Qualcuno lo ha definito “il vertice della rifondazione europea”. Altri il vertice “della svolta”. Oppure del “se non ora quando”. Da stamani infatti tra palazzo Justus Lipsius, sede del Consiglio Europeo e il quartiere generale della Nato, ci saranno in contemporanea ben tre vertici – G7, Nato e Consiglio europeo dei capi di stato e di governo dei 27 paesi Ue – a cui sarà presente il presidente Usa Joe Biden oltre ai capi di stato e di governo di oltre trenta paesi. C’è un forte valore simbolico in tutto questo: Europa, Gran Bretagna, Stati Uniti, vogliono mostrare a Putin la potenza e la compattezza dell’Occidente contro la follia di uno solo. Come un’arma della guerra ibrida.

I tre summit hanno soprattutto e ciascuno a modo suo agende decisive per la sicurezza, per la tenuta economica e sociale dell’Europa e dell’Occidente. I grandi della Terra riuniti nella capitale belga hanno almeno due obiettivi principali: provare a dare una svolta alla guerra; tamponare gli effetti economici, prima di tutto la carenza di materie prime legate all’energia, ad alcuni metalli e al grano di cui la Russia è grande produttore ed esportatore.

L’agenda Italia
Nelle comunicazioni che il Presidente del Consiglio rende per prassi al Parlamento alla vigilia di ogni vertice europeo (ieri mattina alla Camera; ieri pomeriggio al Senato; nel mezzo il pranzo al Quirinale), Draghi ha elencato cosa l’Italia si aspetta da ciascuno dei tre vertici. Sul tavolo del Consiglio europeo il governo mette varie richieste: “La gestione comune del mercato dell’energia”; “il coordinamento tra Commissione e stati membri per la diversificazione negli approvvigionamenti”; un “approccio comune, quindi europeo, per gli acquisti e la fase dello stoccaggio di gas e petrolio”; un “tetto europeo al prezzo del gas”; la divisione tra bolletta luce e bolletta riscaldamento, cioè del “prezzo del gas da quello dell’elettricità che, grazie alle rinnovabili, costa assai meno”. Si tratta di dossier già sulla scrivania di Ursula von der Leyen e della Commissione, già trattati dieci giorni fa a Versalilles, su cui però i 27 non avrebbero mostrato la compattezza necessari. Sherpa e diplomazie sono al lavoro da giorni e nei palazzi di Bruxelles gira un certo ottimismo. “Auspico decisioni ambiziose e subito operative ha detto Draghi ieri al Parlamento che lo ha seguito compatto e senza particolari polemiche nonostante i mal di pancia pacifisti, del partito della resa e dei putiniani. Per fare questa svolta e il passo in avanti occorre che l’Europa cambi buona parte delle sue regole. Il problema di quella che il premier chiama “autonomia strategica” riguarda infatti l’approvvigionamento di molte materie prime legate alla filiera dell’acciaio, dell’alimentare, dell’agricoltura, della ceramica.

Autonomia energetica
Come sottrarsi al ricatto delle materie prime russe è il tema chiave della riunione dei 27. “L’Italia si sta muovendo assai rapidamente sul fronte delle diversificazioni” ha detto Draghi. Il governo ha fatto blocco con con gli ex Pigs, diventati Med men (Portogallo, Italia, Grecia e Spagna), un gruppo per contrastare i niet dei frugali. E della Germania. “È chiaro – ripete il premier – che gli stati nazionali non possono fare tutto da soli”. Serve più Europa. Alcune misure sono contenute nel decreto Ucraina di venerdì scorso come la tassazione dei sovraprofitti delle aziende del comparto energetico: in Italia la tassa sarà del 10%. Nelle bozze circolate ieri a Bruxelles si legge che “la tassazione temporanea degli utili straordinari può essere una utile fonte di finanziamento”. Nelle stesse bozze la Commissione europea ha definito quattro opzioni per fronteggiare il caro prezzi del gas: misure fiscali sugli utili delle aziende del comparto energia; misure fiscali per sostenere i consumatori; aiuti di Stato all’industria colpita dal caro Energia; la definizione di un limite ai prezzi del gas in Europa. Si fa riferimento anche allo stoccaggio comunitario del gas: “Entro il primo novembre 2022, gli Stati Ue devono assicurare che gli stock di gas siano riempiti almeno al 90% della loro capacità”.

A febbraio, maggio, luglio e settembre sono previsti obiettivi intermedi per garantire che il target finale sia rispettato e ci sia tempo per correggere la rotta. Si parla anche di acquisto volontario comune di gas per spuntare prezzi migliori nelle trattative con i venditori. Gli Stati membri e la Commissione “dovranno urgentemente coordinare le misure per garantire livelli adeguati di stoccaggio del gas; collaborare all’acquisto congiunto di gas, GNL e idrogeno; istituire i necessari meccanismi di solidarietà; completare e migliorare le nostre interconnessioni”. Sul tema dell’embargo al gas russo – una delle poche fonti di reddito rimaste al Cremlino – non c’è invece accordo tra i 27. Difficile che la Commissione riesca a dare risposte.

Nuove sanzioni in arrivo. Ma il rublo risale
Sul tavolo del G7 il nodo principale è quello delle sanzioni economiche alla Russia, l’arma ibrida che tutto l’Occidente sta usando per spingere Putin ad un tavolo di pace. Il presidente Biden annuncerà oggi sanzioni economiche a 300 membri della Duma (tesori portati all’estero e che, una volta rintracciati, vengono congelati). “Contro figure politiche e oligarchi” ha precisato nel pomeriggio la Casa Bianca. Anche la Ue è pronta con un nuovo pacchetto di sanzioni. In una delle bozze si legge che “la Ue rimane pronta a muoversi rapidamente con ulteriori sanzioni coordinate contro la Russia e la Bielorussia dopo aver adottato sinora misure significative che hanno avuto un impatto significativo su Mosca e Minsk”.

È probabile che questa nuova misura vada a toccare il settore energetico, al momento una delle poche fonti di guadagno per lo stato russo. Come contromossa ieri Putin ha fatto sapere che il gas e il petrolio russo possono essere pagati solo in rubli. Gli osservatori fanno notare – e non è una bella notizia – che il rublo ha perso il 42% sull’euro nelle prime due settimane di guerra. Nelle seconde due settimane però ha già recuperato il 32%. Significa che la rete delle sanzioni ha dei grossi buchi e non stanno funzionando come dovrebbero. “È l’arma migliore che abbiamo per convincere Putin a sedersi al tavolo delle trattative con intenzioni serie” ha detto Draghi. Ma l’unica vera sanzione a questo punto è fare a meno del gas e del petrolio russo. Gli Stati Uniti lo hanno già fatto. L’Europa è troppo dipendente. E si torna così, come un gioco dell’oca, al tema dell’autonomia energetica. Anche per questo oggi Biden porterà all’Europa una proposta di piano Marshall per l’energia.

“Aiutare ancora di più la resistenza ucraina”
Si riscrive la storia in questi giorni a Bruxelles, avamposto dell’Occidente rispetto a Mosca e alle mire espansionistiche dello zar del Cremlino. Cambiano in fretta accordi, rapporti, equilibri, le geo-economia e la geo-politica fanno salti doppi e tripli. E arriviamo al tavolo della Nato, forse – tra i tre – il summit a cui guardiamo con più apprensione. La linea rossa è chiara: la Nato non entrerà in guerra con la Russia. E però serve un salto di qualità alla resistenza ucraina. “I leader della Nato discuteranno come garantire che l’Ucraina continui a difendersi da sola” ha detto Jake Sullivan, il consigliere per la sicurezza nazionale della Casa Bianca. I paesi dell’est Europa – Polonia in testa – chiedono “iniziative più forti”. Almeno l’invio di più armi. Sarà deciso un “nuovo rafforzamento della Nato a est”.

I ministri degli Esteri europei due giorni fa hanno approvato la Bussola strategica, lo “Strategic Compass”, il documento che definisce il percorso per una politica militare dell’Unione. Si parla di un esercito di 150 mila uomini. Quando nacque l’Europa Alcide De Gasperi aveva previsto un sistema di difesa. Non ci siamo mai riusciti. “Bisogna affrontare queste crisi non col senso di smarrimento ma in senso positivo, negoziare ed essere pazienti” ha detto Draghi ieri in replica al Senato prima di partire per la maratona di Bruxelles. “La bussola strategica – ha aggiunto – è un piano straordinario in vista della difesa comune del futuro”. Perché la pace e la libertà si difendono anche con le armi. Se necessario. Così come è necessario armare la resistenza ucraina.

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Giornalista originaria di Firenze laureata in letteratura italiana con 110 e lode. Vent'anni a Repubblica, nove a L'Unità.