Il Consiglio Ue e gli accordi 'lampo'
L’Europa compra gas da Biden e avverte Putin: “Rubli e ricatti? Perdi un miliardo al giorno”
L’Europa ha deciso all’unanimità l’acquisto e lo stoccaggio comune di gas. È a sua modo una “rivoluzione” rispetto al tradizionale “individualismo” economico e commerciale dei singoli paesi. Era la prima misura da prendere. A prescindere dalla guerra. È l’unico anticorpo possibile contro le speculazioni selvagge in corso ormai da mesi sui mercati di gas e petrolio. Non a caso Palazzo Chigi l’aveva proposta a settembre quando l’andamento dei prezzi dava già segnali evidenti di instabilità. Su tutto il resto del complesso capitolo energia che è stato al centro della seconda giornata del Consiglio europeo dedicato alla guerra in Ucraina, alla sua soluzione e alle sue conseguenze, non sono arrivate “decisioni definitive” perchè, come ha spiegato il premier Draghi, “ogni paese europeo ha il proprio sistema di approvvigionamento e di infrastrutture e non è semplice arrivare a soluzioni condivise”.
La Commissione è stata incaricata di sentire tutti gli stakeholder del settore e di arrivare a delle possibili conclusioni”. Ci vuole ancora tempo insomma. “Ma sono stati – ha aggiunto Draghi dopo quasi dieci ore ininterrotte di riunione con i 27 – due giorni preziose perchè abbiamo fatto importanti passi in avanti”. Il premier aveva auspicato nelle scorse settimane, nelle numerose occasioni di interlocuzione con i leader europei – a Versailles, a palazzo Madama con Sanchez e Cosa – che dal Consiglio arrivassero “risposte reali immediate per far fronte alla crisi economica provocata dalla guerra”. Ieri sera, diplomaticamente, ha definito “positive e importanti” le decisioni raggiunte che sono però pezzi di un processo molto più lungo. Quello che sta accadendo è che l’Europa sta “rivedendo e rivisitando le sue regole, il mercato unico, gli aiuti di stato, il debito comune, le regole sui rifugiati”. Si tratta di cambiamenti epocali costruiti passo dopo passo “in queste lunghissime riunioni”.
I portavoce del Consiglio la chiamano “landing zone”, una zona di atterraggio comune. Un modo gentile per definire il compromesso. Per qualcuno la landing zone è un successo visti i tempi decisionali biblici del Consiglio europeo che deve mettere d’accordo 27 leader di altrettanti paesi ciascuno con politiche energetiche diverse perchè diverse sono le disponibilità energetiche. Per altri è una sconfitta perchè i punti in agenda erano almeno quattro, oltre all’acquisto e allo stoccaggio anche il capping (mettere un tetto al prezzo del gas in Europa, in sostanza bloccare il mercato) e il decoupling (la separazione del prezzo del gas da quello dell’elettricità). Averne raggiunti solo due nonostante le pressioni e l’emergenza, è troppo poco. Per la maggior parte invece è quello che deve essere: “Un altro passo verso politiche sempre più condivise e comuni” da costruire appunto anche “attraverso queste lunghissime riunioni”.
Se l’obiettivo di questi tre vertici internazionali convocati e consumati a Bruxelles in poco più di 48 ore era dare la prova plastica della compattezza e dell’autorevolezza che ne deriva, l’Europa ha vinto insieme con gli Usa e la Nato. Se l’obiettivo era decidere operativamente su tutti i quattro punti dell’agenda “energia” messi all’ordine del giorno, allora il bilancio è meno positivo. Se invece, più realisticamente, uno deve dare un giudizio di insieme, “è andata bene visto che i 27 hanno raggiunto l’accordo su due punti alla fine di una lunga, elaborata e molto tecnica riunione”. La riunione del Consiglio è terminata alle 19 e 20. Nella pur lunga storia dei consigli europei, si ricorda che solo due volte i tempi si erano così allungati nel seconda e conclusiva giornata: il fallimento della Grecia e nel 2020 quando l’emergenza fu la pandemia. Il tema chiave in agenda nel secondo giorno di summit è stato l’energia.
La lunga giornata è ruotata intorno alle richieste del premier spagnolo, Pedro Sànchez, che ha chiesto di avere un tetto ai prezzi dell’energia e ha puntato i piedi per arrivare a strappare almeno un’eccezione per la penisola iberica. Contro si è trovato gli Stati paladini del libero mercato, Germania e Olanda in testa. Per loro la misura sarebbe un’alterazione del libero mercato. Al contrario, Spagna ma anche Italia e Portogallo e Grecia, sostengono che il mercato in realtà “non è più libero nella situazione attuale, simile a quella di un’economia di guerra”. Basta vedere cosa è successo ieri mattina quando è stato ufficiale l’annuncio di Biden di rifornire l’Europa, entro la fine del 2022, di ben 15 miliardi di metri cubi di gas liquido da far arrivare con le navi dall’altra parte dell’oceano. Si tratta di una prima fornitura che dovrebbe arrivare a regime, entro il 2030, a 50 miliardi di mc di gas. Praticamente un terzo del fabbisogno europeo. I mercati hanno subito fatto abbassare i listini in un’altalena di sali-scendi che dimostra tutta la speculazione in atto.
Sulle prime due proposte della Commissione – acquisti comuni di gas e stoccaggio minimo (entrambi facoltativi e non obbligatori) – è stata trovata già a fine mattinata un’ampia convergenza. Nulla da fare invece sugli altri due punti, a cominciare dal “tetto ai prezzi” che andrebbe a incidere maggiormente sui paesi a basso debito. Le varie delegazioni che hanno potuto seguire i lavori hanno definito il dibattito “intenso e dettagliato” e soprattutto “molto tecnico”. E con le differenza tra paese e paese era “oggettivamente impossibile arrivare oggi ad un accordo”. Spiegava a metà pomeriggio un alto funzionario: “Il punto di partenza per gli Stati membri è ovviamente molto diverso, ma gli obiettivi sono gli stessi. Una soluzione unica è perciò difficile da trovare e anche i leader condividono la pressione delle opinioni pubbliche”. La cosa positiva è che i 27 sono comunque rimasti uniti. “Nessuno – spiegano fonti del Consiglio – ha detto veramente no a qualche proposta, è stato deciso di andare avanti con le valutazioni e di cercare mediazioni possibili per tutti”.
I 27 hanno discusso anche della richiesta/minaccia di Putin di farsi pagare in rubli le forniture di gas. “Siamo stati compatti” ha detto Draghi “ nel dire che i contratti sono in euro o in dollari. Dunque, se Putin insiste su questo, siamo di fronte ad una palese violazione dei contratti”. Una guerra di ricatti sull’unico bene disponibile per il Cremlino – il gas – che garantisce alle casse russe circa un miliardo al giorno. Siamo alla vigilia di un taglio delle forniture? “Non credo” ha detto Draghi. “L’Europa è il più grosso acquirente di gas naturale al mondo ma la Russia esporta praticamente solo gas” ha sottolineato il premier. Il ricatto, insomma, non ha solo una vittima.
In attesa delle “conclusioni finali”, in sostanza il verbale del Consiglio, emergono anche altri punti su cui è stato raggiunto un accordo di massima. Per quello che riguarda il settore energia, è stato concordato il sostegno economico per famiglie ed imprese e un fondo europeo per sostenere le spese che non possono essere del tutto a carico dei singoli paesi. E la tassazione degli extraprofitti fatti dalle società del comparto energia (cosa che l’Italia ha già fatto nell’ultimo decreto).
Grandi passi avanti sul tema della Difesa comune. I 27 hanno approvato la cosiddetta “bussola strategica” , ovverosia “la direzione e la visione comune per gli sforzi dell’Unione europea in materia di sicurezza e difesa nei prossimi 5-10 anni”. In poche parole l’esercito europeo che dovrebbe contare su 150 mila uomini. Via libera definitivo anche al 2% di pil per le spese militari. “Ricordo – ha detto Draghi – che questa è un impegno già preso nel 2006 a cui ora, visto il contesto , viene data attuazione. Avere una Difesa europea è fondamentale per la nostra sicurezza. Non caso per De Gasperi era una delle prime cose da fare”. A volte, guardando gli alberi, si perde di vista la foresta. E in tutto questo ragionare di energia, tetto ai prezzi, contratti strategie economiche, ieri è sembrato quasi che nei palazzi europei non ci fosse più una guerra e la relativa devastazione di vite e cose. O almeno, che non fosse più quello il vero problema. Solo una sensazione, ovviamente.
Intanto fonti di intelligence occidentale diffondono informazioni circa una possibile data di fine delle ostilità (il 9 maggio). Il ministro della Difesa russo dice che “l’operazione è quasi conclusa, la Russia ha riconquistato il Donbass”. E dunque, a sera, tra una conferenza stampa e l’altra delle varie delegazioni europee, aleggia la seguente domanda: cosa si sta facendo veramente per portare Putin al tavolo almeno di una mediazione? “Io la sto cercando, veramente e gli altri leader europei anche. Hanno avuto colloqui con Putin e lo avrà anch’io. Noi cerchiano la pace prima di tutto” ha detto Draghi. Il modo migliore per dimostrare di volerla “è cessare le ostilità e sedersi al tavolo. Se non si fa vuol dire che si spera di guadagnare terreno. Ed è quello che sta facendo Putin che finora non ha mai accettato di sedersi ad un tavolo”. Ad un certo punto questo succederà. “Speriamo – ha concluso Draghi – che succeda prima che si arrivi alla distruzione totale dell’Ucraina. Prima che avvenga quello che purtroppo è avvenuto con l’Unione Sovietica quando invase Polonia, Ungheria e Cecoslovacchia.
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