Stanchi, delusi e poco remunerati. Sono i medici e gli infermieri, gli eroi durante la prima ondata di Covid, elogiati, premiati e dimenticati. Per loro nulla di concreto è stato fatto. Ora è arrivata la quarta ondata e con lei tutte le difficoltà legate a un sistema sanitario che non funziona. In Campania la chiamata alle armi da parte degli ospedali si sta rivelando un fallimento, al Policlinico II di Napoli sono moltissimi i giovani sanitari che rifiutano di scendere in campo, o meglio in corsia. Il contratto proposto dalle aziende ospedaliere scadrebbe il 31 marzo, lo stipendio non è adeguato e i turni e le condizioni di lavoro sono massacranti.

Così c’è l’emergenza nell’emergenza, alla carenza cronica di personale si aggiunge la carenza dovuta a chi rifiuta di fare il medico a queste condizioni. «La carenza di medici era preesistente all’emergenza Covid dovuta all’assenza di programmazione delle esigenze dei territori, si è acuita e polarizzata con il Covid -spiega Pierino Di Silverio, responsabile Nazionale del Settore Anaao Giovani dell’Anaao Assomed -Già due anni fa abbiamo insistito affinché si potesse trovare una soluzione immediata all’esigenza di medici coinvolgendo gli specializzandi attraverso contratti di collaborazione coordinata e continuativa (Co.Co.Co.) negli ospedali. Il problema – continua- è che purtroppo in questi due anni nonostante un piano di ripresa e resilienza che ha stanziato 20 miliardi di euro per la sanità, di questi solo due sono andati ai servizi ospedalieri. Se non si investe economicamente e in termini qualitativi, il problema dei medici non lo risolveremo mai e nel frattempo ogni anno perdiamo 1.500 dottori che decidono di andare a lavorare all’estero. In medicina d’urgenza sono state rifiutate più di 150 borse».

E così i medici rinunciano a svolgere la propria professione. «Oggi un medico che ha prestato servizio durante l’emergenza Covid, ovviamente dopo pretende di essere stabilizzato – commenta Di Silverio – i medici rifiutano la chiamata degli ospedali perché c’è una stanchezza enorme in tutti gli operatori sanitari, perché – continua – le condizioni sono drammatiche. Oltre alla stanchezza, subentra un’assenza di prospettiva verso il sistema sanitario che non investe più». Senza contare gli errori commessi nel tentativo di reclutare nuove figure mediche, come ci ha chiesto di fare l’Europa. «Quattro anni fa è stata individuata la nuova figura del medico di pronto soccorso: medico di emergenza – spiega Di Silverio – Il Governo prima ha inserito la nuova figura e poi senza neanche sapere quanti ne servissero, ha cominciato a mettere a disposizione dei posti di specializzazioni iniqui rispetto alle esigenze: a fronte di una richiesta di 4.500 medici di pronto soccorso, sono stati formati ogni anno 900».

Senza contare che il Covid non ha cancellato tutte le altre patologie. «Oggi l’80% degli interventi chirurgici salta, ma prima o poi andranno fatti e sarà il caos. Nel frattempo gli ospedali si stanno riempendo e i medici non ci sono. Bisogna intervenire subito – conclude Di Silverio – partendo innanzitutto dalla medicina territoriale, creando una rete efficiente tra territorio e ospedali». Proprio da lì arriva un grido d’aiuto. «Continuano le grandi difficoltà in Campania, nell’attuale fase della pandemia, per i medici di famiglia, con una forte pressione ed altissimi ritmi di lavoro». A lanciare l’allarme è Luigi De Lucia, segretario regionale della Campania del Sindacato Medici Italiani, che evidenzia come queste difficoltà «sono dovute non solo alla gravità della pandemia, ma anche a causa dei pesanti ritardi e disfunzioni delle strutture sanitarie regionali. Viene riscontrato, infatti, sempre più uno scollamento con le Asl nella redazione degli attestati di inizio e fine isolamento, nel blocco e ripristino dei green pass e nella esecuzione dei tamponi di fine quarantena».

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Giornalista napoletana, classe 1992. Vive tra Napoli e Roma, si occupa di politica e giustizia con lo sguardo di chi crede che il garantismo sia il principio principe.