“Una minaccia diretta e di lungo periodo” per l’Europa. Così Josep Borrell ha definito la Russia parlando di una nuova politica di difesa dalla Ue. L’Alto rappresentante per la sicurezza dell’Unione ha diplomaticamente aggiunto che i piani di difesa approvati dai Ventisette non sono una risposta diretta all’invasione russa dell’Ucraina, che sono stati formulati per far fronte a minacce di vario tipo da qualsiasi parte provengano. Ma ha fatto intendere che se l’idea di cui si discute da anni è passata in questi giorni dalla pura teoria alla formulazione concreta è stato solo e semplicemente perché il 24 febbraio Putin ha invaso l’Ucraina. Ha detto che la notizia dell’invasione ha obbligato a “un risveglio delle coscienze”.

La ferocia mostrata dalle pretese imperiali del Cremlino ha imposto alla Ue di non temporeggiare ancora e così son stati tirati fuori dal cassetto i piani concreti che permetterebbero all’Europa, a detta di Borrell, di disporre di una capacità dissuasiva e di una eventuale risposta rapida. Di fatto si tratta di una forza militare operativa comune che dovrebbe poter contare su almeno cinquemila soldati. Prime manovre congiunte previste per il 2023. Nel documento approvato c’è scritto: “Faremo fronte alla situazione in modo risoluto”. “Le azioni aggressive e revisioniste del governo russo, insieme al suo complice bielorusso, sono una minaccia diretta alla sicurezza e sono rivolte a tutti i cittadini europei”. “Quando mesi fa parlavo del progetto di difesa dicevo che l’Europa è in pericolo e qualcuno poteva anche pensare che io stessi venendo un prodotto. Adesso il pericolo è evidente” ha detto Borrell. Un lessico impensabile solo due mesi fa. Nel documento comune la Cina è definita come “un rivale che sta aumentando il suo arsenale nucleare”. L’Alto rappresentante per la politica estera nel presentarlo ha accuratamente evitato di pronunciare la parola Pechino.

Ma il messaggio diplomatico tra le righe, fatto di allusioni, toni, modi e mezze frasi, è sostanzialmente questo: registriamo il fatto che a Putin e a Xi Jinping piace dire che noi tutti viviamo in un mondo multipolare. Ci fa piacere e non possiamo che esser d’accordo. Questo non vuol dire però che qualche Paese, perché è potente o perché dispone di un territorio molto grande, può pensare di aver diritto a dividere il mondo in aree di influenza come facevano gli imperi coloniali in epoche passate. Anche se è geograficamente collocata dove è collocata, l’Ucraina ha tutto il diritto ad essere un Paese sovrano indipendentemente da chi siano i suoi vicini. Questa è una regola di convivenza dell’epoca moderna che anche Putin deve accettare. Si tratta della differenza tra un mondo governato dallo stato di diritto e uno che non lo è. E l’Europa non intende rinunciare a questa regola. L’atteggiamento di Borrell è soave, la sostanza di quel che dice è una sassata.

Anche se i piani di difesa comune non sono poi così diversi da quelli di cui era uscita a fine novembre 2021 una prima bozza, l’aver accompagnato la loro presentazione alla definizione rotonda di Mosca come “minaccia diretta” all’Europa è una risposta concreta alle smanie di Putin di ripristinare gli antichi fasti della potenza imperiale di Mosca e anche allo spaventoso contenuto del documento firmato il 4 febbraio scorso a Pechino da Putin e Xi Jinping nel quale i due, tessendo le lodi del mondo multipolare, hanno messo nero su bianco l’idea- tutta loro – di un concetto di democrazia e di libertà a geometria variabile, dove anche un Paese nel quale partiti d’opposizione siano fuorilegge, i dissidenti incarcerati e le elezioni una farsa dovrebbe essere considerato libero e democratico sulla base di uno strampalato relativismo a uso e consumo di Mosca e di Pechino. Una esplicita dichiarazione di guerra ai valori della libertà e della democrazia universalmente intesi, che sono valori occidentali perché storicamente in Occidente al momento si sono affermati e in Russia e in Cina no.