La guerra nel centrodestra
Il ricatto: così la destra vuole mettere all’angolo Berlusconi e i liberali
La successione degli avvenimenti che hanno portato ieri sera Silvio Berlusconi a via della Scrofa, nella sede di Fratelli d’Italia, per fare pace con Giorgia Meloni, è abbastanza inquietante. Stupisce il fatto che sui giornali non sia esploso il caso. I giornali sono sempre così scandalistici, ma quando avviene un fatto clamoroso, nel cuore della battaglia politica, spesso glissano. Credo che stiano cambiando parecchie cose negli equilibri di potere che regolano il funzionamento dell’informazione in Italia. E non nel senso favorevole alla libertà…
La frase chiave, che è al centro di tutto, è quella pronunciata venerdì sera da Giorgia Meloni davanti alle telecamere di La7. «Berlusconi – ha detto – ha dimenticato di scrivere nei suoi appunti un quinto punto: che io non sono ricattabile». Possibile che questa frase non abbia suscitato curiosità? Cosa vuol dire rivolgersi a Berlusconi con questo ammonimento: “Io non sono ricattabile”? “Io” , ha detto la Meloni, lasciando intendere “io no, ma tu si”. Quindi Berlusconi, a occhio, secondo la leader di Fratelli d’Italia è persona ricattabile. Ricattabile da chi? Evidentemente da chi lancia la minaccia. E se è così non si tratta delle solite indagini del duo Travaglio-Scarpinato (che sta cercando di accertare se il Cavaliere abbia qualcosa a che fare con la strage di Portella della Ginestra del 1947…) ma di qualcosa di molto più politico. Cosa, esattamente, possiamo solo immaginarlo.
Vediamo le cose certe o abbastanza plausibili. Sappiamo di molti contatti avuti dalla leader di Fratelli d’Italia con persone vicine a Berlusconi, e anche coi suoi figli; immaginiamo che FdI possa aver messo a frutto l’operazione “franchi tiratori” che ha portato giorni fa all’elezione di La Russa al Senato senza bisogno dei voti berlusconiani, e cioè che sia stata prospettata a Berlusconi la possibilità che si formi un governo senza Forza Italia, o con qualche transfuga di Forza Italia, e fatto anche balenare l’idea che questo governo avrebbe in mano le leve per danneggiare le aziende di Berlusconi. È possibile che sia avvenuto qualcosa del genere? È pura immaginazione? Diciamo che a suggerire questa ipotesi c’è la concatenazione dei fatti, che potrebbe essere anche casuale. Fatto sta che, così sembra, gli ambasciatori di Fratelli d’Italia non si sono rivolti allo staff politico di Berlusconi, né ai leader di Forza Italia, ma a dirigenti delle aziende. In politica cose di questo genere succedono raramente.
Il centrosinistra in questi ultimi trent’anni spesso ha governato. In alcuni periodi (Monti, primo Letta, Draghi) in coabitazione con Forza Italia, in altri periodi, molto più lunghi, da solo o con gli alleati di sinistra (Dini, Prodi, D’Alema, Amato, di nuovo Prodi, Letta, Renzi, Gentiloni…). Non mi pare che si sia mai avventurato a immaginare le aziende di Berlusconi come possibile terreno di scontro. Lo fece, per la verità (anche se non era ancora Pd), quando il berlusconismo era agli albori. Nel 1995, se non sbaglio, promosse due referendum contro la pubblicità in Tv e un altro referendum per la limitazione delle concessioni Tv ai privati: se fossero passati (ma non passarono) avrebbero spezzato le reni a Fininvest. Dopo quell’inglorioso episodio il Pd – e in genere le formazioni di sinistra – si guardarono bene dal mescolare la lotta politica con le politiche industriali, e le aziende che fanno capo a Berlusconi poterono prosperare rispondendo al mercato e non all’establishment dei partiti, tantomeno degli avversari politici.
Questo atteggiamento della sinistra – anche rispetto alla nota vicenda del presunto conflitto di interesse – costò alla sinistra anche molte critiche da parte prima dei girotondini, poi del popolo viola, infine dell’arcipelago grillino. Diciamo da parte degli svariati movimenti di natura qualunquista che negli ultimi 30 anni hanno sconvolto e in parte condizionato la politica italiana. Per quale ragione, secondo voi, il centrosinistra, nelle sue varie espressioni, non usò mai il suo potere per colpire le aziende di Berlusconi? Credo per una ragione semplicissima. Il centrosinistra è sempre stato uno schieramento nel quale, nei momenti importanti, prevale l’dea di democrazia e il senso dello Stato.
Ha avuto molti cedimenti, sicuramente, per esempio sui temi della giustizia e anche sulla “criminalizzazione” del professionismo politico (che invece è uno degli elementi necessari alla buona salute di una democrazia civile), per esempio ha toccato il fondo del suo opportunismo (inteso come cedimento al grillismo) quando ha votato prima la legge Severino (votata però anche dai berlusconiani) e poi l’espulsione di Berlusconi dal Senato, invocando la retroattività della legge e violando in questo modo ogni principio del diritto e della civiltà parlamentare. Però non ha mai pensato di potere indebolire l’economia nazionale solo per fare un dispetto all’avversario politico e trarne vantaggio. Bisogna dargliene atto. L’idea che invece si possa realizzare questo cortocircuito tra politica – democrazia – e attività imprenditoriale degli interlocutori, è una idea del tutto estranea a ogni schema democratico. È un atteggiamento tipico del pensiero e dei regimi autoritari.
Devo dire la verità. Durante tutta la campagna elettorale mi sono sempre opposto a quanti sostenevano che ci fosse il rischio di fascismo, nell’ipotesi di una vittoria schiacciante del centrodestra. È chiaro che il rischio fascismo non c’è, nel senso che il fascismo non esiste più, non ha spazio né possibilità di affermarsi, si è definitivamente esaurito coi regimi dittatoriali dell’America latina a metà anni Ottanta, e qui in Europa occidentale, ancora prima, con la caduta del franchismo in Spagna, del salazarismo in Portogallo e del regime dei colonnelli in Grecia. Però temo di dovermi ricredere, almeno un pochino. Il rischio fascismo non c’è, anche se un fascista – molto simpatico, peraltro – è stato eletto alla presidenza del Senato. Il rischio di “torsione autoritaria” sì (Avrete notato l’uso intenzionale di una parola misteriosa come “torsione”: mi serve a dire e non dire…).
Alcuni atteggiamenti duceschi di Giorgia Meloni, in questi giorni, credo che abbiano colpito tutti. Compresa la sua mancanza di rispetto verso Berlusconi, che è, comunque la si pensi, un anziano statista, di 87 anni, è l’uomo che ha inventato il centrodestra, è un leader rispettato in tutto il mondo. Giorgia Meloni in questi giorni sembrava Travaglio. Oppure, peggio… La questione secondo me è serissima. Tutta la crisi definita crisi-Ronzulli, con l’onorevole Ronzulli (vittima di una campagna classista, faziosa e un po’ fascista, di partiti e giornali) non c’entra niente. È semplicemente il tentativo di espungere, o comunque ridurre ai minimi termini, la presenza a il peso dei liberali (e delle idee e delle politiche liberali) nel futuro governo. È una vecchia storia, no? L’estrema destra spesso fa così: attira i liberali e poi li massacra. Non vorrei che – col centenario del 28 ottobre così vicino – la storia si ripetesse…
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