Una doppia inchiesta che punta i riflettori sui rapporti tra la Lega di Matteo Salvini e la Russia di Vladimir Putin. La vicinanza tra il Carroccio e lo Zar è cosa nota, tra le visite del suo segretario Matteo Salvini a Mosca, l’accordo politico firmato nel 2017 con Russia Unita (il partito di Putin) o il caso di Gianluca Savoini, finito al centro di una serie di inchieste giornalistiche (indagato anche dalla procura di Milano, ndr) per un presunto coinvolgimento in una trattiva commerciale tra aziende russe e italiane che avrebbe portato a finanziamenti illeciti al partito.

Ora a tirare nuovamente in ballo la questione sono due inchieste pubblicate da La Stampa e L’Espresso, che raccontano dei presunti rapporti tra Lega e Mosca: in particolare il partito di Salvini avrebbe seguito le direttive del Cremlino dopo l’invasione della Crimea nel 2014.

La questione riguarda una interrogazione parlamentare presentata dal Carroccio per chiedere la sospensione delle sanzioni contro la Russia varate dal Governo dopo l’annessione della Crimea. Secondo l’articolo de L’Espresso, basato su documenti ottenuti dal quotidiano tedesco Suddeutsche Zeitung e condivisi con altri giornali europei, il testo dell’interrogazione sarebbe stato scritto da una collaboratrice dell’oligarca Konstantin Malofeev, vicinissimo a Putin e sanzionato da UE e Stati Uniti per il suo coinvolgimento nell’annessione russa della Crimea.

Il documento è datato 9 giugno 2016 ed ha in calce c’è una cifra: 20mila euro. In Senato il 27 giugno dello stesso anno il senatore leghista Paolo Tosato deposita la risoluzione 6-00189 in cui chiede al governo, all’epoca presieduto da Paolo Gentiloni, di “attivarsi in tutte le sedi competenti, ed in particolare presso il Consiglio europeo, affinché vengano immediatamente sanciti il termine e la revoca di ogni sanzione nei confronti della Federazione Russa, evitando ogni ulteriore proroga, nell’interesse dell’Italia, dell’Europa e dell’intera comunità internazionale”.

L’interrogazione del Carroccio chiede di attivarsi per “affrontare la questione della Crimea e del Donbass con equilibrio, nel rispetto delle regole del diritto internazionale e della volontà democratica dei popoli e delle nazioni”.

Carroccio che ha definito “inaccettabili falsità contro la Lega” l’articolo de L’Espresso. “A differenza di chi, per anni, ha diffuso come supplemento mensile “Russia Oggi”, il senatore Paolo Tosato non ha mai preso un centesimo da Mosca né ha mai assecondato richieste del Cremlino. Il senatore Tosato – che non è mai stato in Russia in vita sua – aveva presentato una interrogazione al governo, cioé una semplice domanda, con l’obiettivo di ricevere rassicurazioni sulle esportazioni italiane (e in particolare del suo Veneto) verso Est. Anche per questi motivi, sia il senatore che la Lega hanno dato mandato ai legali di difendere la propria onorabilità. Tosato e la Lega chiederanno un milione di risarcimento danni a testa: la cifra sarà interamente devoluta agli orfani di guerra ucraini“, è la nota della Lega sulla vicenda.

Altra inchiesta che farebbe emergere ancora una volta i rapporti privilegiati tra il regime di Mosca e il Carroccio arriva da La Stampa. L’articolo di Jacopo Iacoboni cita come fonte una serie di documenti ottenuti dal Dossier-Center di Mikhail Khodorkovsky, ex oligarca rifugiatosi a Londra, oggi acerrimo nemico di Putin.

Il ruolo chiave in questo caso è quello di Mikhail Yakushev, direttore di Tsargrad, l’organizzazione presieduta dall’oligarca Malofeev. “Lo scorso novembre, durante la visita di lavoro di Matteo (Salvini, ndr) a Mosca, il mio capo ha organizzato con lui un incontro privato, affittando una stanza allo stesso piano dell’hotel Lotte per evitare che la stampa occidentale si accorgesse dell’incontro”, scrive Yakushev in un documento Word che si è inviato via email il 18 giugno 2019.

Nello stesso documento Yakushev esprime preoccupazione per il fatto che “la situazione fosse drasticamente peggiorata” e “ora non possiamo continuare ad avere contatti con Matteo”. Contatti che erano tenuti tramite Savoini, che però avevaperso il libero accesso al suo capo. Savoni che secondo Yakushev era “sotto l’occhio vigile dei servizi segreti” e per questo studiava un metodo che restare in contatto col leader della Lega senza più usare il ‘consigliere’ come tramite.

 

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Napoletano, classe 1987, laureato in Lettere: vive di politica e basket.