Voleva vederlo un’ultima volta. Voleva abbracciare il figlio prima di morire. Ma il tempo è tiranno e così Lais, malata di tumore, è morta senza rivedere il suo bambino. Non lo vedeva da un anno e mezzo. La sua è una storia di dolore, ma anche di rabbia. Rabbia verso una giustizia sempre più lenta che resta impigliata nelle maglie della burocrazia mentre la vita dei cittadini corre veloce, a volte anche troppo. Tutto è cominciato quando Lais, insegnante 47enne di Frosinone, ha deciso di separarsi dal marito e di denunciarlo per violenza. L’uomo, al momento, è stato rinviato a giudizio per maltrattamenti. Poi la vita si è accanita e in un momento già complicato per una mamma con due figli, Isabelle e il piccolino di dodici anni, è sopraggiunto un tumore che l’ha costretta a cure estenuanti e lunghe. È proprio per risparmiare al bimbo lo strazio della malattia che Lais aveva deciso di fargli trascorrere del tempo con il padre.

Da disposizioni del giudice il papà avrebbe dovuto portare il bimbo alla madre una volta al mese. Obbligo mai ottemperato dal genitore al punto che gli avvocati della 47enne avevano deciso di presentare un’istanza per sollecitare eventuali provvedimenti. Ma il magistrato aveva deciso di prendersi del tempo per decidere. E poi di tempo non ce n’è più stato. “Nell’ultima udienza di dicembre 2021 nonostante la richiesta di affido esclusivo alla mamma – ha spiegato l’avvocato di Lais, Francesca Ruggeri – la signora sapendo che non poteva farcela per le sue condizioni di salute che si erano aggravate, acconsentiva che temporaneamente il figlio rimanesse con il padre. Prendeva così il piccolo per le vacanze di Natale a Frosinone e lo riportava poi al padre. Era gennaio 2022 e il bambino, proprio quando la mamma si aggravava ancora – ha aggiunto – non è stato mai più riportato dal papà a vederla, violando quanto deciso dal Tribunale sulle visite. Questa mamma – ha spiegato ancora l’avvocato – già gravemente malata, ha dovuto sostenere una Ctu (consulenza tecnica d’ufficio), ad aprile 2022, che ha stabilito che in virtù della conflittualità (anche qui nessuna traccia dell’accusa di violenza) il bambino potesse stare dal padre e che dovesse essere portato dalla mamma una volta al mese, cosa mai avvenuta”.

Una storia straziante. Le operatrici del Centro Anti Violenza che l’hanno sostenuta fin da subito scrivono: “E ora domandiamoci quanto dolore, oltre quella della malattia che gravava su di lei, possa esserci stato nel cuore di questa mamma che si è vista costretta nel limbo di un’attesa di una giustizia lenta che non ha tenuto in considerazione le sue condizioni psicologiche. Quelle di una mamma che voleva per l’ultima volta riabbracciare il proprio figlio”. Il bimbo non ha fatto in tempo a darle un ultimo bacio. Lais ha trascorso gli ultimi mesi di vita a casa dove stava facendo solo delle cure palliative, al suo fianco sempre la figlia maggiore. Nessuno può immaginare il dolore di questa madre nel morire senza rivedere il figlio più piccolo, ma tutti possiamo provare rabbia nei confronti di una giustizia lumaca sempre più lontana dalle esigenze delle persone.

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Giornalista napoletana, classe 1992. Vive tra Napoli e Roma, si occupa di politica e giustizia con lo sguardo di chi crede che il garantismo sia il principio principe.