Ci sarà almeno una pausa nella concentrazione tutta dedicata dai membri del Governo e dalle forze politiche alla vicenda del Quirinale per riflettere sull’inflazione e sulle misure di contrasto da valutare? O bisognerà attendere che di questo non secondario argomento si potrà parlare solo post festum, una volta eletto il nuovo Presidente, ammesso che ci si riuscirà in tempi brevi? Negli Usa, a dicembre, pur tenendo conto della diversità degli indici, l’indice dei prezzi al consumo è salito del 7 per cento, mentre quello core è aumentato del 5,5 per cento.

Nell’Eurozona, a novembre, l’inflazione è salita al 4,9 per cento e rimarrà, come sostiene l’ultimo Bollettino della Bce, oltre il 2 per cento per tutto il 2022, per poi scendere all’1,8 nel 2023. L’aumento è dovuto al rincaro del carburante, del gas e dell’elettricità. Per ora contribuisce, come spiega il Bollettino, all’elevata inflazione il venir meno della riduzione dell’Iva in Germania. Il non adeguato funzionamento delle catene di approvvigionamento dei prodotti, contestualmente al “rimbalzo” dopo che in una prima fase sembrava superato il grosso della pandemia, è un altro elemento che contribuisce all’aumento dei prezzi.

Per l’Italia, alcune stime dell’inflazione segnalano una media per l’anno in corso del 3,4 per cento; le stime minori si attestano al 2,1, ma viene anche previsto un picco tra gennaio e febbraio del 4,4 per cento. Per l’incremento del costo degli elementi che sono necessari per la relativa produzione e il trasporto – il grano, le semole, i noli degli automezzi – è aumentato e aumenterà il prezzo della pasta. Si avverte soprattutto il peso delle bollette del gas e dell’elettricità, anche se alcuni prezzi erano stati fissati in precedenza dalle imprese produttrici. Da una situazione, non lontanissima nel tempo, in cui si era paventato l’avvicinamento alla deflazione, siamo passati al rischio opposto. Ora è probabile che negli Usa, la Federal Reserve, per reagire all’inflazione, muti, confidando nel fatto che non si avrebbero impatti sul lavoro essendo la disoccupazione scesa sotto il 4 per cento, la propria politica monetaria sin qui rimasta accomodante anche se con qualche temperamento, avvii la riduzione delle misure monetarie non convenzionali e proceda, non molto avanti nel tempo, al primo aumento dei tassi. Questo, secondo alcuni osservatori, dovrebbe essere seguìto da altri due nel 2022. Non esiste, ovviamente, un’automatico impatto di queste eventuali misure nell’Unione.

Tuttavia esse segnalano un cambiamento di fase. La Bce, come si ricava anche dal Bollettino, continua a ripetere che l’aumento dell’inflazione, non dovuto a cause strutturali, è transitorio, destinato a rientrare verso la fine di quest’anno e a collocarsi, nel 2023, sotto il 2 per cento. Per ora si presta totale fiducia in queste stime che coinvolgono massimamente la responsabilità e la credibilità dell’Istituto centrale. Ne discende che quest’ultimo seguita a ritenere, con il Capo economista Philip Lane, assolutamente improbabile un aumento dei tassi nell’anno in corso. Ma già il neo-presidente della Bundesbank, Joachim Nagel, ha ipotizzato che il tasso di inflazione possa rimanere più alto di quanto finora stimato, ritenendo che l’aumento dei prezzi sia dovuto non esclusivamente a cause straordinarie destinate a rientrare. Di qui, i rischi per la stabilità finanziaria. Il punto al quale si vuole approdare, in effetti, è il desiderato avvio della riduzione delle misure non convenzionali e, forse, l’aumento dei tassi di riferimento.

Il mutamento in chiave restrittiva della politica monetaria sarebbe assai pesante, innanzitutto, per il finanziamento del nostro debito e, poi, per il sostegno di imprese e famiglie, in una fase in cui la pandemia resta ancora virulenta, mentre il programma pandemico (Pepp) di acquisto di asset da parte della Bce è destinato a terminare con il prossimo 31 marzo, anche se vi sarà il reinvestimento dei titoli scaduti. È probabile che, nel Direttivo della Bce, già nella prossima riunione del 3 febbraio, si aprirà una nuova fase di confronto tra “ falchi” – i tedeschi e i rappresentanti di Banche centrali dei Paesi autodefinitisi frugali – che spingono per una politica monetaria non accomodante e “colombe”, innanzitutto gli esponenti di istituti centrali dei Paesi mediterranei, che sostengono l’inverso. Un ruolo di particolare impegno e di bilanciamento spetterà al componente italiano dell’Esecutivo, molto stimato, Fabio Panetta.

La Bce ha il mandato di mantenere la stabilità dei prezzi che è stata concretata nel “2 per cento simmetrico”, con la conseguenza che scostamenti al di sopra e al di sotto, in un’ottica di non breve termine, vanno contrastati. Naturalmente, il discorso si sposta sulle modalità del contrasto e, soprattutto, sul carattere dello scostamento che, come si è detto, è ancora ritenuto transitorio. Ma, detto ciò che potrebbe spettare alla Bce, la politica economica e di finanza pubblica, a livello di singoli Paesi e, per la parte limitata, a livello centrale nell’Unione, non può essere certo una mera spettatrice. Anzi, è questo il momento del raccordo tra quest’ultima e la politica monetaria. Come si è accennato, gli aumenti dei prezzi mordono, soprattutto sulle categorie meno abbienti. Il Governo ha adottato un primo blocco di misure per alleviare gli oneri delle “bollette”, ma ciò non basta.

Occorrono interventi di sostegno oltre quelli previsti e quelli effettuabili utilizzando stanziamenti in bilancio. Non è passato il “momento del dare, anziché prendere da parte dello Stato”, al quale Draghi ha fatto cenno diverso tempo fa. Né se ne può dimenticare la persistenza per la battaglia del Quirinale o rimandare l’avvio dei provvedimenti a dopo l’elezione presidenziale perché ora sarebbero un intralcio. Vanno prorogate le moratorie dei crediti e le garanzie pubbliche che assistano i prestiti, conseguendo una maggiore flessibilità da parte dell’Authority bancaria europea, l’Eba, sulla classificazione dei finanziamenti in questione. Appare diffusamente necessario un nuovo scostamento di bilancio. Si formulano al riguardo diverse cifre.

Ma è doveroso che si esprima chiaramente il Governo, non singoli Ministri, sull’entità, le modalità e i tempi di una tale decisione. Non esiste un maiora premunt riferito alla predetta elezione che certamente fa parte delle maiora ma con essa può e deve coesistere una chiara iniziativa di contrasto dei rincari anche sostenendo un ruolo dell’Unione negli acquisti dei prodotti dell’energia e nei relativi rapporti politico-diplomatici e ponendo in essere misure che si riallaccino ai programmi per la transizione ecologica.