Gli assi attorno ai quali Letta ricostruisce il Partito democratico ruotano attorno alla decisione di non correre alle elezioni anticipate, “questa è una tappa importante per il centrosinistra” dove i dem stappano champagne grazie alla coalizione con i 5stelle (anche guardando alla partita del Colle, dove dovranno unire le forze), e un occhio alla Lega che potrebbe diventare più pretenziosa con Draghi.

E meno male che di Quirinale si comincerà a parlare “solo da gennaio”, come dice Letta quando si presenta alla stampa accolto da un applauso dei big assiepati nel salone del terzo piano, da Andrea Orlando a Dario Franceschini, per cavalcare il “trionfo, senza trionfalismi”.

Siccome la trattativa per il Quirinale è parte di un pacchetto che comprende anche la legge elettorale e la data del voto, il segretario del Pd è già impegnato nei contatti con le altre forze politiche. Infatti Calderoli (Lega) l’ha cercato per conto di Salvini, per verificare la disponibilità a cambiare il Rosatellum con un sistema proporzionale che preveda un premio di maggioranza per la coalizione. Anche se Letta si è concentrato soprattutto sulla modifica dei regolamenti parlamentari, per impedire le tradizionali transumanze di deputati e senatori.

Prima di festeggiare con Roberto Gualtieri nel “luogo simbolo” di piazza Santi Apostoli, teatro delle vittorie dell’Ulivo, il leader dem sa di essersi rafforzato e mette in chiaro che “potremmo avere interesse ad andare al voto alle politiche, ma non lo faremo”.

Nel Pd, ex renziani come Andrea Marcucci, sognano perfino un Draghi candidato premier nel 2023. Qualcuno tra i dem arriva a sognarlo al Colle e Letta a Palazzo Chigi senza passare per le urne, come fu per Renzi quando lo spodestò. Sulla coalizione da mettere in piedi, Letta sa di dover superare l’ostilità tra Renzi e Giuseppe Conte. Infatti parla di un “campo largo difficile da costruire”.

Il leader dem oggi rimetterà piede dopo sette anni alla Camera e pensa anche alla sfida per il Colle quando parla di la maggioranza larga sa che dovrà contare su un fronte che va da Renzi a Leu, ai Sstelle. E con Conte che non spende parole per le vittorie del Pd, né per quelle dove si è andati in coalizione, e parla solo di M5s all’opposizione a Roma e Torino, non sembra un buon inizio.

La parola d’ordine di questo autunno che riecheggia nel Nazareno per Letta è rivincita. Quella dei diritti civili e sociali, due facce della stessa medaglia, quella di un allargamento della coalizione a sigle nuove e al civismo; quella del vince “chi è più solido e responsabile nel sostegno al governo Draghi”. E bolla il “surreale commento di Salvini” e il “vittimismo” di Meloni.

Il segretario dem intende sfruttare l’onda buona ottenuta anche grazie al sostegno alla linea su vaccini e Green Pass, rilanciando cavalli di battaglia come i 10 mila euro ai 18 enni da finanziare con una patrimoniale per i più ricchi, proposta benedetta da economisti di sinistra come Thomas Piketty e puntando sulla salute per tutti, fondi per l’istruzione, riduzione delle tasse su lavoro, ovvero taglio all’Irap e riforma degli ammortizzatori sociali, che dovranno per forza entrare nella legge di bilancio.

Ora il rischio per il Pd è di rimanere prigionieri in un governo con un Salvini decisamente più nervoso. Ma nel ‘day after’ del voto c’è la soddisfazione, non solo perle città capoluogo, ma per i comuni minori strappati alla destra, in Emilia, Umbria, Abruzzo, Sud.

Riccardo Annibali

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