Se il centrosinistra “piange” in cerca di autore tra primarie flop, alleanze che non decollano e candidati giubilati (ad esempio in Calabria), il centrodestra certo non ride. Anche ieri c’è stato l’ennesimo buco nell’acqua sui candidati sindaco per Milano e Bologna e la frenata su Napoli dove il magistrato anticamorra Catello Maresca, in realtà già in campagna elettorale, non ha però ancora avuto la bollinatura dei vertici del centrodestra.

L’unica casella che si riempie è quella della regione Calabria dove viene ufficializzato Roberto Occhiuto in ticket però con Nino Spirlì, l’attuale reggente che in questi dieci mesi non facili di supplenza ha conquistato il cuore di Matteo Salvini. Il tutto mentre Silvio Berlusconi rilancia sul partito unico del centrodestra che però ha l’aria di essere un gioco di prestigio per alzare il prezzo e rinviare anche la federazione con Berlusconi presidente e Salvini segretario. Ieri pomeriggio c’è stato l’ennesimo vertice, da un mese e mezzo ce n’è uno a settimana, da cui dovevano uscire i nomi per Milano, Bologna, Napoli e per la regione Calabria. Un’ora di riunione negli uffici della Lega alla Camera e alla fine è uscita una fumata grigia.

Via libera ufficiale per Roberto Occhiuto in Calabria dopo il curioso stop and go dei giorni scorsi quando il capogruppo di Forza Italia alla Camera ha ufficializzato la sua candidatura con un comizio a Vibo Valentia. Comizio freddato da un comunicato delle sorelle di Jole Santelli, la governatrice tragicamente scomparsa a ottobre dopo appena otto mesi alla guida della Regione. A quel punto i dirigenti del centrodestra hanno preferito prendere ancora tempo per arrivare dove sono poi arrivati ieri. Il ticket con Spirlì ha il sapore infatti non del commissariamento di Occhiuto ma della bandiera leghista issata accanto a quella di Forza Italia. Quella parte di Forza Italia, però, che vuole mantenere le distanze dalla Lega di Salvini, né federazione né partito unico. Insomma, più che un ticket, due potenziali duellanti si avviano a governare la Calabria. Dove il centrosinistra ha giubilato il candidato del Pd Irto perché Conte preferisce un “civico” e una “donna”. I malumori sono tanti. La soluzione ancora non si vede. Vista oggi, la partita calabrese sembra già vinta dai duellanti Occhiuto-Spirlì.

Risolta in questo modo la casella Calabria, il vertice di ieri ha prodotto l’ennesimo rinvio sui sindaci delle tre grandi città Milano, Bologna e Napoli. L’unica certezza è che saranno ovunque “civici”. Nessun candidato politico. Una scelta che si presta a molte letture. Una di quelle che va per la maggiore è che nessuno dei partiti vuole rischiare il logoramento. Di mettere la faccia in una sfida – la guida di una grande città – che porta con sé il rischio della figuraccia. E se va male anche quello di un’inchiesta giudiziaria. Tutte cose che potrebbero sporcare la campagna elettorale per le politiche (del 2022 o del 2023) che il centrodestra considera già vinte.

Nel capoluogo campano si tratta di una formalità visto che Maresca è di fatto già in campagna elettorale contro il candidato del centrosinistra Gaetano Manfredi. Il centrodestra punta sulla conquista di Torino (anche l’imprenditore Damilano è in campo da tempo) e Roma dove mr Wolf Michetti, uomo scelto da Meloni, se la vedrà col vincitore delle primarie di domenica. Cioè l’ex ministro Roberto Gualtieri. Su Bologna e Milano è quasi scontata la sconfitta. Che però deve essere onorata con buone prestazioni. Escono così di scena Maurizio Lupi a Milano (il leader di Noi con l’Italia ieri non era alla riunione per via di un piccolo incidente) e il giornalista Andrea Cangini a Bologna, il direttore del Quotidiano nazionale che Berlusconi volle portare con sé al Senato nel 2018.

«Servono ulteriori approfondimenti» hanno detto ieri Salvini e Meloni lasciando il palazzo dei Gruppi. In realtà vogliono prima capire cosa succede con le primarie del centrosinistra che domenica decideranno il candidato a Roma e a Bologna. Se le consultazioni nella Capitale sono “scontate” con la vittoria di Gualtieri, a Bologna c’è la grande sfida tra Matteo Lepore, il candidato del Pd, che guarda ai 5 Stelle e alle Sardine, e Isabella Conti la sindaca “riformista” di San Lazzaro di Savena, lanciata da Matteo Renzi ma costretta a lasciare le cariche di IV per evitare etichette e handicap nelle primarie. Una fetta di città progressista e riformista guarda a lei. Un voto che deciderà il perimetro della coalizione di centrosinistra. E il cui esito il centrodestra vuole aspettare per la scelta finale. Si parla di una terna: uscito di scena il senatore Cangini, restano Fabio Battistini, Roberto Mugavero e Ilaria Giorgetti, un passato nel Pdl, poi vicina alla Lega, ora tornata in Forza Italia. Il centrodestra si prepara quindi a giocare anche la carta del “genere”. E Isabella Conti è anche l’unica candidata donna sopravvissuta alle ragioni del Nazareno.

Milano è un paradosso: la capitale industriale che il centrodestra ha sempre considerato la sua ragione sociale, è una mission impossible per il centrodestra. La candidatura dell’uscente Sala, che si è anche spogliato dei simboli dei partiti del centrosinistra, sembra troppo forte per chiunque. Il centrodestra punta almeno a perdere bene. Per dare il segnale. È ragionevole pensare che a questo punto il prescelto correrà in ticket con Gabriele Albertini, che su Lupi aveva posto un suo personale veto. Solo il nome di Albertini è stato misurato intorno al 6%. In pole position per il ticket resta Oscar di Montigny, manager di Mediolanum e genero di Ennio Doris. Restano nella rosa il professore della Bocconi Maurizio Dallocchio e il manager Riccardo Ruggiero.

Lo stallo sulle candidature risente anche del dibattito dentro il centrodestra su “federazione” e “partito unico” che taglia fuori al momento Fratelli d’Italia, più portata a vedere una mossa ad excludendum nei suoi confronti che un vero progetto politico. Il rilancio sul “partito unico” fatto dal Cavaliere martedì pomeriggio ha ottenuto il risultato di bloccare tutto, il partito unico di Berlusconi e la federazione di Salvini. «Il partito unico non serve a nessuno, no a giochini politici» ha tagliato corto il leader della Lega.

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Giornalista originaria di Firenze laureata in letteratura italiana con 110 e lode. Vent'anni a Repubblica, nove a L'Unità.