Jean Pierre, Alfredo, Maria Paola, Ciro: questi sono solo alcuni nomi – i più recenti, i più noti – di persone che hanno dovuto subire sulla propria pelle (in un caso, quello di Maria Paola Gaglione, rimettendoci la stessa vita) le conseguenze dell’omolesbobitransfobia in Italia. Nomi che sono storie: storie di dignità violata da azioni esecrabili, che affondano le loro radici in una cultura fin troppo diffusa nel nostro Paese. L’omolesbobitransfobia è, infatti, parte di un fenomeno più vasto, di una tendenza – sempre più forte, e alimentata sia dalla cattiva politica, che da forze sociali e culturali accecate dall’ideologia e dal pregiudizio – a marginalizzare ogni diversità, che viene additata come pericolo, fonte di angoscia, paura e insicurezza per la parte “maggioritaria” della popolazione.

A questo vuole dare risposta il disegno di legge Zan. Un testo atteso da più di trent’anni, che allineerebbe l’Italia alle altre democrazie europee nel segno dell’eguaglianza, facendoci guadagnare almeno qualche posizione nelle classifiche dell’inclusione delle persone Lgbt+ (ad oggi, secondo la Rainbow Map di Ilga Europe, siamo infatti al 35° posto su 47° stati membri del Consiglio d’Europa: una vergogna intollerabile per uno stato fondatore dell’Ue). La proposta di legge è stata approvata dalla Camera dei Deputati all’inizio dello scorso novembre, dopo un lavoro lungo e tenace: una discussione approfondita, che ha condotto a un testo equilibrato, capace di attrarre consensi trasversali. Da quel momento, il provvedimento è fermo al Senato: dapprima la sessione di bilancio, poi la crisi di governo ne hanno rallentato l’iter.

Adesso, però, non ci sono più scuse. Per questo, è davvero inaccettabile – e torno a denunciarlo, con forza – l’atteggiamento del presidente della commissione Giustizia (Andrea Ostellari, della Lega) che continua a rinviare la convocazione dell’Ufficio di Presidenza per la calendarizzazione della proposta di legge. E non è solo, in questo: dietro di sé ha infatti, oltre alla Lega, Fratelli d’Italia e una parte di Forza Italia. Ma la maggioranza della Commissione, invece, è decisa ad approvare la legge in tempi rapidi e questo il presidente non solo dovrebbe saperlo, ma soprattutto dovrebbe tenerlo in conto. Si dirà che è “normale” ostruzionismo, come tante volte già avvenuto: io dico che è qualcosa di più grave, e non temo – nel dirlo – le improbabili accuse di analfabetismo istituzionale che, con il consueto accanimento, mi sono state rivolte.

È qualcosa di molto più grave, una questione di metodo democratico: perché non ci si sta opponendo – al limite, anche in modo ostruzionistico – al merito del provvedimento, ma si sta impedendo che si inizi anche solo a discuterlo. E la discussione è il principio stesso della dialettica democratica in Parlamento. Un atteggiamento – quello di Lega e FdI – che tuttavia non mi stupisce, ed è perfettamente coerente con la loro fascinazione per le democrazie illiberali, alla Orban o alla Morawiecki (proprio mentre scrivo queste righe, Salvini si prepara a un nuovo incontro con entrambi, a Budapest). Non mi stupisce, ma mi fa riflettere: è questa la svolta europeista che, secondo alcuni, avrebbe segnato l’ingresso della Lega nel governo Draghi? Come si sposano questi atteggiamenti con la chiara presa di posizione delle istituzioni europee – in primo luogo il Parlamento – sulla pari dignità delle persone Lgbt+ e con le nette aperture all’Europa del nuovo governo italiano?

Tutto questo, evidentemente, non fa venir meno la determinazione del Partito democratico e delle altre forze che si sono spese per l’approvazione della proposta di legge: M5s – che alla Camera, con coerenza, non ha presentato alcun emendamento e, ne sono certa, manterrà lo stesso atteggiamento al Senato – Leu, Italia Viva, Autonomie, con la fiducia che a noi si aggiungano tante colleghe e tanti colleghi da Forza Italia e dal centrodestra. Occorre mettere da parte ideologie e pregiudizi, e rendersi conto che questa è una legge non solo utile, ma urgente: è una legge che parla alla vita di tante persone – donne, persone Lgbt+, persone con disabilità – rese vulnerabili da un clima culturale che dobbiamo arginare con gli strumenti buoni della prevenzione, e con un saggio uso del diritto penale.

La proposta Zan fa esattamente – e soltanto – questo. Reprime discorsi e crimini d’odio misogino, omolesbobitransfobico e abilista una volta che si sono verificati, estendendo ad essi gli strumenti già collaudati della legge Mancino; ma, soprattutto, trasforma le condizioni culturali e sociali in cui quei discorsi e quei crimini trovano terreno fertile, con specifiche politiche di prevenzione e sostegno. E lo fa senza ledere nessuno – né tantomeno, la libertà di espressione – ma tenendo assieme il riconoscimento e la tutela della pari dignità con le ragioni della convivenza democratica.