Nel 34esimo giorno da quando la Russia ha iniziato l’invasione dell’Ucraina, riprendono i negoziati tra Mosca e Kiev. La situazione resta tesissima ma uno spiraglio di speranza di una svolta comincia a intravedersi. I negoziatori delle due parti dunque si sono seduti nuovamente al tavolo delle trattative questa volta a Istanbul, davanti al presidente turco Recep Tayyip Erdogan che ospita l’incontro.

Da chi è composta la delegazione Ucraina

David Arakhamia, leader di Servitore del Popolo, il partito di Zelensky. Rustem Umerov, uno dei tre deputati eletti a Kiev che rappresenta i tatari di Crimea. Oleksii Reznikov, alla guida la delegazione ucraina: ministro della Difesa di Kiev, è un fedelissimo del presidente Zelensky. Mykola Tochytskyi, già ambasciatore ucraino presso la Ue e poi in Gran Bretagna. Mykhailo Podolyak, consigliere del presidente Zelensky.

Da chi è composta la delegazione Russa

Vladimir Medinsky è alla guida la delegazione russa. Consigliere di Putin, ex ministro della Cultura (2012-2020), è considerato il “falco” del gruppo di Mosca per le sue posizioni di nazionalismo estremo. Leonid Slutsky, è presidente della Commissione esteri della Duma. Andrei Rudenko, vice ministro degli Esteri dal 2019, dopo tre anni alla direzione del dipartimento che cura i rapporti con le ex repubbliche sovietiche, soprattutto Ucraina, Bielorussia e Moldavia. Aleksandr Fomin, generale e viceministro della Difesa. Tra questi c’è anche l’oligarca russo Roman Abramovich – che secondo il Wall Street Journal sarebbe stato avvelenato nelle scorse settimane . Abramobvich ha parlato con Erdogan prima dell’inizio dei negoziati. Nelle immagini, si vede Abramovich che non è seduto al tavolo principale delle delegazioni russa e ucraina, ma di lato accanto a Ibrahim Kalin, un portavoce del presidente Erdogan, e indossa cuffie per la traduzione.

Le richieste della Russia all’inizio dell’invasione

Quando il 24 febbraio le truppe russe sono entrate in Ucraina Putin motivò la decisone parlando di “demilitarizzazione e denazificazione” dell’Ucraina. Affermando che “l’Ucraina non esiste, è sempre stata parte della Russia”, il capo del Cremlino lasciava chiaramente intendere di volerla annettere tutta o di volere installare a Kiev un governo fedele a Mosca. Nel 2014 la Russia aveva conquistato due territori ucraini a maggioranza russofona, la Crimea e parte del Donbass in un conflitto lungo e aspro che portò a 14mila morti. Poco meno del 30 per cento degli ucraini sono di origine russa su una popolazione totale di 44 milioni di abitanti.

Le richieste dell’Ucraina prima dell’invasione russa

L’Ucraina aveva chiesto di entrare nella Nato ma l’Alleanza Atlantica non aveva escluso e nemmeno incoraggiato o accettato la proposta. E potrebbe essere questa intenzione ad avvicinarsi all’Europa ad aver spinto Putin ad agire con forza.

Cosa sarebbe disposta a concedere Mosca

Dopo vari incontri fra le due delegazioni, le ultime indiscrezioni pubblicate oggi dal Financial Times, citando quattro fonti con diretta conoscenza dei colloqui, tra cui David Arakhamia, capo del partito di Zelensky nel Parlamento ucraino, dicono che una bozza di accordo non parla più di “demilitarizzazione” né di “denazificazione”. Quest’ultima sin da subito è sembrata una richieste pretestuosa: non ci sono “nazisti” nel governo ucraino, il presidente Zelensky è di origine ebraica e parte della sua famiglia è scomparsa nell’Olocausto, l’estrema destra ha appena l’1 per cento di seggi in parlamento, assai meno di partiti analoghi in Francia e Germania.

Cosa sarebbe disposta a concedere Kiev

Come già segnalato dallo stesso presidente Zelensky, l’Ucraina rinuncia a chiedere l’ingresso nella Nato, si impegna a non sviluppare armi nucleari e a non ospitare basi militari straniere sul suo territorio. In concreto, accetta di rimanere neutrale, o “non allineata”, dal punto di vista militare. L’Ucraina chiede però che ci siano garanzie per la sua sicurezza simili all’articolo 5 della Nato (quello che impegna tutti i paesi membri a intervenire se uno di essi viene attaccato) da parte di Stati Uniti, Canada, Francia, Italia, Germania, Polonia, Israele, Turchia e, paradossalmente, anche dalla stessa Russia: in sostanza questi paesi promettono di difenderla se venisse di nuovo attaccata. Dunque l’Ucraina sarebbe disponibile a non entrare nella Nato ma potrebbe entrare nell’Unione Europea. Una situazione che è già comune ad altri paesi europei come Austria, Finlandia e Svezia, non appartengono alla Nato ma appartengono alla Ue.

Cosa succederebbe se la Russia accettasse e come si comporterebbe l’Ucraina

Secondo le concessioni uno scenario possibile sarebbe che la Russia si ritirasse nelle zone già occupate prima di iniziare l’invasione ucraina, quindi Crimea e Donbass. Kiev si impegnerebbe a non cercare di riconquistare quei territori tuttavia senza riconoscerli. Kiev riallaccerebbe la sua rete idrica alla Crimea come gesto umanitario. Il futuro status delle due regioni verrebbe lasciato a successivi negoziati d’alto livello fra le due parti.

Cosa succede se a Istanbul viene raggiunto l’accordo?

Il primo passo sarebbe certamente un cessate il fuoco e un’intesa di massima per la svolta nel conflitto. Se il cessate il fuoco tiene, i ministri degli Esteri dei due paesi si incontrerebbero poi per finalizzare documenti sulle garanzie di sicurezza e su questioni come la protezione della lingua russa in Ucraina. Questo incontro potrebbe essere seguito da un summit fra Putin e Zelensky. L’Ucraina intenderebbe poi chiedere l’approvazione dell’accordo finale alla propria popolazione in un referendum. Intenzioni già più volte affermate dalle due parti nei giorni scorsi.

Alcuni analisti hanno visto la ripresa dei negoziati come una mossa di Putin per prendere tempo e rinforzare le fila del suo esercito attualmente allo stremo. La situazione è che da qualche giorno l’avanzata russa è stata arrestata e l’Ucraina ha potuto riprendere alcune delle città più importanti come Irpin. Intanto i paesi occidentali continuano a fornire agli ucraini armi sempre più potenti e in questo contesto alla Russia potrebbe convenire arrivare a un accordo ora prima di rischiare una sconfitta sul campo o di essere costretta a una tale escalation militare, per esempio con l’uso di armi chimiche, da rischiare l’intervento della Nato in difesa dell’Ucraina.

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Laureata in Filosofia, classe 1990, è appassionata di politica e tecnologia. È innamorata di Napoli di cui cerca di raccontare le mille sfaccettature, raccontando le storie delle persone, cercando di rimanere distante dagli stereotipi.