Ormai sono passati diversi anni da quando l’avvocato salernitano Diego De Silva ha appeso la toga ad un chiodo e si è messo a scrivere dando vita al personaggio di Vincenzo Malinconico. Il suo primo romanzo si chiamava profeticamente “Non avevo capito niente”. Poi i romanzi di Da Silva si sono susseguiti ed ora, ambientata nella sua Salerno, è arrivata anche la fortunatissima serie Tv: insomma, l’avvocato di insuccesso sembra essere l’uomo del momento. Quando nacque o meglio emerse il personaggio, io mi precipitai immediatamente a Salerno per conoscere l’autore perché mi resi subito conto che De Silva con il suo primo romanzo, a differenza di come scriveva, aveva proprio capito tutto ed aveva anche notevolmente anticipato i tempi.

Ebbene sì, purtroppo aveva ragione De Silva ed avevo ragione io nell’esserne convinto. Diciamo che l’avvocato Vincenzo Malinconico non è un’invenzione, l’avvocato Vincenzo Malinconico si aggirava già da decenni un po’ in tutti i tribunali d’Italia fingendo come tanti di essere occupatissimo a non far nulla e cercando di scroccare un caffè qua e là. De Silva non ha inventato Malinconico, De Silva lo ha solo tirato fuori dall’inconscio della classe forense italiana ed io mi ritrovo perfettamente in lui, sono stato solo un po’ più fortunato nel lavoro ed un po’ meno con le colleghe ma, in fatto di etica e di decoro, la vedo esattamente come lui, anzi forse sono più rigido ma, purtroppo, oggi Vincenzo Malinconico che si ostina a volersi permettere quel lusso chiamato dignità è un personaggio già vecchio e inattuale, vorrei dire obsoleto come i colleghi tromboni contro cui lottava ai suoi tempi per cercare di sopravvivere.

Me ne sono reso conto quando ho visto prima degli avvocati accamparsi nei sacchi a pelo fuori il Tribunale di Napoli e me ne sono reso conto ancor di più con la storia del mancato pagamento di una grossa somma di danaro da parte dell’Ordine degli avvocati e le violentissime denunce ed accuse che sono seguite, di tutti contro tutti. Insomma, questa vicenda piuttosto triste ha fatto da detonatore ad un disagio tanto disperato quanto violento e diffuso. Poi per ripianare in fretta e furia ci sono state le raffiche di pec di messa in mora da parte del Consiglio dell’Ordine ed infine la comparsa delle scritte con le bombolette, di cui si è molto parlato, nei locali della Camera Penale di Napoli e nei corridoi del Tribunale, scritte il cui contenuto voglio e devo dimenticare.

Qualcuno dice che l’autore delle scritte sia un avvocato inferocito per la pec che si è abbattuta sul suo magro bilancio, chi può dirlo… Per molti di noi anche l’improvvisa richiesta di una piccola somma può essere davvero un colpo mortale soprattutto quando nessuno l’ha mai chiesta per anni ed anni. Allora mi chiedo: l’avvocato Vincenzo Malinconico in questa situazione cosa farebbe se non avesse i soldi per pagare la tassa di iscrizione? Di una cosa sono certo: quelle scritte non le avrebbe mai scritte, forse eviterebbe di varcare ancora le soglie dei tribunali, chi lo sa. Del resto anche il suo scopritore lo ha fatto da tempo, io invece, forse anche perché sono troppo vecchio per pensare ad altro, mi sento solo di dire smettetela.

Per carità, fermate questo inutile scempio! Chi ha sbagliato paghi e si metta decorosamente da parte, non chiedo dei mea culpa e non mi interessa neppure sapere chi ha sbagliato e perché, voglio solo che tutto ciò finisca e che ci si renda conto che un certo modo di fare politica forense è anacronistico ed assolutamente insostenibile. Ma se l’avvocatura piange non mi pare che neppure la magistratura, soprattutto dopo la vicenda Palamara, possa ridere. È come se un oscuro demone si aggirasse in tutti i Palazzi di giustizia di questo Paese mortificandoli ed avvilendoli senza distinzione di sorta. Si vede ovunque un’ossessiva quanto per certi versi anche inesplicabile smania di potere fine a se stessa o almeno così si spera, che rende il tutto ancora più inaccettabile ed inquietante.