La pausa estiva per i candidati sindaci è finita. Antonio Bassolino è rientrato dal suo buen retiro dolomitico e ieri mattina ha ripreso a battere Napoli palmo a palmo – anzi «passo dopo passo», come ama dire – per incontrare alleati ed elettori. Stesso discorso per Catello Maresca, Alessandra Clemente e Gaetano Manfredi che, seppure dalle spiagge di Ischia o del Cilento, sono di nuovo in campo. Ora che gli aspiranti primi cittadini sono rientrati almeno mentalmente dalle vacanze, però, è bene che lo faccia anche la politica. Ed è in questa prospettiva che il Riformista rivolge tre proposte a quanti puntano alla guida di Palazzo San Giacomo.

La prima: bisogna chiarire il contenuto dettagliato dei programmi. È vero, il termine per presentarli scadrà il 4 settembre, quindi il tempo non manca. Ma le strategie per ricostruire una città devastata da dieci anni di demagogia e dal Covid non possono essere derubricate a mero adempimento formale. È necessario che i candidati chiariscano come intendono risanare il bilancio, migliorare i servizi e garantire la vivibilità di Napoli. Ed è altrettanto necessario che lo facciano senza limitarsi agli annunci-spot o ai soliti post sui social network. Servono numeri, dossier e dettagli per consentire agli elettori di valutare consapevolmente la credibilità di ciascun candidato e l’attendibilità delle varie “ricette”. Perché in gioco non c’è il primato dei “like” o delle condivisioni su Facebook, ma il futuro della terza città d’Italia.

La prima proposta implica necessariamente una seconda. E cioè che i candidati si confrontino pubblicamente sui programmi. A Roma è successo: Carlo Calenda, Roberto Gualtieri, Enrico Michetti e la sindaca uscente Virginia Raggi si sono sfidati su trasporti, decentramento amministrativo, composizione della prossima giunta comunale e su altri argomenti strategici. A Napoli, invece, i candidati duellano a mezzo stampa o a mezzo social e spesso su temi, come le tendenze calcistiche di Manfredi o il (presunto) ritocco delle fotografie di Clemente, che non dovrebbero nemmeno entrare in un dibattito politico maturo.

Il terzo invito è quello a fare chiarezza sulle alleanze. Che cosa tiene insieme deluchiani e grillini nella coalizione di Manfredi? Come commenta, l’ex ministro dell’Università, la svolta nordista del “suo” premier Giuseppe Conte che ha rispolverato la teoria di “Milano locomotiva d’Italia”? E come sono cambiati i rapporti tra i candidati e il civismo? Lo ritengono ancora un valore oppure ne hanno percepito il carico di ambiguità, ora che l’ex missino Vincenzo Moretto cerca paradossalmente un posto in una lista di centrosinistra e formazioni come Essere Napoli dichiarano di voler sostenere candidati appartenenti a coalizioni diverse al Comune e nelle Municipalità?

Su tutti questi aspetti sarebbe il caso che gli aspiranti inquilini di Palazzo San Giacomo facessero chiarezza al più presto e con due obiettivi. Il primo: rendere la campagna elettorale quanto più trasparente possibile, mettendo gli elettori in condizione di compiere una scelta consapevole all’interno della cabina elettorale. Il secondo: alzare il livello di un dibattito pubblico che per dieci anni è stato banalizzato dalla retorica di Luigi de Magistris e che adesso appare ancora troppo asfittico e superficiale per una città come Napoli che, invece, ha bisogno di ritrovare ampiezza di discussione e profondità di vedute.

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Classe 1987, giornalista professionista, ha cominciato a collaborare con diverse testate giornalistiche quando ancora era iscritto alla facoltà di Giurisprudenza dell'università Federico II di Napoli dove si è successivamente laureato. Per undici anni corrispondente del Mattino dalla penisola sorrentina, ha lavorato anche come addetto stampa e social media manager prima di cominciare, nel 2019, la sua esperienza al Riformista.