Sos da Lesbo: portateli in terraferma prima che sia troppo tardi! Prima che il coronavirus si impadronisca dei loro corpi, già piegati da stenti e sofferenze indicibili. Lesbo, girone dell’inferno. Lesbo, peggio di Gaza. Oltre 20.000 esseri umani, in maggioranza donne, bambini, anziani, ammassati in un campo profughi, quello di Moria che al massimo ne può contenere 3.000. A Lesbo continua ad operare Medici Senza Frontiere (MSF).

Marco Sandrone è il capo del progetto di MSF nell’isola. Nei giorni scorsi, a fronte di una repressione sempre più violenta, MSF ha dovuto prendere una decisione sofferta ma inevitabile: chiudere la clinica pediatrica davanti al campo profughi, per gravi ragioni di sicurezza. «È doloroso per noi non poter svolgere il nostro lavoro ma la sicurezza del nostro staff è condizione necessaria per poter assistere i nostri pazienti – racconta Sandrone in una audiotestimonianza rilanciata dall’agenzia Sir e raccolta da Il Riformista.

Dall’inizio dell’anno, mentre tutte le ong chiedevano aiuto per la situazione ingestibile, ci siamo trovati davanti a una repressione violenta, lacrimogeni lanciati contro richiedenti asilo che manifestavano per chiedere servizi di base, non solo per strada ma anche di fronte alla nostra clinica pediatrica. Da settimane l’ostilità e la frustrazione sono diventate ingestibili, cori di reazioni aggressive da parte di gruppi isolati contro la disperazione degli abitanti di Moria, nella completa assenza delle istituzioni greche. A pagarne il prezzo più alto sono i più indifesi tra gli indifesi: i bambini».

La clinica pediatrica di Msf conta più di 100 visite al giorno, tra cui bambini con gravi patologie cardiache, casi di epilessia, diabete. Soffrono di problemi respiratori, dermatologici, legati alla nutrizione e psicosomatici. Bambini «spaventati, esposti a situazioni pericolose e senza un posto sicuro dove stare – la testimonianza del capo progetto -. Si chiudono a guscio. Accogliamo genitori che ci dicono che i loro bambini non vogliono più uscire dalle tende, che hanno smesso di parlare. Oltre al trauma della guerra, della fuga, la sofferenza di vivere a Lesbo toglie ogni speranza ai nostri piccoli pazienti».

«Il diritto di essere bambini – dice il responsabile di MSF – è qui fagocitato dalla miseria di un campo senza dignità, alle porte dell’Europa». Una Europa che oltre agli occhi ha chiuso le porte a questa umanità sofferente. «Gli Stati membri dell’UE – è il messaggio che giunge da Lesbo, da chi gli occhi non li ha chiusi e continua a provare a salvare vite umane – devono affrontare la vera emergenza: evacuare le persone dalle isole verso quei Paesi europei che sono in grado di accoglierli, fornire un sistema di asilo funzionante, smettere di intrappolare le persone in condizioni orribili, disumane. Il calcolo politico sulla pelle degli innocenti deve essere fermato ora».

Ora che il rischio di una catastrofe sanitaria si fa sempre più concreto e ravvicinato, non raccogliere questo accorato appello, da parte dell’Europa, dei suoi Stati, dei suoi leader, vuol dire macchiarsi del crimine più grave: quello contro l’umanità.

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Esperto di Medio Oriente e Islam segue da un quarto di secolo la politica estera italiana e in particolare tutte le vicende riguardanti il Medio Oriente.