L’incalzare della diffusione del virus Covid-19 in questi ultimi giorni di autunno lascia intendere un inverno “caldo” sul piano delle misure di contrasto. E così torna alla ribalta il comandante in capo, con tanto di elmetto. Il presidente della Regione Campania Vincenzo De Luca ha sicuramente ragione quando afferma che la possibilità di trascorrere festività natalizie quasi normali oppure segnate da gravi restrizioni dipende dalle misure che saranno disposte in pochi, fatidici, giorni. Tuttavia la questione assume ancora una volta i toni della polemica con il governo centrale, accusato di lentezza e di eccessiva dipendenza dal parere degli esperti. De Luca afferma, criticamente, che si continuerebbe a operare approcci da ordinaria amministrazione.

È nota ormai la capacità del presidente di galvanizzare e galvanizzarsi di fronte a situazioni emergenziale. Su un piano formale in effetti siamo ancora in stato di emergenza, che anzi sarà prorogato. Sul piano sostanziale siamo sicuramente messi molto meglio dell’anno passato, ma nel frattempo non è che il sistema sanitario sia stato più di tanto potenziato, a fronte di varianti del virus assai più contagiose. Quanto alle misure adottabili esiste un preciso limite di ragionevolezza e proporzionalità. Le richieste del presidente De Luca, il suo “Fate presto!”, opera su più piani. Chiede innanzitutto che si proceda rapidamente alla somministrazione della terza dose per il personale sanitario e para-sanitario nell’ambito dell’obbligo di legge.

Per quanto gli compete, ha appena disposto la possibilità del richiamo a tutti coloro per i quali il vaccino è solo raccomandato, superando ogni differenza categoriale di età. Del resto la Campania è l’unica regione che non ha mai formalmente abolito l’obbligo di mascherina all’aperto, in questi giorni in via di ripristino anche altrove. Restrizioni maggiori di quelle nazionali sono di massima consentite, ma dovrebbero dipendere da dati e situazioni epidemiologiche, perchè vanno comunque ad incidere su equilibri tra diritti ed interessi costituzionali. Su questo piano la richiesta più audace di De Luca, condivisa con altri presidenti di Regione, è di mettere quanto prima fuori gioco il tampone come via per ottenere il green pass, che risulterebbe “verde” solo per vaccinati e guariti. Né, considerate le intemerate contro i no-vax, meraviglia se il presidente si dichiarasse presto favorevole a penalizzare in modo ancora maggiore i non vaccinati, non escluso un lockdown selettivo. Beninteso, c’è un limite al rendere la vita dura ai non vaccinati, finché il vaccino non diviene obbligatorio.

L’attivismo di De Luca può spiegarsi tranquillamente spiegarsi con le sue convinzioni. Ma non c’è dubbio che così come l’anno passato l’uso spinto delle sue convinzioni tornò utile a uscire dall’angolo di una sicura sconfitta e a vincere in modo trionfale le elezioni, oggi sia anche un modo per rompere l’assedio che certa stampa nazionale ha intrapreso nei suoi confronti, sia sul piano giudiziario che politico. Ma un’azione veramente efficace richiederebbe anche un lavoro ordinario della straordinaria amministrazione. Ad esempio il controllo sul distanziamento nel trasporto pubblico locale, neanche soggetto a green pass. Oppure il potenziamento delle terapie intensive, che si vanno riempendo a ritmi sostenuti, e che non è avvenuto. Più facile dare ogni colpa al governo.