Il nostro interlocutore è una persona che conosce la Nato come pochi altri, avendo ricoperto ruoli politici apicali al suo interno. La parola all’Ambasciatore Alessandro Minuto-Rizzo, una vita in diplomazia. Nel 2000 è stato ambasciatore d’Italia presso il Comitato per la politica e la sicurezza dell’Ue. Ha servito come Vice Segretario Generale della Nato (Segretario Generale Delegato) dal 2001 al 31 dicembre 2007. Ha assunto le funzioni Segretario generale della Nato dal dicembre 2003 al 1°gennaio. 2004. Dal 2009 è membro della Fondazione Italia-Usa.

Ambasciatore Minuto-Rizzo, qual è il vero segno geopolitico della richiesta d’ingresso nella Nato di Svezia e Finlandia?
Sono stupito da certe manifestazioni di sorpresa, come se la decisione di Svezia e Finlandia fosse piovuta dal cielo o datata 24 febbraio, il giorno dell’invasione russa dell’Ucraina…

Invece?
I suddetti Paesi fanno parte da tempo del The Partnership for Peace (PfP), il che vuol dire che da tempo sono già partner della Nato, categoria inferiore rispetto a membri. Per 70 anni non hanno compiuto questo upgrade politico-militare. Un passo che hanno compiuto adesso. Il generale Arpino mi ha mandato un discorso nel quale il ministro della Difesa svedese, a una riunione di generali e amici dei Paesi alleati nel 2014, espresse forti preoccupazioni per l’invasione russa della Crimea e del Donbass, avvertendo che bisognava stare molto attenti perché una Russia così aggressiva e rivendicativa non se l’aspettavano. Evidentemente la percezione della minaccia che c’è lì è diversa dalla nostra. Da noi ci si può anche sorprendere per questa adesione, ma gli svedesi e i finlandesi trovano che sia una decisione giusta al momento giusto.

Questa diversa percezione è solo un fatto di vicinanza fisica alla Russia?
C’è questo ma anche molto altro. Va ricordato che Svezia e Finlandia sono nemici storici della Russia. Oggi, a Helsinki come a Stoccolma sono arrivati alla conclusione che la Russia, alla luce della guerra d’invasione dell’Ucraina, è un vicino di cui non ci si può assolutamente fidare. Su questo mi permetta di aprire una parentesi che riguarda lo “stratega” Putin…

Prego, Ambasciatore…
Il mio parere è che Putin abbia deciso di andare in guerra sulla base d’informazioni sbagliate. Che nella sua testa ci fosse l’idea che quello di Kiev era un governo fantoccio, bastava una spallata e poi sarebbero arrivati gli ucraini “bravi”, magari con i gradi di generale, e le cose si sarebbero rimesse a posto. Questo piano si è rivelato fallimentare. La resistenza popolare ucraina si è rivelata durissima e coesa, la “grande armata” russa si è rivelata inadeguata e antiquata. Fatto sta, dicono gli svedesi e i finlandesi, non è che a questo salta in testa di fare qualcosa contro di noi, magari perché disperato? E allora è meglio andare dove siamo al sicuro, o almeno ci sentiamo più protetti. Qualcuno potrebbe pensare che siano stati indotti indotti a farlo…

Oltre che pensarlo, qualcuno lo ha anche detto individuando negli Stati Uniti gli “induttori”.
Questa teoria dell’ “induzione” mi trova in totale disaccordo. Stiamo parlando di Paesi democratici, con informazione indipendente, opinioni pubbliche attente. Quella maturata è una loro decisione e come tale va analizzata e rispettata.

Quanto c’è di tattico nel freno tirato da Erdogan all’allargamento della Nato?
Non è un veto, altrimenti lo avrebbe già posto. E’ un no “negoziabile”. D’altro canto, la politica estera turca è molto chiara. Erdogan vuole che la Svezia cacci i rifugiati curdi che sono stati accolti sul territorio svedese. Probabilmente lui non è contentissimo di questo allargamento a nord. E qui c’è da fare un discorso che va al di là dell’atteggiamento turco…

Qual è questo discorso?
Guardiamo sempre Svezia e Finlandia in funzione della Russia. In realtà, come Italia, uno dei Paesi fondatori dell’Alleanza Atlantica nel dopoguerra, dovremmo interrogarci su quale sarà il futuro della Nato e come esso potrebbe essere determinato dall’ulteriore spostamento a Nord del suo baricentro. Il che, visto in un’ottica d’interessi nazionali, non è l’ideale per noi. Noi vorremmo una Nato più attenta al Mediterraneo, ai Balcani.

Il presidente francese Macron ha ribadito più volte che la pace non può fondarsi sull’umiliazione della Russia. Lei come la vede?
È un sentiero stretto. Non si vuole umiliare la Russia, nel senso che non si vuole che la Russia si senta aggredita a un certo punto, e cioè che si facciano azioni in territorio russo, Non umiliare la Russia non vuol dire, però, che l’Ucraina deve per forza cedere un pezzo del proprio territorio, rinunciando alla sua sovranità statuale. Non può essere questa la premessa di un negoziato che mira a una pace giusta. Draghi e Macron fanno bene a insistere sulla necessità del dialogo e del negoziato ma quasi tutto dipende da Mosca. Il problema è quanta Ucraina vogliono i russi. Se ci fermiamo alla linea pre guerra, forse potrebbe prendere forma e sostanza un accordo equilibrato. Con la Crimea che viene formalmente annessa alla Russia in base al diritto internazionale.

Una super Nato a trazione americana per una politicamente piccola Europa?
Non credo che sia così. Da fonti autorevoli so che lo stesso Biden invita Stoltenberg a non parlare troppo, anche se non sempre viene ascoltato. E da fonti europee, altrettanto accreditate, so che il presidente Usa vuole mettere fuori il meno possibile il nome Nato. Tant’è vero che la recente riunione di Ramstein non era sotto egida Nato. Molti non l’hanno capito. Non c’era Stoltenberg. Era una riunione di Paesi membri della Nato, ognuno dei quali autonomamente ha fatto delle scelte ma non c’è mai stata una decisione Nato di fornire, come tale, armi all’Ucraina. E questa scelta non è casuale. Non si vuole aggiungere una provocazione.

La guerra in Ucraina come ridefinisce le priorità della Nato?
Si dice che questa Nato che si espande, espande… Come se ci fosse il desiderio di qualcuno, gli americani, di espandere quest’alleanza sotto il loro controllo per fare chissà che… Non è così. Tra l’Alleanza Atlantica e la Russia non c’è nessuna ragione di fare la guerra. La Nato non ha mai avuto alcuna intenzione di attaccare la Russia. Ma perché dovrebbe? Nella Guerra fredda un senso poteva esserci, perché da una parte c’era il comunismo e dall’altra l’Occidente. Adesso non è più così, la Russia non è più l’Unione Sovietica. I Paesi che sono entrati nella Nato in questi anni l’hanno fatto perché sembrava loro la cosa più giusta come collocazione internazionale e non perché volevano fare la guerra alla Russia.

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Esperto di Medio Oriente e Islam segue da un quarto di secolo la politica estera italiana e in particolare tutte le vicende riguardanti il Medio Oriente.