Roman Abramovich ha accusato sintomi di avvelenamento: “occhi rossi e irritati al punto da non riuscire a vedere niente per alcune ore, forte desquamazione della pelle del viso e delle mani”. Gli stessi sintomi li hanno avuti il suo interprete e due funzionari ucraini che erano insieme a lui a Kiev nelle riunioni tenute per aprire un canale diretto di trattativa con il Cremlino. Il tentativo di avvelenamento risalirebbe ai primi di marzo. La notizia è stata diffusa dal Wall Street Journal e confermata da un portavoce di Abramovich alla Bbc. Il sito investigativo Bellingcat scrive che durante gli incontri a Kiev Abramovich e gli altri hanno consumato solo acqua e del cioccolato. Una fonte vicina ad Abramovich ha detto al Wsj che non era chiaro chi avesse preso di mira il gruppo. L’oligarca russo sarebbe anche volato a Mosca dalla Turchia con una lettera di Zelensky per Putin consegnatagli dallo stesso Zelensky.

Oggi ad Istanbul si apre un tavolo negoziale dal quale si spera timidamente possa uscire un cessate il fuoco da quando il ministro degli esteri russo, Sergei Lavrov, ha detto: “Vedo che esistono opportunità per un accordo ora che i nostri amici occidentali cominciano a comprendere i gravi errori commessi per molti anni anche se chissà, forse per ragioni comprensibili, non lo dicono a voce alta”. Zelensky ha già mollato su un punto fondamentale dicendo che l’Ucraina “è pronta per offrire le garanzie di neutralità” richieste da Mosca. L’obiettivo principale della prima fase del negoziato di Istanbul, indicata dai portavoce del presidente Erdogan alla Cnn, sarebbe ottenere un cessate il fuoco immediato e l’accordo per corridoi umanitari per far uscire profughi dalle città assediate dai russi, punto difficilissimo perché finora sui corridoi umanitari i russi non hanno garantito certezze.

Il ruolo di Erdogan pare fondamentale. La Turchia pur essendo un vecchio membro Nato è l’unico dei Paesi della Alleanza a non aver approvato le sanzioni contro la Russia. “Non possiamo rompere i ponti con Mosca. Se lo facessimo, chi parlerebbe con il Cremlino? Noi abbiamo deciso di mantenere aperti tutti i canali possibili” ha detto ieri il suo portavoce. Dalle seconde file russe e ucraine escono voci pessimistiche. Vladimir Desinenko, consigliere del ministro degli interni ucraino, ha detto alla Reuters che non crede siano possibili concreti passi avanti ad Istanbul. Erdogan aveva già detto prima del fine settimana che la bozza del cessate il fuoco stava preparandosi su quattro punti: la rinuncia dell’Ucraina a entrare nella Nato, un accordo per una riduzione degli armamenti di Kiev senza una completa demilitarizzazione, una serie di garanzie per Kiev che Erdogan non ha specificato e la protezione della lingua russa in territorio ucraniano. Ma i punti sui quali l’accordo è difficile da trovare sono altri: il destino dell’intero Donbass (non quello dei soli territori separatisti), l’annessione della Crimea e la questione più delicata di tutte: la città di Mariupol.

Ridotta a macerie dai bombardamenti russi, Mariupol è il passaggio al mare tra le regioni già occupate e Mosca la vuole per sé. Mariupol ha cinquemila morti e una popolazione che ha resistito finora frenando tra l’altro l’avanzata verso l’interno. Non vuole passare sotto Putin. Una formula possibile, potrebbe essere una zona franca.
La disponibilità data da Zelensky a trattare, data in interviste rilasciate domenica, non citava Mariupol ma sembrava piuttosto ampia. Ha accennato alla possibilità di “un accordo sul Donbass e a dare “garanzie di sicurezza e di neutralità”, incluso lo status di Paese “non nucleare “. Ha detto Zelensky: “Capisco che è impossibile forzare la Russia a liberare completamente il territorio, questo porterebbe a una terza guerra mondiale. Per questo dico: un compromesso”. Ed ancora: “Voglio che finisca la guerra. Non voglio avere centinaia di migliaia di morti. Quindi non intendo ostinarmi con la forza né nel Donbass né in Crimea. Perché molte migliaia dei nostri morirebbero”.