L'Agenzia Europea sbugiarda i governi
L’Ema fa ripartire i vaccini, ma l’Italia spreca un giorno in più per far contenta l’Aifa
Il vaccino AstraZeneca «non può essere associato a eventi di trombosi». Emer Cooke, direttrice operativa dell’agenzia europea per il farmaco Ema chiude il caso alle 5 del pomeriggio. Lo fa con un certo piglio, chiarezza e soddisfazione dopo che martedì s’era già esposta al mondo nel dire: «Non siamo stati noi a chiedere di sospendere le vaccinazioni, il nostro sistema di farmacovigilanza è attivo, stiamo esaminando alcune segnalazioni giunte da vari paesi europei ma al di là delle verifiche in corso siamo certi nel dire che i vantaggi di AstraZeneca sono superiori agli eventuali rischi». L’ufficializzazione di una notizia che molti davano già per scontata, arriva esattamente 72 ore dopo che sedici governi europei avevano deciso di sospendere la somministrazione per “motivi precauzionali”.
Adesso c’è da rimboccarsi le maniche perché, come ha detto il premier Draghi ieri mattina alla solenne cerimonia a Bergamo in memoria e in onore delle vittime del Covid e prima ancora del verdetto Ema, «la campagna vaccinale deve andare avanti come e più di prima per raggiungere gli obiettivi prefissati». Cinquecentomila vaccinati al giorno, immunità di gregge all’80% tra settembre e ottobre. Presto però non è subito. In Italia la somministrazione di AstraZeneca ricomincia oggi alle 15 in tutti gli hub secondo le liste già note. Chi si rifiuta, è la decisione del Commissario-generale Francesco Figliuolo, finirà in fondo alla lista. In pratica perde il posto. In Francia è ripresa già ieri pomeriggio. Noi non possiamo perché Aifa deve prima riunione il Comitato per i farmaci ad uso umano (Chmp). E poi fare anche una conferenza stampa. Come se in questi tre giorni direttori, presidenti e dirigenti Aifa non avessero già detto abbastanza. Forse dovranno spiegare perché hanno bloccato AstraZeneca mentre ne garantivano la sicurezza in interviste talk show.
La direttrice Cooke è stata chiara ma non perentoria. AstraZeneca è «sicuro ed efficace», ha detto in premessa. Si sono verificati «25 casi sospetti su 20 milioni di vaccinati», numeri che non possono definire “un caso” anche perché le trombosi sono purtroppo molto diffuse. E comunque, poiché questi 25 casi, di cui tre in Italia e sette in Germania, hanno mostrato una qualche specificità, «sulla base delle evidenze disponibili e dopo giorni di analisi approfondita dei report clinici dei risultati in laboratorio, delle autopsie e di ulteriori informazioni dagli studi clinici, non possiamo ancora escludere definitivamente un legame tra questi casi e il vaccino». Ecco perché il rinnovato via libera è condizionato ad una raccomandazione: aggiornare il bugiardino della confezione AstraZeneca. «Il Comitato (per la valutazione dei rischi per la farmacovigilanza, ndr) ha raccomandato – ha spiegato la direttrice – di aumentare la consapevolezza di questi possibili rischi assicurandosi che siano inclusi nelle informazioni sul prodotto. Questo aiuterà ad individuare e mitigare ogni possibile effetto collaterale». Cooke ha aggiunto anche che «adesso i paesi possono prendere decisioni informate».
Matteo Salvini non ha perso tempo e ha subito attaccato l’Europa. Non è il solo. Hanno tutti sbagliato mira, però. Se il verdetto dell’Agenzia di vigilanza è indispensabile per l’uso di un medicinale nella Ue, è però esclusiva dei governi e dei singoli stati decidere se usare o meno quel medicinale. Che è esattamente quello che è successo lunedì: Ema non ha mai ordinato lo stop del vaccino. Lo hanno invece fatto i singoli ministri della Salute. Ben 16, uno dopo l’altro. Per quello che riguarda l’Italia, possiamo dire con ragionevole certezza che palazzo Chigi si è trovato un po’ “costretto” da una scelta già assunta da paesi amici e vicini come Germania, Francia e Spagna. E quando lunedì scorso è arrivato lo stop di Aifa (piuttosto, Aifa è un ente autonomo e non dovrebbe obbedire alla politica) era già troppo tardi per correggere in qualche modo.
Draghi adesso vuole riprendere le vaccinazioni a ritmo serrato. Il confronto su questo con il Commissario è continuo. «Siamo soddisfatti per il pronunciamento di Ema – ha commentato nel pomeriggio il premier – riprenderemo la somministrazione da domani (oggi, ndr)». Vaccinare tutti gli italiani il prima possibile: «È questa la priorità del governo». Per questo ha fretta e ci mette la faccia. Cosa che farà anche oggi quando prenderà parte alla sua prima conferenza stampa a 35 giorni dal giuramento per spiegare il decreto Sostegni, 32 miliardi di aiuti a famiglie e imprese. I vaccini sono anche qua: ben 5 miliardi sono stati recuperati qua e là per il dossier vaccini. Che comprende anche la voce “produzione nazionale”. Cosa a cui nessuno aveva mai lavorato prima. Sarà la prima di Draghi alla prova col “debito buono”. E con le diversità della sua larga maggioranza.
A chi protesta, strumentalizza e accusa governo e ministri, si deve rispondere con l’argomento del «giusto equilibrio nei tempi di approvazione». Cosa preferiamo in casi come il Covid? Approvazioni rapide che mettono in conto reazioni avverse? Approvazioni severissime, che invece non ne prevedono neppure una? In questo caso il vaccino sarebbe arrivato tra 4-5 anni. C’è anche una terza strada: un sistema con procedure rigorose che si autocontrolla di continuo grazie alla vigilanza su eventuali eventi avversi non emersi durante gli studi clinici. È il buon compromesso scelto per AstraZeneca. Al netto di guerre commerciali e geopolitiche che sono l’altra faccia di questa storia.
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