Si frantuma ora dopo ora la fragile architettura del Movimento 5 Stelle e paradossalmente non c’è neppure da gioirne, perché ora graveranno sulle spalle della sinistra importanti responsabilità da affrontare nelle prossime settimane. Governare con questo assetto, in vista dei mesi che ci aspettano, semplicemente non è un’opzione. Se ricapitoliamo gli eventi politici degli ultimi giorni il quadro è più che chiaro. Si è trascorsa qualche settimana a parlare di abbassare le tasse e riformare il fisco, si è persino aperto un mini-dibattito, lo stesso Conte ha manifestato questa intenzione, poi con la bozza del Nadef squadernata da Gualtieri abbiamo dovuto prendere atto che erano chiacchiere. L’eventuale riforma con abbassamento è rimandata al 2022 (che di questi tempi corrisponde alle calende greche) e nel frattempo le grinfie dell’Agenzia delle Entrate, con i consueti metodi, torneranno affilate a spolpare gli italiani e a riscuotere i debiti col fisco, con buona pace del Covid e della profonda crisi che stiamo attraversando. La macchina dello Stato deve nutrirsi ed è sempre più famelica. La pressione fiscale, così come è salita nel 2019, aumenterà nell’anno in corso, e amen. Gli italiani lo sanno.
Poi c’è la boutade dei decreti sicurezza, altro tema su cui gli italiani hanno un’opinione abbastanza chiara. Approvati dal governo Lega-5 Stelle con voto preponderante dei 5 Stelle, verranno aboliti, dopo l’esito del Consiglio dei Ministri di due giorni fa, con voto preponderante dei 5 Stelle. In altre parole, l’azionista di maggioranza di questo governo non ha una linea e nemmeno un’idea su un tema da poco come la difesa dei confini nazionali. O meglio, la cambia a seconda di ciò che decide l’azionista di minoranza di turno, pur di tenere in piedi questo governo. Non si era mai visto. Certo è che le ONG potranno riprendere a pieno ritmo le loro attività ed entrare nei porti italiani sarà di nuovo più facile. Gli italiani, che con gli immigrati hanno a che fare ogni giorno, sanno anche questo. In Parlamento c’è malumore, e non solo per il numero crescente di parlamentari positivi al Covid.
Ieri le opposizioni hanno lamentato lo scarso riguardo che il governo continua ad avere nei confronti delle Camere. Il ministro Speranza si è presentato solo ieri, ultimo giorno utile, a spiegare le ragioni della proroga dello stato di emergenza al 31 gennaio decisa naturalmente senza alcuna consultazione e di fatto atta a proseguire la strada dell’inesorabile svuotamento delle prerogative del Parlamento e l’accentramento delle decisioni sul Consiglio dei Ministri. Fra l’altro non toccava a lui venire a spiegare il perché della proroga, ma a Conte. Il clima parlamentare è pesante, l’assenza di dialogo con le opposizioni rende i tappeti del Parlamento un sentiero minato per ministri e sottosegretari. E le divisioni grilline non aiutano. Ieri infatti è mancato per due volte il numero legale su una risoluzione del Pd. Mancavano 41 pentastellati.
Ora, il Pd può essere portato ad approfittare di questa situazione apparentemente favorevole. Con un alleato così disastrato, è immaginabile che la tentazione sia quella di sfruttare il vantaggio, adottare un’ottica di breve periodo e trasformare i 5 Stelle in meri numeri per l’aritmetica di maggioranze parlamentari sempre più risicate, subornandoli e governando di fatto da soli la nave che sta affondando. Però le cose non resteranno così. Peggioreranno ancora mano a mano che la resa dei conti nei 5 Stelle si consumerà. I ministri pentastellati diventeranno sempre più nervosi, sempre meno attenti alle questioni di governo e sempre più intenti ad occuparsi di nomine per piazzare i tanti che presto si troveranno senza arte né parte. Tanto per fare un esempio, guardiamo l’impasse in cui si trova Alitalia. Le tasche degli italiani hanno versato ancora 3 miliardi di euro per salvare una società che è bloccata da anni e su cui da mesi le forze di governo non trovano un accordo su chi nominare nel cda. Certo, per fortuna c’è il risparmio da 57 milioni che deriverà dal taglio dei parlamentari. Che sollievo per le casse dello Stato.
Non è un bello spettacolo, e anche questo gli italiani lo sanno bene. Le tensioni fra Pd e 5 Stelle aumenteranno, non solo sulle grandi questioni tipo MES, ma soprattutto sulle nomine. Il Pd è partito che ama l’esercizio del potere più di ogni altro, anzi è connaturato al potere e non starà a guardare la disperata bulimia grillina. Quindi saranno scintille. Conte per propria sopravvivenza tesserà e medierà ma anche lui è sprovvisto di funzioni taumaturgiche e a un certo punto si arrenderà. E poi c’è la variabile Renzi, sempre incombente. Perciò conviene al Pd ragionare in altro modo: questa non è una situazione tatticamente favorevole, tutt’altro. Tocca avere parecchia fantasia, cambiare un certo atteggiamento di conveniente superiorità e supplire all’immaturità di questo governo che si prende tutti i poteri ma è incapace di far convergere il Paese (dunque tutte le forze politiche rappresentative del Paese) verso un percorso di buonsenso, senza ideologie ma con idee, il più possibile condiviso su basi di realismo e concretezza e mirato a lavorare per la salvezza economica e psicologica della nostra collettività. Se non c’è un governo maturo, occorrono adesso con urgenza partiti maturi.
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