«Datemi una settimana e avremo i dati» ha provato a rassicurare il capo politico Vito Crimi. Era lunedì. La settimana sta per finire. «Datemi un mese e sarà tutto più chiaro» ha promesso Giuseppe Conte. L’ex premier ha scelto il Fatto Quotidiano che gli ha riservato ben quattro pagine per comunicare con il variegato mondo 5 Stelle. Tra un rinvio e l’altro però il Movimento è sempre più a pezzi. E il rischio di scissioni plurime ormai non è più nelle analisi degli osservatori delle dinamiche parlamentari ma nelle parole degli stessi parlamentari. L’ex sottosegretario Buffagni, ad esempio, è stato chiaro: «Vogliamo risposte o ci organizziamo». Con lui almeno una trentina di parlamentari. Più o meno lo stesso numero, tutti ex espulsi perché non votarono la fiducia al governo Draghi, che a sua volta si vorrebbero organizzare e strutturare in «un nuovo Movimento 5 Stelle che ritorna alle origini bollando di tradimento chi ha seguito Draghi e la sirene del Pd».
È persino difficile, in questo momento, seguire tutte le potenziali linee di frattura nei gruppi parlamentari di un Movimento che resterebbe sempre il più numeroso. Ma con quale linea? E quale leader? E, lontani da Camera e Senato, nei territori, la tanto mitizzata base di un Movimento di portavoce, dove sta andando? «Più che confusi sembrano depressi» osservano gli alleati Pd. Anche qui, alleati ma dove? E su quali basi? «Siamo oggettivamente in confusione» dice un giovane deputato grillino, uno di quelli più stimati e molto cresciuto in questa legislatura che a sua volta chiede: «Ci dicono di avere fiducia in Conte e di essere d’accordo con lui. Ok: ma su che cosa dobbiamo essere d’accordo?». Oltre ai due sottogruppi, presunti, in rampa di lancio per andare contro Giuseppe Conte e i suoi adepti, mettiamoci il caso alleanze con il Pd, la guerra legale con Rousseau e Davide Casaleggio per avere il data-base del movimento – cioè la lista degli iscritti senza i quali anche i parlamentari eletti diventerebbero quasi fantasmi, le divisioni tra Camera e Senato, la divisione sui temi (Ponte sullo Stretto, giustizia e codice degli appalti) e il caos è servito.
L’assemblea di lunedì convocata da Vito Crimi, quella in cui ha detto “datemi una settimana”, e l’intervista di Conte dovevano servire proprio a spengere i focolai di anarchia. Ma la situazione non è mai stata così a un passo dall’implosione. Conte è incartato perché la decisione del tribunale di Cagliari (dieci giorni fa) non è andata come sperava. Anche qui fioccano le interpretazioni. Il risultato è che al momento ci sono due legali rappresentanti del Movimento: Silvio Demurtas (nominato a Cagliari) e Vito Crimi. Entrambi si sentono titolari e proprietari dei dati in possesso del cervellone della piattaforma Rousseau gestita da Davide Casaleggio. Crimi ha garantito che il titolare dei dati è lui e quindi «entro la settimana (questa, ndr)» potrà avere i dati e «tempo un mese potrà essere usata una nuova piattaforma» per votare e dare al Movimento il comitato direttivo e la leadership di cui necessita come l’aria. I dati dovrebbero essere trasferiti, appunto, entro la settimana. Il tempo per processarli sarà di circa un mese. A quel punto, è il piano di Crimi, ci dovrebbe essere la votazione per una struttura di vertice anche temporanea (cioè usata una volta sola in attesa di una struttura più radicata) di cui però non è ancora chiaro come saranno selezionati i candidati. Così come non è ancora definita la procedura per indicare Conte nel ruolo di leader. Conte non è iscritto al Movimento e i modi per metterlo in gioco sono solo due: o la votazione viene aperta anche agli esterni (come Conte) oppure cambiano le regole e vengono accettate anche le iscrizioni dell’ultimo minuto.
Questo il piano con cui Crimi sarebbe riuscito a congelare, almeno per ora, la deriva – chiamiamola così – di Buffagni &c. A garanzia c’è la convinzione del giurista Conte per cui «non ci sono dubbi che la proprietà dei dati è del Movimento, quindi di Crimi, e non della piattaforma che è costretta a cederli». Cosa che Casaleggio non solo non è intenzionato a fare dopo aver nei fatti già paralizzato ogni attività del Movimento (no piattaforma, no voto, no comitato direttivo né leader). Ieri Casaleggio è tornato all’attacco tramite il Blog delle stelle (anche quello è “suo”) chiedendo i soldi ai parlamentari. Quel fisso di 300 euro mensili che ciascun eletto (erano 313 nel 2018, ora ne sono rimasti 238 tra Camera e Senato) si era impegnato a versare e che da quasi un anno più della metà non versa più.
Peccato che dal mese di aprile, quando Casaleggio ha staccato la spina, gli eletti hanno avuto l’ordine da Crimi di versare il contributo su un diverso conto corrente. Non lo stanno facendo in molti. Perché, si chiedono, dobbiamo mettere nostri soldi su un progetto, quello di Conte, che non si sa se parte e dove andrà? Soprattutto, è la seconda riflessione che fanno molti parlamentari, perché dovrei versare soldi a uno (Conte?) Che non so neppure se mi ricandida? Insomma se siete arrivati fin qua, è chiaro che la confusione è tanta e la situazione affatto sotto controllo. Vista dal Nazareno una situazione ad altissimo rischio. Alleanza politica o strutturale, ma con chi? «L’unica certezza – dicono dal Pd – è che sono depressi e terrorizzati di dover andare a casa. Almeno questo dovrebbe facilitare l’azione del governo».
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