Lo storico greco Polibio che di Scipione Emiliano, detto l’Africano, era stato maestro, narra di aver visto il generale romano piangere difronte alle rovine di Cartagine rasa al suolo dal suo esercito nella terza guerra punica: la spiegazione è che a Scipione il crollo di Cartagine prefigurava il crollo che, prima o poi, avrebbe subito Roma; insomma, era la precarietà anche di una grande potenza. L’ex colonnello del Kgb, ora dittatore russo, non sarebbe mai capace di un tale pensiero, anche se, nei commenti di questi giorni, la distruzione di Cartagine viene citata – mentre si diffondono le immagini dell’orrore della guerra mossa da Putin – dalla catastrofe che sta determinando, fino ad uccisioni che avvengono, come l’epoca dell’impero romano, per ludibrium.

Dal discorso tenuto da Zelensky al Parlamento italiano è emersa chiara, se ancora se ne fosse ravvisata la necessità, la barbarie che sta compiendo, soprattutto in alcune città dell’Ucraina, l’armata russa, nonché l’esigenza che l’Occidente faccia di più per quella terra martoriata. Occorre intensificare gli sforzi della diplomazia e il coordinamento internazionale per arrivare a un “cessate il fuoco” in tempi brevissimi. Ma lungo questa strada, non va trascurata la necessità di valutare anche l’istituzione nei confronti della Russia di un “embargo totale”: costerà non poco anche a chi lo promuove, ma, in presenza di un’opposizione putiniana (Zelensky ha ripetutamente fatto riferimento, senza chiamarlo per nome, a un solo uomo responsabile della catastrofe) a una cessazione condizionata e a termine delle ostilità perché eventualmente si intende affermare la supremazia su molte aree del Paese, allora l’embargo totale diventerebbe inevitabile; sarebbe una scelta di civiltà. Ma dalle riunioni che si svolgeranno, oggi e domani, della Nato, del G7 e, infine, del Consiglio europeo è lecito attendersi misure efficaci.

Mario Draghi, nell’intervento in Parlamento svolto dopo il discorso di Zelensky, ha, tra l’altro, fatto riferimento anche ad “aiuti militari” alla resistenza ucraina. Nel meeting dei Capi di Stato e di Governo è però importante che siano adottate le misure di cui da tempo si sta parlando in materia di prezzi di prodotti energetici e di stoccaggio; più in generale, per la definizione di un’organica politica dell’energia che non si limiti alla “tassonomia”, ma che preveda misure unitarie e avanzate. Nei giorni scorsi si è parlato di una sorta di Recovery Plan dell’energia. È difficile prevedere se in materia si potrà realizzare, sempreché resti in piedi la proposta, una importante convergenza, dal momento che per un Piano della specie torna in ballo la mutualizzazione dei debiti contro la quale sono schierati i cosiddetti Paesi frugali. Ma solo avanzamenti nel campo energetico a livello europeo potranno spiegare le insufficienti risorse previste dalle delibere del Consiglio dei Ministri di venerdì scorso, a cominciare dalla riduzione per 25 centesimi al litro del prezzo della benzina, con validità di 30 giorni, e dai due mesi nei quali sarà vigente la rateizzazione delle bollette, nonché da altri interventi, importanti, sì, ma limitati nella quantità e nella durata.

Tutto ciò, mentre viene rivista al ribasso la crescita del Pil nell’anno, dal 4,7 indicato nel Documento di economia e finanza (Def) dell’ottobre scorso al 3 per cento e, secondo alcuni previsori, al 2,7 per cento. Il rapporto deficit-Pil previsto, per l’anno in corso, stimato al 5,6 per cento non potrà essere, dunque, mantenuto. A febbraio l’inflazione è cresciuta del 5,7 per cento. Si constata ancora meglio come la crescita del 6,6 per cento dello scorso anno fosse in effetti dovuta per una parte non secondaria a un rimbalzo con l’uscita dalla fase più virulenta della pandemia. Vedremo come sarà impostato il Def di quest’anno. In ogni caso, se a livello europeo non si registreranno rapidamente iniziative valide, anche se esse non dovessero essere la copia in campo energetico delle quantità previste dal Next Generation Eu, allora sarà inevitabile (anche per i problemi del reperimento delle risorse con la pur sicuramente condivisibile tassazione degli extra-profitti delle imprese operanti nel settore dell’energia) ricorrere allo scostamento di bilancio. Sarebbe stato, comunque, preferibile ricorrervi ab initio o comunque non escluderlo tassativamente.

Occorrerà prevedere, quindi, un sostegno più solido e porre in essere un “pacchetto” che guardi anche al futuro, raccordandosi con la strategia della transizione ambientale, senza limitarsi a scommettere sulla riduzione dei fabbisogni con la primavera e poi con l’estate. L’accentuazione delle sanzioni contro la Russia aumenterà, se vi si ricorrerà, i bisogni di misure di sostegno e compensative, renderà più pesante la condizione del debito, dovrebbe far ritenere doveroso l’intervento dell’Unione. Tutto ciò non solo per la primaria, doverosa tutela dei cittadini, in particolare dei meno abbienti, ma anche per evitare divisioni nella società civile e politica che si potrebbero riflettere, vedendo la guerra in maniera distorta, a danno dell’unità che occorre per aiutare l’Ucraina in una battaglia di civiltà e per il cessate il fuoco.