Spread in salita (poi calerà di dieci punti nel pomeriggio fino a 242), borse in calo e smentite. Ci mancava giusto l’attentato al gasdotto Nord stream con una fuoruscita di gas in mare aperto che apre scenari ad altissima tensione nei rapporti tra Russia ed Europa. La ciliegina è il tweet a fine mattinata del socio di minoranza ma che si sente maggioranza Matteo Salvini:Ci vuole qualcuno che torni a difendere e proteggere confini, leggi, forze dell’ordine e sicurezza in Italia. Qualche idea ce l’abbiamo”.

Ma come, ha sbottato la premier in pectore Giorgia Meloni, ho pregato toni bassi per evitare polemiche inutili, ho chiesto sobrietà e serietà per essere inattaccabili e questo mi parla di confini. Il faccia a faccia tra Giorgia e Matteo nel primo pomeriggio ha disinnescato una potenziale mina ma non ha affatto risolto le tensioni tra i due leader. Tensioni che coinvolgono la sfera personale e caratteriale e questo rende tutto più difficile. Che sarebbe stato complicato prendere in mano la guida del paese in questo contesto era cosa nota. Il contatto con la realtà è sempre più brusco del previsto.

La giornata numero 3 dell’era Meloni inizia tra le montagne russe. Posto che la numero 2 si era chiusa con i fulmini e le saette in arrivo sempre da via Bellerio, a Milano, sede storica della Lega, dove è iniziato un processo neppure troppo sotterraneo al segretario precipitato al 9 per cento. Significa 95 parlamentari tra Camera e Senato, meno della metà della legislatura uscente, mal di pancia fortissimi e rancori personali che sarà difficile tenere a bada anche per uno come Salvini che ha blindato il partito a propria immagine e somiglianza. C’è la giornata ufficiale. E quella ufficiosa. Entrambe si muovono sullo sfondo degli uffici di Fratelli d’Italia nel palazzo dei gruppi della Camera. Qui arriva Giorgia Meloni a fine mattinata.

Il comunicato di fine giornata racconta di “una giornata di lavoro e di incontri”. Del colloquio con Salvini – poco più di un’ora tre le 15 e le 16 – che si è svolto “in un clima di grande collaborazione e un’unità di intenti. Entrambi i leader – si legge – hanno espresso soddisfazione per la fiducia data dagli italiani alla coalizione e hanno ribadito il grande senso di responsabilità che questo risultato comporta”. Nel colloquio “non si è parlato di incarichi e attribuzioni di deleghe, né di separazioni di ministeri o di presunti veti meno che mai di un patto Meloni-Draghi sull’agenda delle prossime settimane”. Sono stati invece “affrontati i dossier più urgenti, il caro energia e l’approvvigionamento energetico alla luce anche degli sviluppi internazionali”.

Fanno parte del racconto ufficiale della giornata anche lo scambio di messaggi, sempre via tweet, con alcuni leader internazionali, da Zelensky all’indiano Modi, dal premier ceco al primo ministro inglese Truss passando per il polacco Morawieckj. Orban e Le Pen si sono fatti vivi per primi lunedì. Congratulazioni, felicitazioni, vediamoci presto. Meloni decide di scendere in campo al fianco della rivolta antivelo delle donne in Iran. Due di loro, Mahsa e Hadis sono già state uccise del regime. “Tutta la mia vicinanza alle coraggiose donne che si battono in Iran e nel mondo per i loro diritti”. Non una parola sulle manifestazioni delle donne italiane in decine di piazza italiane in difesa del diritto all’aborto. Ci vorrà più di un mese prima che Giorgia Meloni assuma veramente l’incarico. Un tempo lunghissimo e ad alto rischio inciampo per una leader da cui si pretende che agisca da premier ma che ancora non lo è. In questo frattempo la consegna è di parlare il meno possibile (“è questione di rispetto costituzionale, Meloni non è stata neppure incaricata, non può parlare come premier”). Ieri, per dire, sono state cancellate tre importanti ospitate televisive. Non parla il Capo. Meglio tacciano anche gli altri.

Poi c’è il racconto ufficioso della giornata. Che ha toni e colori un po’ diversi da quelli fin qui raccontati. La lettura dei giornali è stata, ad esempio, altamente irritante per la leader di Fratelli d’Italia. C’è chi titola tra virgolette che Meloni non vuole Salvini nella squadra di governo perché “è amico dei russi”. Chi insiste che il leader della Lega “pretende un ministero di peso” ma non avrà mai il Viminale, chi suggerisce che Draghi le darà una mano con la legge di bilancio e nel tranquillizzare i partner internazionali ed europei. E’ un racconto non gradito. Per cui a fine mattinata la premier attacca “certa stampa che inventa virgolettati e pubblica ricostruzioni arbitrarie”. Poco dopo, quasi concordati a dimostrazione del filo diretto tra Meloni e Draghi, arriva anche la smentita di palazzo Chigi: “Il premier e il governo stanno lavorando alle numerose scadenze (del Pnrr, ndr) e tengono i normali rapporti con le cancellerie europee in considerazione anche del contesto attuale”. Nessuna “copertura” a Meloni.

Il faccia a faccia con Salvini è stato breve e focalizzato soprattutto sul dare priorità ai dossier urgenti che riguardano famiglie e aziende (inflazione e caro energia). Sulla necessità di tenere un profilo serio e alto perché il momento non concede spazio ai personalismi. Insomma, caro Matteo ti devi scordare il Viminale. E anche la Giustizia. Il leader della Lega deve aver mangiato la foglia. Per ora. Ma non ha rinunciato. E’ uscito a testa bassa passando tra i giornalisti e impegnato in una importante telefonata. E’ il modo migliore per non cadere in tentazione ed evitare di dire cose al momento indicibili. Poi ha consegnato un videomessaggio a Facebook: “Cari amici siamo già al lavoro contro il caro bollette. Domani riunisco i parlamentari e cominciamo”. E’ un fatto che Meloni ha bisogno di convivere con Salvini e Berlusconi. Che faranno pesare il loro 8-9 per cento come se fosse il 20. La premier in pectore dovrà essere generosa.

Blindare gli alleati con due vicepremier (Salvini e Tajani dato però anche agli Esteri o alla Difesa) può essere un modo. Assomiglia molto allo schema del Conte 1 e questo non piace al metodo Meloni. E però sarà difficile “non seguire il Cencelli e non piantare bandierine” come ha auspicato nelle prime ore dopo la vittoria dal consigliere Crosetto (per lui la casella di Sottosegretario alla Presidenza?). Intanto c’è da riempire la casella più importante, quella del Mef. Girano sempre i nomi di Panetta e Siniscalco, entrambi Draghi boys, e anche la conferma di Franco. Ieri il Consiglio dei ministri ha approvato la NaDef, la Nota di aggiornamento del bilancio. E se il Pil dell’anno in corso è in crescita (3,3 invece che 3,1), quello del prossimo anno è ridimensionato a +0,6 (invece del 2,4% previsto). Significa meno risorse e meno margini per fare la legge di bilancio. Che solo per mantenere gli sconti, i bonus e gli incentivi in essere assorbirà circa 40 miliardi. Dove prenderli è il primo vero problema del governo Meloni. Assai più del ministero da assegnare a Salvini.

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Giornalista originaria di Firenze laureata in letteratura italiana con 110 e lode. Vent'anni a Repubblica, nove a L'Unità.