La Calabria paradigma del caos e del fallimento della politica. A destra e a sinistra contando anche i 5 Stelle. Quelli di Conte che, senza neppure essere “pesati” e quindi magari avendo in canna sì e no qualche decimale di voto, c’è chi dice il 4 chi dice il 6%, si sono però permessi di silurare l’unica certezza nel campo del centrosinistra: la candidatura di Nicola Irto, 39 anni, reggino, già presidente del consiglio regionale ai tempi di Oliverio governatore, lanciato dall’ex segretario Zingaretti e benedetto, fino al primo giugno, da Enrico Letta che lo aveva indicato come “la nostra punta di diamante”.

Tempo una settimana e il diamante è diventato un pezzo di vetro. Appena Conte s’è fatto dare i dati della piattaforma Rousseau, s’è messo sul petto i galloni del capo (senza neppure essere iscritto al partito di cui sarebbe leader), ha cominciato a dire la sua sui candidati sindaco del Pd in tutta Italia e Irto è stato costretto al ritiro. Il dramma è che Letta ha obbedito. Ma conviene andare con ordine. Perché il caos, appunto, è ovunque. Non solo a sinistra. Il risultato è che la Calabria, orfana di governatore da quando a ottobre scorso è tragicamente scomparsa Jole Santelli, l’avvocato parlamentare di Forza Italia eletta a febbraio 2020 e prima donna alla guida della regione, a tre mesi dal voto è ancora senza i candidati di quelli che dovrebbero essere gli schieramenti più pesanti.

Quella che segue è la cronaca di dinamiche suicidiarie dei possibili candidati che legittimano un dubbio: i partiti nazionali, al di là delle legittime aspirazione dei singoli, non vogliono veramente vincere. Dice un deputato di Fratelli d’Italia in attesa di votazione nel cortile di Montecitorio: «Ma se Meloni fosse diventata nel 2016 sindaco di Roma, noi ora saremmo al 20 per cento? Ci sono città e regioni, tra queste Roma e la Calabria, dove è così difficile governare e portare a casa la pelle senza finire indagati per qualcosa che i partiti nazionali ci pensano tre, quattro anche cinque volte prima di accettare la sfida». Ma questa, per carità, è solo una «mia libera interpretazione di come sta andando la scelta dei candidati». E delle “dinamiche suicidiarie” cui stiamo assistendo.

La scorsa settimana lo stallo nel centrodestra è stato rotto a Roberto Occhiuto, deputato e capogruppo di Forza Italia alla Camera. Nel Cencelli dell’alleanza di centrodestra, Federazione o meno, la Calabria tocca a Forza Italia, Berlusconi aveva già deciso qualche mese fa, in barba ai propositi di candidati civici decisi nelle altre città al voto. Non c’è stata una comunicazione ufficiale. Il nome di Occhiuto, un cinquantenne ben radicato nella regione (il fratello è sindaco di Cosenza) girava da settimane e tutto sommato non sembravano esserci ostacoli alla sua candidatura. Così il deputato ha deciso di rompere gli indugi e ha lanciato la propria candidatura organizzando una piccola cerimonia sabato scorso a Vibo Valentia.

Convinto che il comunicato ufficiale sarebbe arrivato da lì a poco. Il problema è che non solo non è mai arrivata l’attesa investitura ma, anzi, sabato sera è arrivato il niet delle sorelle di Jole Santelli che hanno diffidato Occhiuto «dall’usare il nome di nostra sorella Jole». Il capogruppo di Forza Italia infatti aveva detto, al comizio di autocandidatura, che il suo incarico «sarebbe stato in continuità con le politiche di Jole Santelli». Risultato: tutto congelato. A Salvini è venuto in mentre di scommettere sul reggente Spirlì che da vice ha governato la regione in questi dieci mesi terribili. Forza Italia insiste su Occhiuto. Prima o poi decideranno. Alla fine sarà lui. La faida nel centrosinistra è invece esemplare per capire come non-sta-funzionando il “cantiere” (cit. Enrico Letta) e “la meravigliosa avventura” (cit. Conte) tra Pd e 5 Stelle.

Risultato: anche da questa parte il candidato c’era ma ora non c’è più. Proliferano invece le liste a sinistra: de Magistris avrà la sua; Carlo Tansi, fondatore di “Tesoro Calabria” che nel 2020 ha raccolto più di 50 mila preferenze, ha rotto con l’ex sindaco di Napoli «perché non ha rispettato i patti» (cose di liste, da quello che si capisce, ndr) e corre per conto proprio: il senatore Enzo Magorno, ex segretario del Pd regionale e poi transitato con Matteo Renzi in Italia Viva, quando ha visto che Irto veniva impallinato ha deciso a sua volta di correre per conto proprio. Sono già tre candidati che vanno a pescare nel centrosinistra. Irto è stato giubilato in nome dell’alleanza Pd e 5 Stelle. Troppo vicino alla corrente di Base Riformista, a Lotti e a Guerini, non sta bene a Conte. Non sta bene ai 5 Stelle. E meno che mai alla sinistra del Pd come ha più volte spiegato il vicepresidente Giuseppe Provenzano: «Bisogna allargare il campo e Irto non lo saprebbe fare». Forse è vero il contrario a giudicare dagli umori di queste ore nella regione. Ma Irto non è in grado di fare l’unico allargamento che interessa: i 5 Stelle. Poi non si capisce perché l’allargamento debba sempre essere a favore dei 5 Stelle e non del Pd costretto ad andare a rimorchio di un partito che ancora non c’è.

E comunque è forse diviso più del Pd. «Il paradosso – ha commentato Antonio Viscomi, deputato di Catanzaro – è che noi che siamo il Pd dobbiamo sacrificare un candidato scelto unitariamente dal Pd perché non piace ai 5 Stelle da cui però non arriva alcuna indicazione sul futuro della nostra terra». Anche il commissario del Pd in Calabria Stefano Graziano si era dimesso, furioso per le dinamiche romane che non intercettano mai quelle locali. Dimissioni in questo caso respinte. Ora la palla è passata a Conte e Letta. L’avvocato è andato in tv a parlare di una non meglio precisata «candidatura civica che tenga insieme il Pd e il Movimento e parli anche ai moderati».

Letta ha chiesto che almeno sia una donna. Si consumano nomi uno dopo l’altro: la sardina Jasmine Cristallo, l’avvocatessa cosentina Anna Falcone, ieri si è sfilata la direttrice del Corriere della Calabria, Paola Militano. Conte, che ieri ha fatto il suo esordio a Napoli presentando la candidatura di Gaetano Manfredi a sindaco (non c’era Letta), chiede “un patto per la Calabria”. La base del Pd calabrese è in rivolta. Dal Nazareno chiedono “pazienza”. Stai a vedere che poi torna fuori Irto.

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Giornalista originaria di Firenze laureata in letteratura italiana con 110 e lode. Vent'anni a Repubblica, nove a L'Unità.