Non è morto sotto le bombe o i colpi di artiglieria russi, ma dalle truppe di Mosca è stato sequestrato, picchiato e minacciato di morte per otto giorni. 

È la storia di Oleh Baturyn, cronista ucraina del quotidiano Novyi Den, che ha raccontato a Repubblica del rapimento, del tempo trascorso in mano alle forze armate russe e della sua liberazione, avvenuta lo scorso 20 marzo. 

Otto giorni in cui Baturyn è stato picchiato e minacciato di morte: “In tutto quel tempo – racconta a Repubblicami hanno dato raramente da mangiare o da bere, dormivo su una branda dura come la pietra, faceva un freddo pungente e non mi sono mai potuto lavare”.

Oggi Baturyn è tornato a casa a Kakhovka, nella regione occupata intorno a Kherson. Proprio a Kharkova il giornalista era stato sequestrato il 12 marzo dopo aver ‘abboccato’ ad un appuntamento che celava in realtà una trappola: alle cinque del pomeriggio doveva incontrare alla stazione degli autobus di Kakhovka un blogger locale, Serhij, che gli chiedeva di vederlo di persona. 

Appena arrivai lì mi resi conto che in quel parcheggio così ampio non c’era alcuna possibilità di scappare. E notai subito uno strano minivan con targa ucraina. Poco dopo cinque uomini scesero dal minivan e corsero verso di me urlando ‘figlio di puttana’. Mi raggiunsero e mi cominciarono a picchiare selvaggiamente. Mi buttarono a terra, mi schiacciarono la faccia sull’asfalto continuando a prendermi a pugni e a calci. Dopo un po’ mi chiesero dove avessi il cellulare e i documenti e ripresero a pestarmi, infuriati che non li avessi con me”, racconta Oleh.

Quindi, con un sacco in testa, inizia lo spostamento: “Quando il minivan si fermò, mi legarono le braccia dietro alla schiena. Volevano sapere i nomi dei giornalisti, degli attivisti pro-ucraini, i luoghi dove ci incontravamo, le identità vere dietro ad alcuni indirizzi Telegram, gli indirizzi di casa”.

Oleh spiega di non aver mai proferito parola con i suoi rapitori, nonostante le minaccia di sterminare la sua famiglia o di sparargli. “Mi davano 350 grammi di una poltiglia disgustosa per una o due volte al giorno”, racconta il giornalista ucraino, mentre col passare dei giorni gli interrogatori si diradarono e non vengono più ‘accompagnati’ da violenze fisiche. 

All’ottavo giorno, senza alcuna spiegazione, Oleh viene rilasciato dai russi. A distanza di due settimane dal rapimento, per Oleh è chiaro che “i russi rapiscono i giornalisti per terrorizzarli, per costringerli a fare da delatori – a me hanno offerto più volte di collaborare con loro – a chinare la testa all’occupante. Ma per quanto mi riguarda, non succederà mai“.

Redazione

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