«Napoli è in buona parte “scassata”. Bisogna ripararla, risanare le ferite sociali e rilanciare il ruolo della città»: ecco l’agenda di Antonio Bassolino che punta a tornare alla guida del Comune. Un programma basato su tre R, dunque, ma soprattutto improntato al dialogo con gli altri livelli istituzionali e a un radicale riassetto dei servizi pubblici. Riparare, risanare e riqualificare Napoli sono gli obiettivi principali della sua agenda: come intende realizzarli?

«Per fare tutto questo è importante risolvere la questione del bilancio e riorganizzare la macchina comunale partendo dal personale. Quanto al bilancio, occorre un tavolo nazionale con il Governo al quale dovrà partecipare anche l’Anci perché le difficoltà finanziarie riguardano molti Comuni, non solo Napoli. Per risanare il bilancio e metterlo in sicurezza è essenziale una cabina di regia nazionale che includa il Ministero dell’Interno e quello dell’Economia. Poi bisogna occuparsi del personale che è importante quanto il bilancio. Bisogna immettere nella macchina comunale profili competenti, altrimenti perderemo la più grande occasione che abbiamo di fronte. Mi riferisco alle risorse previste dal Piano nazionale di ripresa e resilienza che vanno utilizzate, spese bene e rendicontate: per centrare questi obiettivi il Comune deve avere una struttura adeguata. Ecco perché, nei primi cento giorni di mandato, il sindaco dovrà promuovere una conferenza volta alla riorganizzazione e alla ridefinizione dei compiti del Comune. In caso contrario, il rischio è di avere molte risorse senza però essere in grado di utilizzarle. La grande sfida è questa: spendere le risorse europee entro i prossimi cinque anni. Perciò dico che il primo cittadino che sarà eletto a ottobre dovrà fronteggiare tanti problemi ma, sfruttando le potenzialità di Napoli e creando il giusto clima, potrà ricostruire la città».

Il trasporto pubblico è ormai ridotto ai minimi termini. Quale strategia ha in mente su questo fronte?
«Bisogna guardare al tema della riorganizzazione dei trasporti con una visione nuova che in gran parte dev’essere segnata dalla Città Metropolitana. In questo modo cambierebbe il rapporto tra centro e periferie perché queste ultime sono il punto estremo della città, all’interno del territorio comunale, ma sono anche le cerniere tra il centro e l’enorme area metropolitana di Napoli. C’è bisogno di una nuova azienda unica dei trasporti su gomma e su ferro, di biglietti e abbonamenti unici validi su tutto il territorio metropolitano».

C’è un altro tema spinoso: la manutenzione della città che da anni si sgretola sotto gli occhi di tutti.
«Questa è la priorità assoluta e mi riferisco proprio a certe dinamiche quando parlo di città “scassata”. Quando ero sindaco, al Comune di Napoli c’era una struttura che si chiamava quarta tabella: una squadra speciale che interveniva all’occorrenza. Immagino una struttura simile perché la manutenzione della città è il primo obiettivo che dobbiamo centrare. La prima cosa da fare è riparare le buche, le strade e i marciapiedi dissestati, mettere in sicurezza gli alberi. Molto importante è avere un’unità operativa di coordinamento e di controllo di gestione a cui faccia capo tutto: dall’individuazione del dissesto stradale fino alla soluzione del problema».

L’Europa ci chiede anche di accelerare sulla digitalizzazione: Napoli è pronta in questo senso?
«Per quanto riguarda la digitalizzazione, Napoli è all’undicesimo posto su quattordici Città Metropolitane, il che ricade sui cittadini che per ottenere un certificato di residenza devono attendere anche un anno. Questo episodio mi è stato raccontato da un napoletano che ho incontrato di persona: siamo nel 2021, non è possibile che si verifichino simili ritardi e disfunzioni. Ecco, dunque, la sfida della digitalizzazione».

Come immagina Napoli tra cinque o dieci anni?
«Immagino una città aperta al mondo perché Napoli non può chiudersi in se stessa. Una città aperta alle tecnologie, sempre più moderna, solidale, che rilanci un welfare nazionale e locale. Una città che abbia nella cultura la sua risorsa principale, a partire dal centro storico che non può ridursi a una friggitoria a cielo aperto ma deve trasformarsi in un museo a cielo aperto. Per far sì che questo disegno si realizzi, però, serve collaborazione tra Comune, Regione e Governo. Questa è la sfida e per portarla avanti serve una grande squadra di governo. Mi riferisco non solo al sindaco e agli assessori: penso a una squadra allargata, formata da un centinaio di napoletani che vivono in città o che si trovano all’estero e desiderano tornare qui per lavorare. Il sindaco deve dialogare con i dirigenti del Comune, con i vertici delle aziende più importanti, con le associazioni culturali».

Prefettura e Procura generale della Repubblica chiedono ai candidati sindaci di presentare liste pulite: lei che ne pensa?
«È dovere di ogni candidato sindaco e di ogni forza politica avere liste trasparenti. Ed è interesse della città avere liste qualificate, composte da persone competenti e che abbiano un rapporto costante con la città. Questa è la strada sulla quale dobbiamo muoverci per avere un Consiglio comunale in grado di affrontare le grandi sfide che ci attendono. Soprattutto dovrà esserci ciò che è mancato in questi anni: una vera maggioranza e una vera opposizione».

In caso di sconfitta, dunque, resterebbe in Consiglio comunale a fare opposizione?
«Mi sono candidato e combatto per fare il sindaco. Se non dovessi farcela, però, resterò in Consiglio comunale e farò fino in fondo il mio dovere verso la città».

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Giornalista napoletana, classe 1992. Vive tra Napoli e Roma, si occupa di politica e giustizia con lo sguardo di chi crede che il garantismo sia il principio principe.