La firma è arrivata, ma con riserva. Il presidente della Repubblica ha firmato oggi il decreto Milleproroghe approvato alla Camera accompagnandolo però da osservazioni sulle norme sulle concessioni balneari inserite nel provvedimento.

Problemi di merito e di metodo che non sono piaciuti al Quirinale che, promulgando il decreto, ha inviato contestualmente ai presidenti di Senato e Camera, Ignazio La Russa e Lorenzo Fontana, e alla premier Giorgia Meloni una lettera nella quale chiede correzioni in particolare sulle concessioni balneari.

Mattarella ‘tira le orecchie’ all’esecutivo Meloni, pronto a sfidare l’Europa sulla messa a gara delle concessioni, e mette nero su bianco le sue osservazioni.

Per il capo dello Stato “è evidente che i profili di incompatibilità con il diritto europeo e con decisioni giurisdizionali definitive accrescono l’incertezza del quadro normativo e rendono indispensabili, a breve, ulteriori iniziative di governo e Parlamento”.

Secondo Mattarella “sarà necessario assicurare l’applicazione delle regole della concorrenza e la tutela dei diritti di tutti gli imprenditori coinvolti, in conformità con il diritto dell’Unione, nonché garantire la certezza del diritto e l’uniforme applicazione della legge nei confronti dei soggetti pubblici e privati che operano in tale ambito”.

Nel Milleproroghe firmato governo Meloni, l’esecutivo rinvia la messa a gara delle concessioni delle spiagge pubbliche, in aperto contrasto con le indicazioni europee di seguire la direttiva Bolkenstein, autentico spauracchio per la destra: il rischio così è di incappare in una procedura di infrazione da parte di Bruxelles.

La scelta dell’esecutivo è in contrasto anche con la sentenza del Consiglio di Stato del novembre 2021 che fissava la scadenza delle proroghe delle concessioni esistenti al 31 dicembre 2023, rinviata di un anno dal governo col Milleproroghe.

Dunque perché la firma sul decreto? Dal Colle si fa sapere che la scelta di promulgare il Milleproroghe è arrivata per il rischio di far saltare tutti gli altri provvedimenti contenuti al suo interno, alcuni dei quali avrebbero creato problemi anche a causa della loro natura retroattiva.

Le concessioni balneari

La questione delle concessioni balneari si trascina in Italia dal 2006, anno dell’approvazione della direttiva Bolkenstein, che avrebbero dovuto garantire concorrenza in un settore immobile da decenni. Gare internazionali avrebbero dovuto consentire allo Stato di ottenere più soldi rispetto alle attuali gestioni, in mano ad imprenditori che in molti casi hanno ottenute le concessioni delle spiagge pubbliche decenni fa e con canoni risibili.

Secondo gli ultimi dati della Corte dei Conti, nel 2020 lo Stato ha incassato 92 milioni e 566mila euro per 12.166 concessioni “ad uso turistico” a fronte di un giro d’affari difficile da stimare con precisione, ma che negli ultimi anni è stato quantificato in 15 miliardi di euro all’anno dalla società di consulenza Nomisma

Da allora tutti i governi che si sono succeduti non hanno mai applicato la direttiva, sostenendo (come fa anche oggi Meloni) che danneggerebbe ingiustamente le imprese italiane.

Attualmente la proroga massima è fissata al 31 dicembre 2023, ‘merito’ di una decisione del Consiglio di Stato che bloccò il provvedimento preso dal primo governo Conte (quello sostenuto dalla Lega) che prorogava le concessioni balneari fino al 2033.

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Romano di nascita ma trapiantato da sempre a Caserta, classe 1989. Appassionato di politica, sport e tecnologia