“Ho denunciato quello che è successo a Santa Maria Capua Vetere, poi mia moglie lo ha raccontato in alcune interviste e ora il Dap mi ha fatto un altro regalo: essere trasferito a Spoleto. Questa cosa mi sta uccidendo”. Con queste parole Ciro Esposito descrive in una lettera il suo inferno che è iniziato il 6 aprile 2020 nel reparto Nilo del Carcere di Santa Maria Capua Vetere e non è mai più terminato.

Sua moglie Flavia, qualche giorno fa aveva denunciato in varie interviste le pressioni subite da parte degli agenti affinchè ritirassero le denunce. Ma Flavia e suo marito Ciro non ne hanno voluto sapere “perché quello che è successo è troppo brutto e chi ha sbagliato deve pagare”, aveva detto Flavia in varie interviste. Ciro prima fu trasferito al carcere di Secondigliano e ora è ancora più lontano, a Spoleto.

“Mi ha telefonata dal carcere dicendo che lo riempiono di farmaci – ha raccontato Flavia al garante dei detenuti di Napoli Pietro IoiaSta facendo lo sciopero della fame e della sete perché non riesce più nemmeno a parlare. Dice che alle 7 del mattino lo svegliano e gli fanno ingoiare i farmaci davanti a loro, sta facendo lo sciopero perché vorrebbe una visita psichiatrica che ancora non ha avuto da una settimana e mezzo che sta là. Si è rimesso nuovamente le lamette in bocca perché questa terapia lo sta buttando giù in tutti i sensi, fisicamente e mentalmente. Lo hanno trasferito a Spoleto subito dopo la mia intervista”.

La preoccupazione e l’angoscia per il marito sbattuto sempre più lontano da casa per Flavia cresce ogni giorno di più. “Ora mi ha detto che lo metteranno in una cella liscia sorvegliato dalle telecamere. Piangeva dai nervi, mi ha detto che lo stanno facendo uscire pazzo”. E per sfogarsi di tutta questa situazione ha scritto una lettera “a chi di dovere”, chiedendo che possa essere riavvicinato alla sua famiglia.

“Ho 8 figli dei quali 5 minori. Già a Secondigliano ero in difficoltà per fare i colloqui – scrive Ciro nella lettera – Poi dopo quello che abbiamo visto nei video e dopo che mia moglie ha rilasciato qualche intervista in cui ha raccontato che la chiamai per riferirle cosa fosse successo (in carcere a Santa Maria, ndr) come avrebbe fatto chiunque per quello che stavamo subendo e che ancora oggi mi porto dentro. Quando ho rivisto quelle immagini mi è venuto da piangere perché l’ho subito e con me lo sta subendo anche la mia famiglia”.

“Io ho già avuto un brutto periodo nel passato e sto ancora qua grazie a una dottoressa del carcere di Benevento che mi ha salvato la vita quando stavo morendo nel carcere di Benevento per il mio gesto estremo. Ora prendo ancora farmaci ma solo per dormire, perché come inserimento non c’è nulla. Ora ho ricevuto ancora un altro regalo del Dap: essere trasferito a Spoleto. Dopo ciò che è accaduto le conseguenze chi le sta pagando? Io e la mia famiglia che mi è impossibile rivedere. Questa cosa mi sta uccidendo”, continua ancora nella lettera.

“Io al Ministro e a chi di dovere chiedo in quanto già ho subito quella tortura di Santa Maria cui si parla, ora dovrò continuare a subire dopo avermi portato lontano dalla mia famiglia. Ho richiesto una comunità ma per qualche ragione sto ancora in carcere – scrive ancora Ciro – Lo avevo chiesto anche perché ho passato una brutta vita anche per colpa della droga e ora assumo farmaci che mi fanno solo dormire tutta la giornata. Chiedo con tutto il cuore di riportarmi a Secondigliano dove mi trovavo o a Poggioreale. I miei figli già stanno soffrendo per colpa mia e quell’ora di colloquio con loro è importantissima per noi da passare insieme. Se poi non si potrà, io a star così a dormire tutto il giorno con l’ansia e la paura per quello che è successo non voglio: do il mio consenso a farmi una siringa così solo potrò stare in pace e la mia famiglia potrà rifarsi una vita. Fin quando Dio mi darà la forza sto qui in sciopero della fame”.

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Giornalista professionista e videomaker, ha iniziato nel 2006 a scrivere su varie testate nazionali e locali occupandosi di cronaca, cultura e tecnologia. Ha frequentato la Scuola di Giornalismo di Napoli del Suor Orsola Benincasa. Orgogliosamente napoletana, si occupa per lo più video e videoreportage. È autrice anche di documentari tra cui “Lo Sfizzicariello – storie di riscatto dal disagio mentale”, menzione speciale al Napoli Film Festival.