Napoli è dove non ci si annoia mai. Tantomeno sotto elezioni. Capita così che a meno di un mese dal voto, quattro liste a sostegno del candidato di centrodestra, il magistrato Catello Maresca, finiscano ricusate per errori formali. Firme, documenti, modalità di presentazione sbagliate. Errori dovuti all’inesperienza ma anche alle troppe divisioni tra i moderati. L’ultima riunione di Fratelli d’Italia a Napoli si è trasformata in una scazzottata, ma ad uscirne pesto è tutto lo schieramento.

«Grande confusione sotto il cielo di Napoli»: Michele Pignata, l’avvocato a capo della ramificata associazione civica “Cittadini per Napoli”, la dipinge così. Regna il caos, parlano i numeri: secondo i sondaggi il candidato di Pd e M5S, l’ex ministro Gaetano Manfredi, rimane in testa ma il danno subìto da Maresca potrebbe rivoluzionare tutto il quadro. È il sondaggista Antonio Noto a dettagliarlo: «Quattro liste in meno pesano parecchio, stravolgono gli assetti». Una era il mascheramento della Lega, Prima Napoli. Altre due erano le liste civiche in cui stavano dentro imprenditori, grandi elettori di riferimento di Forza Italia. Infine c’era una lista animalista, minore. Ma nell’insieme il centrodestra «perde tra il 10 e il 12% dei consensi, dimezzandosi», certifica Noto. Morale della favola, Maresca arriverebbe terzo. Profilando così un risultato escluso fino a ieri: Antonio Bassolino potrebbe adesso avere il consenso per sfidare Gaetano Manfredi al secondo turno. «E messi face-to-face, nei confronti pubblici, l’esito potrebbe riservare sorprese, forse addirittura ribaltare le posizioni iniziali», si spinge Noto.

Su tutt’Italia il vento che soffia non veleggia verso destra. La “congiura per farci vincere”, denunciata a suo tempo dai principali avversari del centrodestra a Roma, sembra ancora in piedi. Nella capitale Enrico Michetti, entrato Papa, potrebbe uscirne Cardinale. Ha inanellato una serie di errori (di comunicazione, di organizzazione, di leggerezza nei nomi in lista) e non sembra convincere più neanche gli elettori moderati. Un simpatizzante di Forza Italia su due, nella capitale, dichiara di votare Carlo Calenda; il leader di Azione – in tandem con Italia Viva – guadagna più in simpatia che in consensi. I sondaggi lo vedono al 19%, a una incollatura da Virginia Raggi che arriverebbe al 21%. A sfidarsi al ballottaggio saranno dunque Michetti e il dem Roberto Gualtieri. Il primo però avrà plafonato, con il previsto 36%. Al secondo basterà sommare ai voti del Pd quelli anche solo di una parte del M5S e di Calenda per essere proclamato nuovo sindaco di Roma.

A Milano il centrodestra rimane in affanno. Dopo aver rinunciato a nomi autorevoli – Simone Crolla, potente Managing Director di American Chamber of Commerce, e un autorevole comunicatore come Roberto Rasia dal Polo – ha deciso di puntare sulla più controversa candidatura del pediatra Luca Bernardo, che secondo i dati previsionali di Opinio Italia sarebbe dietro a Beppe Sala di almeno sei punti percentuali. Gli istituti di sondaggistica sono tutti al lavoro ma i dati pubblici scarseggiano: la committenza dei partiti esige discrezione, ciascuno li commissiona e li acquista per sé, per capire come gira il vento e come è meglio comportarsi. Certamente assegnano il vantaggio del centrodestra a Torino (con Paolo Damilano), a Trieste (con la riconferma dell’uscente, Roberto Di Piazza) e alle regionali in Calabria, tanto che i leader del centrodestra si stanno organizzando per chiudere i comizi elettorali dove conviene. Salvini lo ha comunicato ieri: «Si vota in 1200 comuni ma io sarò in Calabria per chiudere questa tornata amministrativa». Il candidato governatore del centrodestra, Occhiuto, avrebbe venti punti di vantaggio sul centrosinistra. Pochi brividi dalle urne di Bologna, dove Matteo Lepore, candidato del centrosinistra, traguarderebbe lo scranno di primo cittadino già al primo turno: nelle rilevazioni è già al 60% anche se gli indecisi rimangono numerosi.

La ventata di novità passa dunque per Napoli e Roma, dove l’impasse dei partiti del centrodestra tradizionale potrebbe dare spazio a nuovi soggetti – Italexit di Paragone, il Partito Liberale Europeo – e dove Bassolino potrebbe dare vita a un inedito derby a sinistra contro Manfredi. «La novità c’è ed è un paradosso: Bassolino sta in piazza, riaccende il colore dei comizi e incontra la gente, sta facendo riscoprire la politica», ci dice ancora Antonio Noto. Manfredi scalda poco, l’altro ieri al confronto pubblico organizzato da Il Mattino non s’è nemmeno presentato. Il Movimento non fa più presa. Di Maio non sposta voti. «E la conflittualità altissima che registriamo nei flussi già da luglio indica che perfino dal centrodestra potrebbe arrivare un sostegno a Bassolino».

Nientedimeno? Giuliano Urbani, fondatore di Forza Italia residente a Napoli per amore, ha già dichiarato che voterà l’ex sindaco. Alessandra Mussolini si è spinta oltre: «Con Antonio ballerei un tango scatenato». Per ora a non ballare sono i Cinque Stelle. Deboli ovunque, assenti in numerose città, non partecipano alle suppletive né a Roma né a Siena, da dove si è chiamato fuori lo stesso Giuseppe Conte. Fuori da tutti i ballottaggi, il loro voto stimato nelle città è davvero basso. Se fosse spalmato sui 1200 comuni dove si vota, si deduce dalla somma dei sondaggi, non andrebbero oltre il tre per cento. Vada come vada, dopo le amministrative si apre un’altra storia.

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Ph.D. in Dottrine politiche, ha iniziato a scrivere per il Riformista nel 2003. Scrive di attualità e politica con interviste e inchieste.