Ho pienamente condiviso la recente intervista della presidente del Senato, Maria Elisabetta Casellati, al Corriere della Sera. Ha rappresentato un sentimento di carattere generale, ha parlato da seconda carica dello Stato: «Un’Europa che sul Recovery Fund sta facendo il gioco dell’oca; una politica che affronta l’emergenza mettendo toppe; tante parole e niente fatti; la mancanza di un Progetto Italia senza il quale anche l’eventuale bazooka dei fondi europei diventa una pistola ad acqua; e un governo che dovrebbe coinvolgere le opposizioni ma che si muove senza un metodo visibile». In altri termini, è ancora il caso di procedere a colpi di maggioranza, quando la maggioranza non c’è più e non fa il suo mestiere, cioè quello di governare? È ancora il caso di andare avanti come se non ci fosse la necessità di una visione di insieme, di condivisione, quantomeno della responsabilità nel momento drammatico che sta vivendo il Paese?

Il presidente del Consiglio decide da solo, con procedure semplificate e sempre più verticistiche (decreti legge e deleghe); il Parlamento è ridotto allo stato larvale, anche in ragione della difficoltà di movimento e di riunione causati dalla pandemia; il contagio sta rialzando la testa, nell’attesa di un vaccino. Si passa da un dpcm all’altro, da uno stato di crisi all’altro, alla cieca, senza una visione d’insieme condivisa. A Giuseppe Conte, che oggi ho l’onore di ospitare in questo giornale, dico che è ora di cambiare gioco, di non ballare da solo e, nel rispetto della Costituzione, delle istituzioni e del Parlamento, di mettere in piedi al più presto un tavolo di crisi, dentro il quale condividere appunto le grandi scelte di sicurezza sanitaria, di sicurezza economica e di messa in sicurezza delle nostre istituzioni di democrazia rappresentativa. Il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, sin dall’inizio dell’anno ha evocato, decine di volte e in più occasioni, la necessità di “coesione” e “condivisione”, come momenti fondanti l’attuale fase politica. Inutilmente.

Mai una volta c’è stata la volontà, da parte del governo e della maggioranza, di seguire questi moniti: né sull’iter dei decreti né sulle votazioni degli emendamenti né sull’individuazione della necessità degli stati di emergenza né sui cosiddetti dpcm. C’è stata totale arroganza, “autobastevolezza” e autoconsistenza, frutto della debolezza dell’Esecutivo e della sua maggioranza, tutti concentrati nelle mediazioni interne, incapaci di rapportarsi in positivo con l’opposizione. Debolezza che si è palesemente manifestata alla Camera, quando è più volte mancato il numero legale per votare la risoluzione di maggioranza sull’informativa del ministro della Salute, Roberto Speranza, sul contenuto dei provvedimenti di attuazione delle misure anti-Covid, dentro cui è stata inserita forzosamente e furbescamente la proroga dello stato d’emergenza fino al 31 gennaio del prossimo anno.

A questo punto, se è finita la spinta propulsiva e costitutiva – semmai sia esistita – dell’Esecutivo (dell’alleanza tra opposti, ma contro Salvini), occorrerà prenderne atto. E aprire una fase nuova. O le forze di maggioranza e opposizione danno un segno di coesione e condivisione, oppure si lascia spazio al caos impotente con l’inevitabile formazione di un governo del presidente (della Repubblica) per tirare fuori il Paese dalla crisi, data l’impossibilità nell’immediato di sciogliere il Parlamento e di andare a nuove elezioni. L’unica strada che rimane è, lo ripetiamo, la coesione e la condivisione di tutte le forze politiche di maggioranza e di opposizione, per fare la legge di bilancio, che tratti con forza con l’Europa sul Next Generation EU, che elegga il nuovo presidente della Repubblica, che possa poi approvare la nuova legge elettorale (insieme) per poi andare a nuove elezioni alla scadenza della legislatura, per vedere finalmente un governo figlio della volontà popolare. Altra soluzione non c’è.