Lo stile vagamente british dei primi giorni di campagna elettorale è ufficialmente archiviato. E così, dopo che il Tar ha confermato la bocciatura di quattro liste che sostengono la sua candidatura a sindaco, Catello Maresca rispolvera l’irruenza del pm d’assalto e si scaglia contro il suo avversario numero uno: «Gaetano Manfredi – dice dal palco del Teatro Troisi di Fuorigrotta – è una minaccia per la città».

Parole forti, quasi senza precedenti, con le quali il magistrato prova a nascondere il dato più evidente che emerge dal pasticcio delle liste: la crisi del centrodestra napoletano, ormai privo di una leadership riconosciuta e di una classe dirigente capace di affermare una visione di città. Dopo essersi scagliato contro il Tar, definendo il provvedimento con cui sono state escluse le liste «una scandalosa decisione politica», ieri Maresca ha corretto il tiro: «Per noi i nemici non sono i giudici, ma Manfredi che sta raccogliendo tutta la generazione politica che ci ha allietato negli ultimi dieci anni». Di qui l’attacco a «Demanfredis», cioè a quell’«organismo geneticamente modificato» che nasce dalla migrazione della nomenclatura del sindaco Luigi de Magistris verso la coalizione di centrosinistra e che rappresenta «una minaccia per la città».

Le dichiarazioni di Maresca hanno immancabilmente scatenato le reazioni degli avversari, dal segretario metropolitano dem Marco Sarracino alla referente cittadina dei renziani Graziella Pagano, che hanno accusato il pm di voler trasformare la campagna elettorale in una rissa. In realtà, l’attacco scomposto che Maresca ha rivolto a Manfredi risponde a un diverso obiettivo: tenere insieme una coalizione che già era divisa al proprio interno, che la bocciatura delle liste da parte del Tar ha definitivamente mandato in frantumi e che sconta la crisi del centrodestra locale. Le dichiarazioni di esponenti politici liberali come Giuliano Urbani o di ex missini come Mario Landolfi, che si sono detti disposti a votare per Antonio Bassolino, suonano infatti come un campanello d’allarme per il pm che, senza due liste civiche e quella della Lega, vede allontanarsi anche l’obiettivo del ballottaggio. E altrettanto allarmante è la spaccatura tra Forza Italia, da una parte, e Lega e Fratelli d’Italia, dall’altra, con la prima accusata dalle altre due di non aver rispettato gli accordi per le candidature alla presidenza delle Municipalità.

Certo è che Maresca sconta la lunga crisi del centrodestra napoletano al quale sembra mancare tutto: un leader riconosciuto, una classe dirigente degna di questo nome, la capacità di elaborazione culturale e persino le competenze tecniche indispensabili per presentare le liste elettorali senza fare figuracce. «Il venir meno di una personalità carismatica come Nicola Cosentino, in grado di trattare con tutti e di collaborare proficuamente anche con gli ex An, ha spianato la strada a una serie di “raccoglitori di preferenze” in perenne competizione tra loro – spiega un parlamentare della destra – E poi manca uno sforzo culturale senza il quale è impossibile immaginare la Napoli del domani e lavorare per realizzarla».

La crisi, però, è legata al venir meno non solo di figure carismatiche come Cosentino, ma anche di “burocrati” in grado di verificare il rispetto delle norme di legge. Il papocchio degli elenchi dei candidati nella coalizione  di Maresca ha fatto avvertire a molti la mancanza di Antonio De Marco, ex consigliere provinciale di Napoli considerato la “Cassazione delle liste”, e di Vincenzo Nespoli, unanimemente riconosciuto come uno dei massimi esperti di sistemi elettorali. «Con gente del genere in squadra – conclude il parlamentare della destra – certi errori non sarebbero mai stati commessi. La verità è che, un tempo, fare politica significava innanzitutto fare formazione, cioè strutturarsi culturalmente attraverso il confronto con intellettuali e leader di partito, e poi seguire un lungo cursus honorum. Oggi non è più così, tutti si improvvisano. E i risultati sono quelli che si vedono oggi a Napoli».

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Classe 1987, giornalista professionista, ha cominciato a collaborare con diverse testate giornalistiche quando ancora era iscritto alla facoltà di Giurisprudenza dell'università Federico II di Napoli dove si è successivamente laureato. Per undici anni corrispondente del Mattino dalla penisola sorrentina, ha lavorato anche come addetto stampa e social media manager prima di cominciare, nel 2019, la sua esperienza al Riformista.