla ottiene più successo. Lo sapevamo che era così, che eravamo diventati così. Ma oggi è ancora più grave, perché stiamo parlando di un popolo che viene bombardato e muore, stiamo parlando del futuro del mondo, del nostro futuro.
Chi osa muovere obiezioni rispetto al mainstream viene però stigmatizzato, criticato, messo alla gogna. Sono tante le persone che per questo hanno deciso di stare zitte, di non partecipare a una discussione che li vedrebbe perdenti. Eppure ci sono, andrebbero invitate ai dibattiti, fatte parlare, gli andrebbe consentito di spiegare le proprie ragioni. Sono i tanti e le tante che erano domenica alla marcia Perugia-Assisi. Invitate anche loro in tv, fateli parlare, fatevi raccontare quale è il loro punto di vista. Non solo renderebbero il dibattito meno militarizzato ma ne avremmo tutti un grande beneficio: costruire la pace è l’unica vera chance che abbiamo.
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