Politica
La contraddizione delle democrazie: la perdita di fiducia nelle istituzioni porta a svolte sovraniste

La politica dell’odio comporta inevitabilmente la ricaduta su un capro espiatorio, ma prevede anche che ci sia un abile manovratore che lo riconosca e lo additi come la causa di tutti i mali. Meno visibile, ma determinante è il sentimento che sta a monte, e cioè il rancore, inascoltato e diffuso quanto basta per fare di un capo autoritario l’espressione ritenuta più genuina della volontà di un popolo. Contraddittoriamente, è proprio la perdita di fiducia dei cittadini nelle istituzioni che dovrebbero rappresentarli – partiti, sindacati, parlamento, amministrazioni, ecc. – a imprimere alle democrazie una svolta sovranista. La saldatura avviene non a caso attraverso un linguaggio che scambia la politica col senso comune, il ragionamento con le emozioni, la verità con la demagogia, la legge con la vendetta.
Se la mozione degli affetti è smaccatamente l’arma preferita dal cinismo politico di Salvini, pronto ad agitare, per la cattura del suo pubblico, crocefissi, rosari, bambini violati, il malcontento che ha portato alla presidenza degli Usa inaspettatamente un personaggio come Trump, non è molto diverso da quello che sta all’origine del successo elettorale della Lega. In un libro di una decina di anni fa, Il rancore (Feltrinelli 2008), Aldo Bonomi parlava della comparsa nelle fabbriche di «una forma di sordo rancore quale reazione alla frustrazione di un ruolo sociale perduto». «Imprenditore politico della paura», la Lega – commentava Bonomi – non aveva avuto difficoltà a indirizzare le paure e le insicurezze dei «naufraghi del fordismo» contro la «concorrenza sul mercato del lavoro da parte degli immigrati, l’ingiustizia perpetrata a loro danno con la concessione degli alloggi agli extracomunitari, l’impossibilità della convivenza tra soggetti portatori di culture diverse».
Riflessioni analoghe sul legame tra populismo e sovranismo si trovano nella intervista di Eleonora Capuccilli a Wendy Brown (il manifesto 7 gennaio 2020): «Si è rotto il contratto sociale postbellico che aveva promesso sicurezza e un certo grado di mobilità alle classi medie e operaie bianche (…) La disuguaglianza è cresciuta, quindi, sia a livello di ricchezza sai a livello di quelli che erano stati beni comuni (…) La destra ha brillantemente trasformato questa frustrazione in una rabbia razzista e sessista». Nel momento in cui si dissolvono i legami che per un secolo hanno strutturato le relazioni sociali, la partecipazione politica e l’azione collettiva, a venire allo scoperto è una moltitudine di singoli, avviati verso un individualismo sempre più competitivo: l’individualismo proprietario o “il capitale umano”, di cui si parla oggi. Le ricadute della globalizzazione sui luoghi della vita quotidiana, la scomparsa del lavoro in una miriade di impieghi sottopagati o gratuiti, a cui va aggiunta la crisi del patriarcato e dei secolari privilegi del sesso maschile, muovono paure, spaesamento, fanno emergere fragilità insospettate, bisogno di protezione e ripiegamento su identità e appartenenze tradizionali, oltre a violenze di matrice sessista e razzista, nostalgie di regimi autoritari.
Dire che oggi “il re è nudo” significa riconoscere il limite della politica separata, la «rovinosa dialettica» – come la definiva Elvio Fachinelli – che ha contrapposto corpo e pensiero, biologia e storia, individuo e società; vuol dire fare i conti con il venir meno delle barriere con cui la civiltà ha creduto di poter esiliare come “non politiche” le esperienze più universali dell’umano –la sessualità, la maternità, la nascita, la morte, la relazione tra i sessi. Dire che la “psiche individuale” è oggi il campo attraverso cui «passano tensioni politiche di un’epoca sospesa tra rancore, chiusure verso il nuovo che avanza e la prefigurazione di forme comunitarie più libere che in passato» (Aldo Bonomi), significa rendersi conto – come ha fatto il femminismo – che la figura del cittadino non coincide con la “persona”, vista nella sua interezza, corpo e pensiero, e nella appartenenza a sessi diversi.
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