La Rai dovrebbe essere ispirata a due principi. Il primo è quello di essere servizio pubblico. Il secondo è quello che impone di usare, nei programmi di informazione, una professionalità giornalistica, non dico a livelli di eccellenza ma almeno di sufficienza. Servizio pubblico è una categoria molto ampia e complicata. Ci sono tanti modi diversi per interpretare questa funzione. Ci sono stati in passato degli esempi straordinari di servizio pubblico. Penso al lavoro di Sergio Zavoli, di Andrea Barbato, di Giovanni Minoli e di tanti altri. Per fare il servizio pubblico bisogna evitare di fare servizio privato. Cioè di favorire con il proprio lavoro interessi economici, o interessi politici, o di categoria. Oppure, viceversa, di danneggiare gli interessi o la reputazione di qualcuno che si considera un nemico. Professionalità giornalistica è una categoria più semplice. Vuol dire oggettività nel dare le notizie, capacità di distinguere il vero dal falso, rispetto per i diritti di tutti e anche capacità di correggere eventuali errori. Vediamo due situazioni recenti, sulle quali sarebbe giusto che i vertici della Rai dessero qualche spiegazione.

Processo trattativa stato-mafia. Episodio di pochi mesi fa. Sono in corso le udienze dell’appello. La sentenza sarà pronunciata da una giuria popolare, quindi influenzabile da eventuali campagne di stampa. Le campagne di stampa comunque ci sono, e non sono evitabili (perché la libertà di stampa è una cosa seria e non sempre si può chiedere alla professionalità giornalistica di rispettare anche l’etica giornalistica): sono campagne battenti realizzate soprattutto dai giornali più influenzati dal partito dei Pm e dai 5 Stelle. In particolare, ovviamente, Il Fatto Quotidiano, che tra l’altro ha tra i suoi collaboratori il Procuratore generale di Palermo, cioè esattamente la persona che ha la responsabilità dell’accusa contro gli imputati. Gli imputati principali sono Marcello dell’Utri, molto esposto perché amico di Berlusconi, e gli alti ufficiali dei carabinieri, Mario Mori e Giuseppe De Donno, che sono gli uomini che hanno catturato Riina e che -insieme a Giovanni Falcone – hanno preparato un dossier clamoroso sui rapporti di Cosa Nostra con gli imprenditori del Nord, dossier seppellito dalla magistratura di Palermo dopo la morte di Borsellino.

Sarebbe giusto regolarsi come nel resto del mondo, e lasciare che la giuria possa valutare indizi e prove senza subire influenze. Invece proprio la Rai decide di mandare in onda una trasmissione colpevolista al 100 per cento. Addirittura lo fa in due puntate, lasciando la parola agli accusatori e a diversa gente che delle storie di mafia di quegli anni sa veramente poco. Vi sembra una iniziativa degna del servizio pubblico? Eppure (tranne noi) quasi nessuno protesta. I vertici della Rai fanno spallucce, il Parlamento non interviene, nessuno (sempre tranne noi) chiede una trasmissione di riparazione, da affidare a un giornalista imparziale che rimetta in ordine le cose bilanciando gli argomenti dell’accusa e della difesa. Nonostante l’asfissiante pressione esterna per ottenere la condanna di Mori, De Donno e Dell’Utri, la Corte assolve tutti. Smonta le accuse dei Pm, che peraltro da diversi anni erano state smontate e fatte a pezzettini in svariati altri processi. Perché questo processo è solo la ripetizione di almeno altri quattro processi che hanno assolto Mori e dichiarato che il reato di trattativa con la mafia non c’era. L’Italia è uno dei pochissimi paesi dove la magistratura, se perde un processo, ha il diritto di farti processare un’altra volta.

Bene, voi pensate che a questo punto la trasmissione che aveva già inopinatamente condannato Mori, De Donno e Dell’Utri si sia affrettata a correggere il tiro e a spiegare che era stato commesso un errore di valutazione e che Mori, De Donno e Dell’Utri erano innocenti e i Pm avevano, purtroppo, preso un abbaglio? Chiunque potrebbe immaginare che questo sia avvenuto. E invece no. E sempre nel più assoluto silenzio dei vertici della Rai. Vogliamo dare un giudizio su questa operazione di comunicazione? Servizio pubblico zero, professionalità giornalistica zero. L’altra sera, sempre sulla Rai è andata in onda una trasmissione che lasciava grande spazio alle tesi novax e no green pass, nel pieno di una straordinaria campagna dello Stato e della Scienza per aumentare il numero dei vaccini e sconfiggere l’epidemia. La Rai ha scelto di schierarsi dall’altra parte, quella di Roberto Fiore, per capirci: contro la scienza e contro i vaccini. Probabilmente convincendo in questo modo diverse migliaia di persone a non vaccinarsi, con le conseguenze che potete immaginare. Per queste persone, per gli ospedali, per i cittadini che hanno bisogno della sanità pubblica. Vogliamo dare un giudizio anche su questa seconda operazione di comunicazione? Servizio pubblico zero, professionalità giornalistica zero.

Secondo voi i vertici Rai sono intervenuti? Silenzio, silenzio. Il Programma che ha realizzato tutte e due queste operazioni è lo stesso: Report. Il giornalista che lo dirige e che ha condotto lo spettacolo si chiama Sigfrido Ranucci.
Ci dicono che Sigfrido Ranucci si sia candidato alla direzione del Tg1 o, in alternativa, dei servizi di approfondimento della Rai. Sì, avete capito bene: approfondimento. Lo abbiamo scritto ieri. La Rai è finita in buona parte nelle mani dei 5 Stelle. Cioè del partito più antidemocratico e totalitario che siede in Parlamento. E sta via via adeguandosi ai gusti e ai metodi dei 5 stelle. È in corso un vero e proprio scempio. Chissà se qualcuno avrà il coraggio di mettersi di traverso per fermare questa campagna barbara.

P.S. Se potete, avvertite i deputati che non potranno leggere questo articolo sulla rassegna stampa della Camera. Perché la rassegna stampa della Camera non pubblica articoli del Riformista sulla Rai. Il motivo? Non ritiene legittimo che siano criticati i 5 Stelle. Amici deputati, se volete leggere i nostri articoli sulla Rai dovete comprare il Riformista.

Avatar photo

Giornalista professionista dal 1979, ha lavorato per quasi 30 anni all'Unità di cui è stato vicedirettore e poi condirettore. Direttore di Liberazione dal 2004 al 2009, poi di Calabria Ora dal 2010 al 2013, nel 2016 passa a Il Dubbio per poi approdare alla direzione de Il Riformista tornato in edicola il 29 ottobre 2019.